Il 28 novembre è stato presentato a Milano il Primo Rapporto sul secondo welfare in Italia, frutto del lavoro di ricerca svolto da Percorsi di secondo welfare nei suoi primi due anni di attività. Il convegno, che per la sua ricchezza Dario Di Vico – editorialista del Corriere e moderatore del dibattito – non ha esitato a definire un “vero e proprio seminario di approfondimento e confronto importantissimo in questo particolare momento storico” ha portato intorno allo stesso tavolo esponenti di assicurazioni, sindacati, imprese, fondazioni e enti locali, oltre al Ministro del Lavoro e del Welfare Enrico Giovannini, per discutere dei contenuti del documento.
La presentazione dei contenuti e delle conclusioni più interessanti
Dopo il benvenuto di Salvatore Carrubba, Presidente del Centro Einaudi, la parola è passata a Maurizio Ferrera e Franca Maino – rispettivamente Consulente scientifico e Direttrice di Percorsi di secondo welfare – che hanno presentato il Rapporto sottolineandone i risultati più interessanti.
Ferrera ha spiegato come oggi più che mai una riforma del welfare sia necessaria non solo per rispondere ai crescenti rischi e bisogni sociali dei cittadini, ma anche per garantire vera equità e crescita del sistema. Solo attraverso la ri-equilibratura dei servizi, che passa anzitutto per una razionalizzazione sul fronte organizzativo, produttivo e distributivo, sarà infatti possibile avviare il “ciclo virtuoso composto da crescita, competitività, e inclusione”. Affiancare al primo welfare di natura statale forme di secondo welfare è sicuramente una strada per raggiungere questi obiettivi riformistici: “il secondo welfare può stimolare il cambiamento ed è in grado di coprire aree di bisogno finora poco o per nulla coperte dal settore pubblico”.
Maino è entrata più nello specifico indicando alcune degli elementi più interessanti emerse nel corso della ricerca. Il secondo welfare “mix di interventi sociali innovativi finanziati da risorse non pubbliche” ha spiegato Maino coinvolge un ampio spettro di stakeholder spesso connessi fra loro su base territoriale. L’alleanza tra attori diversi in quest’ottica ha portato allo sviluppo di esperienze molto positive in diverse aree del nostro Paese, che sono ben analizzate e descritte all’interno dei diversi capitoli del Rapporto. Maino ha quindi analizzato alcuni rischi cui può incorrere il secondo welfare, che “potrebbero limitarne l’effetto altamente positivo registrato". Clicca qui approfondire i contenuti della presentazione di Franca Maino.
La tavola rotonda
Il primo a intervenire è stato Pierangelo Albini, Direttore Lavoro e Welfare di Confindustria, il problema attuale non consiste nella spesa, ma nella sua composizione: “spendiamo non più degli altri, ma spendiamo male”. Ci troviamo invece in un punto di non ritorno in cui è necessario avere il coraggio di cambiare, di far emergere una volontà creatrice tra primo e secondo welfare per progettare un sistema sociale che eviti distorsioni e vuoti. “Il modello di welfare vigente è stato costruito su un modello lavorativo che oggi è profondamente cambiato, la società è dinamica, ma noi continuiamo a spendere tanto sulle politiche passive e poco su quelle attive. In questo senso facciamo delle non scelte, nel tentativo di non scontentare nessuno, ma è meglio sbagliare tentando di trovare una via nuova”. Un tentativo di cambiamento al quale sono chiamate le in primis parti sociali – sia quelle rappresentanti i lavoratori che la stessa Confindustria – senza aspettare che venga imposto dall’alto, dallo Stato.
A seguire l’intervento di Dario Focarelli, Direttore Generale di ANIA, che ha sottolineato come oggi, in questa particolare situazione, occorra chiedere a chi ha di più di spendere maggiormente per tutele del welfare ma “per aumentare lo scambio di questo genere servizi con denaro c’è bisogno di una innovazione culturale che ancora non c’è e che dobbiamo favorire tutti insieme”. L’innovazione ha bisogno però di un quadro normativo più chiaro e stabile. In ambito sanitario, ad esempio, “se fosse spiegato chiaramente ex-ante cosa il soggetto pubblico è in grado di garantire, le assicurazioni potrebbero conseguentemente fare delle proposte integrative e lanciare nuove soluzioni”.
