Dopo aver ascoltato con interesse gli interventi della mattinata, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini ha preso la parola e, come prima cosa, ha ringraziato i relatori per avergli fornito spunti preziosi e un’occasione di apprendimento. Ha poi aperto il suo intervento richiamando le parole di Papa Francesco nella recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Il Pontefice – ha spiegato il Ministro – ci ha invitati a “dare priorità al tempo”: iniziare processi e privilegiare azioni che generino dinamismo nella società. “Avviare processi” anziché “occupare spazi” significa non lasciarsi prendere dalla foga di voler trasformare subito buone idee in grandi risultati, cercando invece di capire quali soluzioni attuare per favorire lo sviluppo dei fenomeni e renderli più sistemici e meno frammentati.
Rapporto tra primo, secondo e "terzo" welfare
Il secondo welfare non può e non deve essere sostitutivo del primo, ma può senza dubbio assorbire – almeno in parte – ciò che Giovannini ha chiamato “il terzo welfare”, l’intervento “casereccio” che le famiglie da sempre mettono in atto per compensare le mancanze del primo e che – particolarmente con l’avvento della crisi – non riesce più a svolgere il suo compito. Il secondo welfare risponde in maniera organizzata e più sistematica del “terzo” ai bisogni non coperti dal primo e acuiti dalle difficoltà economiche presenti. Non si può però – avverte il Ministro – “scaricare” sul secondo welfare i limiti del primo, e bisogna quindi demarcare attentamente gli ambiti e le competenze. Il secondo welfare non risolverà la crisi, ma aiuta a ritrovare prospettive di medio e lungo periodo non dominate dalla paura e da quel sentimento di vulnerabilità che si diffonde nella società e la “rattrappisce”.
Nel 2013 sono stati spesi 2 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali in deroga. Per il 2014 invece partiranno i fondi di solidarietà, che si faranno carico di una parte dei costi facendo “risparmiare” il primo welfare. Come reinvestire il risparmio? Politiche attive per il lavoro? Lotta alla povertà? In Germania, ad esempio, si valuta la possibilità di integrare i contributi previdenziali dei lavoratori, pensando alle sorti dei circa 8 milioni di “mini-jobs”. Crescita economica e welfare sono interconnessi, e in Italia c’è bisogno di una agenda che coniughi aiuto concreto e incentivi alla “ripartenza”: innovazione e sviluppo economico e sociale, con il contributo del “secondo welfare” e di tutti i soggetti che vi si impegnano. Nelle idee del Governo c’è infatti la riduzione del cuneo fiscale per le imprese che investono, in tecnologia e nelle persone.
Le proposte del Ministro al secondo welfare
A conclusione del suo intervento Giovannini ha rivolto un invito ai relatori perché si possa in futuro “saldare” il lavoro svolto nell’ambito del progetto con l’attività istituzionale del Governo con l’obiettivo di avviare insieme processi concreti e generalizzabili.
Innanzitutto sul tema dell’innovazione sociale, ormai cruciale ma ancora privo di un focal point nazionale: è necessario ragionare insieme circa le prospettive dell’innovazione sociale in Italia e costituire una “piattaforma condivisa” presso il Ministero, a testimonianza della volontà di favorire il passaggio da “protezione” sociale a “promozione” sociale. Un altro tema che il Ministro vorrebbe discutere insieme è quello dei contributi previdenziali per ovviare al problema delle carriere interrotte e tutelare maggiormente i contratti atipici. Un invito “speciale” all’organizzazione di un momento di riflessione è stato poi rivolto dal Ministro a Maurizio Ferrera e Franca Maino perché – sulla base dei risultati del rapporto – formulino delle proposte di policy da sottoporre al Governo. Infine, Giovannini ha proposto a Ferrera e Maino di discutere circa la possibilità di organizzare insieme con il Ministero un progetto nell’ambito del semestre di presidenza italiana dell’UE (luglio-dicembre 2014), coinvolgendo anche il mondo della filantropia europea.
Tutto questo perché – ha concluso il Ministro – “non lasciare le persone indietro”, specialmente in tempo di crisi, è un’idea di cui bisogna convincersi tutti: società, mondo produttivo, e istituzioni.
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