L’Unione Europea sta assumendo un’influenza crescente anche sui settori dell’educazione e del lavoro. I diritti sanciti dall’ordinamento europeo, a partire dalla libera circolazione delle persone, e i numerosi strumenti predisposti per favorirne la mobilità offrono infatti opportunità crescenti anche per i cittadini Italiani. Si tratta di politiche in grado di generare effetti positivi, come quello di mitigare l’impatto della crisi economica – soprattutto per le nuove generazioni -, ma che, tuttavia, non sono esenti da rischi – in primis quello di drenare capitale umano verso gli Stati “più attrattivi” – riproponendo anche in quest’ambito il dilemma della scelta tra chiusure nazionaliste e una più profonda integrazione.
Le opportunità di studio e lavoro offerte dall’Europa
I diritti sanciti dall’ordinamento giuridico europeo e gli strumenti introdotti nei settori dell’educazione e del lavoro, alcuni dei quali a molti ancora sconosciuti, hanno aperto nuove opportunità ai cittadini dei paesi membri, compresi quelli italiani. La prima grande opportunità ci viene offerta dall’introduzione del principio della libera circolazione delle persone – uno dei capisaldi dell’Unione. Grazie a questo diritto i cittadini europei e i loro familiari possono circolare in territorio europeo senza formalità burocratiche – ad eccezione di un documento di identità valido – , e soggiornarvi senza restrizioni fino a tre mesi, trascorsi i quali tale diritto diviene subordinato ad alcune condizioni: esercitare un’attività in qualità di lavoratore subordinato o autonomo; disporre di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia al fine di non divenire un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante; seguire un percorso di formazione in qualità di studente; essere un familiare di un cittadino dell’Unione facente parte di una delle categorie sopra menzionate. Questo diritto, dato oggi per scontato, fa sì che – complice il potenziamento delle reti di trasporto, soprattutto l’avvento dei voli low-cost – milioni di Europei si spostino, spesso in modo permanente, da un paese all’altro senza restrizioni.
Corollario di questo principio è la libera circolazione dei lavoratori, per cui tutti i cittadini europei hanno il diritto di cercare lavoro in un altro paese dell’UE, dove possono restare il tempo sufficiente per cercare lavoro, candidarsi ed essere assunti. In particolare, la legge assicura loro parità di trattamento: tutti i cittadini dell’UE hanno il diritto di lavorare in un altro paese europeo alle stesse condizioni che si applicano ai cittadini di quel paese circa le condizioni di lavoro (retribuzione, licenziamento, reintegrazione, ecc.); la formazione professionale e l’accesso ai benefici sociali e fiscali (ad esempio, riduzioni tariffarie sui trasporti pubblici per famiglie numerose, assegni familiari, minimo vitale). L’assunzione di cittadini di altri paesi europei, infine, non deve essere soggetta a restrizioni quantitative o condizioni discriminatorie, salvo la dimostrazione delle conoscenze linguistiche possedute.
Per promuovere la libera circolazione dei lavoratori l’Unione Europea ha anche predisposto alcuni importanti strumenti pratici e iniziative comunitarie, come EURES, lo “storico” portale della mobilità lavorativa. Istituita nel 1993, è una rete di cooperazione che collega la Commissione europea e i servizi pubblici per l’impiego dei paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, la Svizzera e altre organizzazioni partner. EURES dispone di un rete di più di 850 consulenti EURES che ogni giorno sono in contatto con persone alla ricerca di un impiego e datori di lavori in tutta Europa. Attraverso il portale web, inoltre, si cerca di incrociare domanda e offerta: c’è lo spazio per inserire il CV e uno spazio dove le aziende possono inserire le loro richieste. Per facilitare la scelta del paese di destinazione, EURES offre anche una serie di informazioni pratiche, giuridiche ed amministrative (dal costo della vita, agli alloggi, all’andamento del mercato del lavoro). Al 18 maggio 2014 il portale contava 36.021 curriculum, 918 aziende per 2.344 richieste inviate. Un dato interessante: la maggioranza dei candidati sono di nazionalità italiana (7.498).