Gianluigi Petteni, Segretario Generale Cisl Lombardia, ha sottolineato come il cambiamento sia necessario anche per il mondo dei sindacati che, alla stregua della politica, stanno attraversando oggi una seria crisi di rappresentanza. Senza un cambio di mentalità su queste tematiche, ha concluso Petteni “il sindacato è già morto”. La tutela del welfare universalistico passa infatti anche per il lavoro dei sindacati, i quali oltre a denunciare i problemi, possono essere determinanti per risolverli, facendo leva sulla contrattazione, sulla bilateralità e sulla creazione di fondi in grado di dare risposte: “quando un’azienda chiude non ci si può accontentare di chiedere la cassa integrazione, bisogna trovare soluzioni”.
Petteni ha quindi descritto come in Lombardia la Cisl si stia muovendo per aumentare il livello della contrattazione anche sui servizi di welfare – Cisl Lombardia proprio in questi giorni promuoverà un fondo mutualistico per oltre 200.000 lavoratori dell’artigianato -, soprattutto per le PMI, e ha chiesto che il governo trovi strumenti adeguati per favorire questo processo.
Giuseppe Guzzetti, Presidente di Acri e Fondazione Cariplo, sostiene che il rapporto faccia emergere questioni importantissime che richiamano l’assoluta necessità di sviluppare un vero “welfare di comunità”. I dati, infatti, dimostrano come il secondo welfare debba fare un passo ulteriore per “cambiare il welfare attraverso la solidarietà delle comunità”. Comunità che sono cruciali perché riescono a mobilitare le risorse di tutti, facendo leva sul senso di appartenenza.
Ha chiuso la tavola rotonda Elide Tisi, Vicesindaco della Città di Torino, rilevando quanto le politiche sociali siano oggi dipendenti dalle possibilità economiche degli enti locali e dalla sensibilità dei loro amministratori: “Non esiste in realtà un primo welfare, ma abbiamo almeno 20 welfare regionali, per non parlare del locale. Pensiamo alle politiche di contrasto alla povertà”. Gli enti locali, inoltre, subiscono le scelte che altri comparti della pubblica amministrazione hanno fatto. Ad esempio, il fatto che la Regione abbia disinvestito nell’ambito della sanità, anziani e non autosufficienza, ricade inevitabilmente sugli enti locali. L’integrazione tra attori, che il secondo welfare propone, non deve quindi limitarsi all’integrazione tra istituzioni e società civile, ma anche tra livelli istituzionali: “Tutti coloro le cui decisioni influiscono sulla vita e il benessere dei cittadini non possono chiamarsi fuori”. Ribadendo la centralità della sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, il Vicesindaco ha poi spiegato quanto l’ente locale svolga in un certo senso un ruolo di guida, e non debba pensare a solo a creare soluzioni più o meno fantasiose, ma piuttosto a governare questo processo di aggregazione indicando le priorità cui il sistema di welfare deve dare risposta.
L’intervento del Ministro Giovannini
I lavori del convegno sono stati conclusi dal Ministro del Welfare Enrico Giovannini, che ha sottolineato il grande valore del Rapporto e l’occasione importante offerta dalla sua presentazione. Giovannini ha confermato come oggi il secondo welfare non possa assolutamente essere sostitutivo del primo welfare garantito dallo Stato, ma come possa invece contribuire ad assorbire il “terzo welfare”, ovvero quell’ampia gamma di interventi "fai da te" garantiti per tanti anni dalle famiglie italiane. Oggi, in una situazione in cui i nuclei familiari risultano non più in grado di rispondere a molte problematiche sociali cui erano finora riusciti a far fronte, serve sistematizzare e organizzare questo genere di azioni. Il secondo welfare può creare condizioni adeguate per sviluppare piani di medio-lungo periodo attraverso percorsi che “non pretendono di risolvere i problemi da un giorno all’altro” ma che avviino processi concreti di riforma.
Quattro in particolare le proposte avanzare dal ministro agli autori del rapporto. Primo: contribuire a creare una piattaforma online, sul modello di secondo welfare, che si occupi del tema dell’innovazione sociale; secondo, trovare modo di distillare esperienze descritte nel Rapporto per trovare soluzioni previdenziali a carriere lavorative atipiche; terzo, discutere insieme di come tradurre in interventi normativi tanti dei punti emersi all’interno del Rapporto; contribuire a una riflessione sui temi trattati in vista del semestre italiano di presidenza UE.
Per approfondire l’intervento del Ministro Giovannini si rimanda al contributo di Mallone Primo e secondo welfare insieme per avviare processi.
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