Erasmus+ è il nuovo programma dell’Unione europea per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport per il periodo 2014-2020. Un programma unico che sostituisce, potenzia e integra i sette programmi esistenti finora: il Programma Lifelong Learning (Comenius, istruzione scolastica; Erasmus, istruzione superiore; Leonardo da Vinci, istruzione professionale; Grundtvig, educazione degli adulti); Gioventù in azione; e i cinque programmi internazionali di cooperazione nel settore Istruzione superiore (Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e il programma per la cooperazione con i paesi industrializzati). Per la prima volta Erasmus+ offrirà anche un sostegno allo sport. Erasmus+ accresce notevolmente i finanziamenti europei (+40%). La struttura è incentrata su tre attività chiave, trasversali ai diversi settori: mobilità individuale a fini di apprendimento; Cooperazione per l’innovazione e le buone pratiche; Riforma delle politiche.
La Youth Guarantee, o Garanzia Giovani, è l’iniziativa europea per il contrasto della disoccupazione giovanile che assicura che ogni giovane fino ai 25 anni (o 29, a seconda dei paesi, come l’Italia) riceva un’offerta di lavoro, apprendistato, tirocinio, formazione o studio. Entrata in vigore in Italia il 1 maggio, sarà gradualmente implementata dalle singole Regioni. Per informazioni sulla Youth Guarantee, vi segnaliamo il nuovo focus di Percorsi di secondo welfare.
Euroguidance è un network costituito da circa 65 centri specialistici presenti in 34 Paesi europei che si pone il duplice obiettivo di promuovere la mobilità per motivi di studio e formazione in Europa, aiutando gli orientatori e i singoli utenti ad una migliore comprensione delle opportunità disponibili nell’Unione, e di sviluppare una dimensione europea dell’orientamento (vedi anche Euroguidance Italy). Euroguidance è, inoltre, responsabile del portale Ploteus che offre a studenti, disoccupati, genitori, operatori e insegnanti informazioni sulle opportunità di studio e formazione disponibili nella Ue. Il sito contiene collegamenti con i siti delle università e istituzioni per l’alta formazione, con i database delle scuole, le offerte di vocational training e i corsi per adulti.
E’ evidente che potenziare la mobilità richiede di semplificare e uniformare le modalità di accesso al mercato del lavoro. Per aiutare i cittadini a presentare le proprie competenze e qualifiche e aiutare i datori di lavoro a comprendere le competenze e le qualifiche della forza lavoro, è stato istituito Europass. Europass si compone di cinque documenti, due di libero accesso compilabili direttamente dai cittadini (Curriculum vitae e Passaporto delle lingue) e tre documenti rilasciati da enti d’istruzione e formazione: Europass mobilità; Supplemento al certificato; Supplemento al diploma. I documenti possono essere compilati direttamente online seguendo i modelli e le linee guida indicate.
Infine le stesse istituzioni europee rappresentano una nuova opportunità di impiego. Nelle istituzioni dell’Unione europea lavorano più di 40.000 uomini e donne dei 28 paesi membri. L’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) organizza concorsi pubblici per selezionare il personale per posti a tempo determinato e indeterminato. Ogni anno ci sono posizioni aperte per funzionari amministrativi, linguisti, interpreti, traduttori, segretari ed altre categorie di personale, come agenti sia contrattuali che temporanei e esperti esterni. Infine, propongono una ricca offerta di tirocini per studenti, laureati e linguisti presso le proprie sedi. Anche in questo caso, l’Italia “domina”. Alla call di marzo 2014 bandita dalla Commissione Europea, gli Italiani candidati sono stati 4.408, i più numerosi d’Europa, staccando il secondo paese per numero di candidati, la Spagna, a quota 1739. Il fatto che l’Italia abbia fatto registrare, dal 2003 e nei dieci anni seguenti, il numero maggiore di domande può essere spiegato da molte ragioni, prima tra tutte le modeste opportunità per giovani laureati in Italia: un tirocinio “qualificante” a 1.000 euro in un’istituzione europea è decisamente concorrenziale per retribuzione e qualità rispetto a molti degli impieghi offerti in Italia.
Libera circolazione di persone e lavoratori: alcune conseguenze
Quali sono gli effetti di queste politiche?
Queste misure sono spesso state in grado, se non ancora in modo del tutto soddisfacente, di attivare effetti positivi sia a livello sociale che economico. Innanzitutto, la libera circolazione delle persone ci ha fatto fare un passo in avanti verso l’integrazione dei popoli europei, avvicinando soprattutto le nuove generazioni ai coetanei oltre confine. Certamente l’Unione Europea non è stata la singola determinante di questo risultato – hanno contribuito anche la globalizzazione e l’abbattimento dei costi di trasporto, in primis l’avvento dei voli low-cost -, ma queste misure, insieme alla moneta unica hanno certamente facilitato gli spostamenti intra-Ue. Il risultato è che i giovani Italiani sono più europei dei loro genitori. Secondo il Rapporto Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, per sei giovani italiani su dieci l’Ue è un progetto sostanzialmente fallito e le istituzioni politiche comunitarie non sono state all’altezza delle sfide degli ultimi anni. Ma, nonostante questo, per più della metà sarebbe positivo se si arrivasse agli Stati Uniti d’Europa e, un giorno – ne sono convinti – l’integrazione porterà proprio a quell’obiettivo, perché, in fondo, per una larga maggioranza degli intervistati l’Europa è il posto delle opportunità. Opportunità di vita, ma anche di una migliore educazione. Il numero di Italiani che parlano una seconda lingua, ad esempio, è salito del 6% tra il 2005 e il 2012, un fattore che nell’era globale migliora la competitività sia del singolo che del sistema produttivo – nonostante la percentuale sia significativamente ancora molto bassa rispetto alla media europea, 38% contro il 54% della media Ue. Inoltre, sono 23.400 gli studenti Italiani che hanno partecipato al programma Erasmus nel solo anno scolastico 2011-2012.
L’Unione Europea aumenta anche le opportunità di lavoro. Secondo i dati pubblicati pochi giorni fa da Aire (Anagrafe Italiani residenti all’estero), nel 2013 hanno lasciato il paese 94.126 Italiani (+ 55% dal 2011), e il 63,81% di loro si è diretto verso un paese europeo (Regno Unito, seguito da Germania e Francia).
La crescita della mobilità nei confini europei presenta però ancora molte criticità, soprattutto per un paese come l’Italia. Partiamo dal lato dell’uscita, cioè dall’emigrazione. Il principale risvolto della medaglia è la perdita di capitale umano. Se molti italiani che lavorano all’estero significano meno italiani disoccupati, il costo di questa emigrazione è molto alto, soprattutto considerando che il fenomeno ha la sua punta tra i laureati, che dovrebbero essere la futura classe dirigente. Secondo Almalaurea, ogni anno 5 mila giovani vengono assunti da società all’estero. Il 10% degli universitari che trovano lavoro a un anno dalla laurea è già fuori dalla penisola. Il che significa che dopo aver speso milioni di euro per formarli, sono mandati oltreconfine, con il danno che ne consegue su capitale umano e produttività. Ma ci sono conseguenze anche in termini di spopolamento – e quindi calo dei consumi e degli introiti fiscali – e invecchiamento della popolazione. Oltre che effetti negativi sulla dinamicità sociale e culturale, sulla cittadinanza attiva e sulla partecipazione alla vita politica del paese.
Passiamo al lato di ingresso, dell’immigrazione. Se la crisi acuisce i fenomeni migratori, è vero tuttavia che per effetto della globalizzazione e della compressione delle distanze reali, un certo livello di emigrazione sarà sempre presente, anche in tempi migliori – non si emigra solo per lavoro, si emigra anche per cercare nuove esperienze, per curiosità, ecc. Il problema è che – soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni – i flussi in uscita non sono compensati dai flussi in entrata: perché tanti italiani emigrano in Europa ma pochi europei vengono in Italia? Sicuramente per la disoccupazione, ma ci sono altre questioni, come un mercato del lavoro che offre stipendi bassi e chiede poco in termini di competenze qualificate, un ambiente gerontocratico, ancora pochi corsi di laurea in lingua straniera, scarsa conoscenza delle lingue straniere tra la popolazione (in Italia è difficile trovare lavoro se non si parla Italiano).
Come altre questioni, ad esempio l’Unione monetaria, lavoro e educazione ripropongono quindi lo stesso interrogativo: ricercare una maggiore integrazione o, al contrario, cedere agli impulsi nazionalisti? Molti paesi, infatti, come la Germania, il Regno Unito e recentemente anche il Belgio, stanno valutando di porre dei limiti all’accesso ai benefici del welfare nazionale per i non connazionali, che rappresenterebbero un “peso eccessivo” per il sistema sociale locale.
Riferimenti
«La Ue è un progetto fallito Sì agli Stati Uniti d’Europa», Leonard Berberi, Il Corriere della Sera, 4 maggio 2014
Goodbye Europa, il Belgio espelle i cittadini Ue, Silvia Ragusa, LINKIESTA, 31 gennaio 2014
La grande fuga dei giovani italiani a Londra nel 2013 gli emigrati under 40 cresciuti dell’81%, Luca Pagni, La Repubblica, 10 maggio 2014
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