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Opinioni

Il blocco della mobilità sociale è stato individuato da tempo come una delle principali manifestazioni della disuguaglianza italiana ed è anche arcinoto l’effetto che ha nell’allargare il gap generazionale. L’ascensore sociale quindi non sale più. Anche perché sono diminuiti i piani alti. Un fenomeno che è ben visibile anche nel sistema delle imprese del nostro Paese, connotato da problemi endogeni ed esogeni che hanno portato alla diminuzione delle posizioni alte a disposizione dei giovani manager italiani.
La diffusione di nuove forme di povertà, l'aumento della disoccupazione (soprattutto giovanile), l’afflusso di un numero crescente di migranti, la necessità di trovare nuovi strumenti per conciliare vita e lavoro, l'emergenza casa: sono solo alcune delle grandi sfide che Milano ha dovuto affrontare negli ultimi anni, mettendo alla prova la propria capacità di reazione e, soprattutto, di innovazione. Ne abbiamo parlato con Stefano Parisi e Beppe Sala, candidati a sindaco di Milano nelle ormai prossime elezioni amminsitrative.
Il 26 maggio presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca si è tenuta la Quarta Giornata Interculturale dedicata al tema dell'educazione interculturale. L'evento ha visto la partecipazione di intellettuali come Alessandro Baricco e Lucio Caracciolo, oltre che autorità internazionali come Nassir Abdulaziz Al-Nasser, Alto Rappresentante dell’agenzia delle Nazioni Unite UNAOC, e numerosi professionisti e studiosi del settore.
In che modo un Comune può aiutare le organizzazioni di volontariato a realizzare le proprie attività? Si può immaginare che, nonostante l'attuale situazione dei conti pubblici, l’ente locale possa finanziarle attraverso il proprio bilancio? Una amministrazione può sostenere in maniera efficiente ed efficace i volontari anche senza risorse finanziarie aggiuntive? Graziano Maino propone alcune considerazioni a partire da queste domande, con l'intento di avviare una riflessione più ampia sul tema.
Come italiani fatichiamo ad accettare che nel Paese vivano 1,1 milioni di bambini in povertà assoluta. Che diventano 2 milioni se esaminiamo la povertà relativa: 1 bambino su 5. Persino nella rissosa lotta politica è rimasto quest’ultimo tabù: la paura di ammettere che in Italia ci sono situazioni che una volta definivamo da «Terzo mondo» e che non coinvolgono solo ragazzi stranieri. E questa amnesia convive con un paradosso: la quota crescente di bambini poveri si accompagna alla diminuzione delle nascite.
La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto la possibilità di convertire il premio di produttività in prestazioni di welfare. Questa previsione introduce un indubbio vantaggio economico per le aziende, a fronte del “risparmio” sui contribuzioni previdenziali, mentre per i lavoratori il calcolo della convenienza non appare altrettanto scontato. Percorsi di secondo welfare e lo Studio Attuariale Orrù & Associati hanno sviluppato un modello valutativo per capire quali e quanti benefici possono essere ottenuti anche dai lavoratori.
Cristina Tajani, Assessore alle Politiche del Lavoro del Comune di Milano, ha presentato il “Libro Bianco di Milano sull’Innovazione Sociale”. La ricerca racconta i processi innovativi sviluppati nel capoluogo lombardo tra il 2012 e il 2016 per rispondere ai bisogni emergenti trovando nuove soluzioni o creando nuove combinazioni con le risorse già presenti sul territorio. Un'iniziativa che si inserisce nel più ampio progetto di “Milano Smart City”, orientato a migliorare l’attrattività della città per cittadini, city users e imprese.
Mentre è in discussione al Senato una proposta di legge sull’assistenza ai disabili gravi privi di sostegno familiare, sul territorio si sviluppano numerose iniziative in risposta ai problemi che interessano i genitori con un figlio disabile. Nell'articolo si prova a tratteggiare gli aspetti salienti della proposta e a raccontare alcune interessanti esperienze rivolte a persone con disabilità, evidenziando le caratteristiche rilevanti in un’ottica di secondo welfare.
Il timore di molti analisti si è avverato. I dati Istat sull’occupazione relativi a febbraio 2016 sono una doccia fredda per il governo e per la valutazione sull’efficacia del Jobs Act e della decontribuzione. La paura era quella della fine del trend positivo delle assunzioni a tempo indeterminato una volta esauriti gli incentivi della legge di stabilità del 2015. Paura che sembrava sventata con i dati positivi di gennaio, celebrati come una conferma del cambio di rotta introdotto dalla riforma del mercato del lavoro.
La Banca d’Italia stima che se l’Italia avesse il tasso di occupazione femminile medio Ue il Pil del Paese farebbe un balzo in avanti di 7 punti. Percorrere questa strada, tuttavia, avrebbe un costo non indifferente: bisognerebbe finanziare servizi sociali, congedi parentali, incentivi fiscali e così via. Ma non dovrebbe fare tutto lo Stato. Un contributo significativo potrebbe arrivare anche il secondo welfare, capace di mobilitare risorse private. A condizione che la politica capisca l'importanza del tema.
Per Garanzia giovani si apre la stagione del bilanci: si avvicina infatti la scadenza dei due anni di vita del programma e si discute del rifinanziamento. Nel tirare le somme, scontiamo però l’assenza di una cultura della valutazione. Schemi mentali manichei hanno infatti accolto Garanzia giovani prima ancora del varo del programma. Abbiamo quindi bisogno di un nuovo punto di vista: il programma è un concentrato di risposte alla crisi ed il primo passo è stato fatto. Un riformismo paziente richiede di ripartire dai successi e di trarre lezioni dagli errori.
Nonostante i numerosi aspetti critici della Garanzia Giovani, va preso atto che qualcosa ha funzionato e, a poco più di un anno e mezzo dal suo avvio, il bilancio non sembra del tutto fallimentare, anzi. A dispetto delle critiche e delle aspettative negative, sembrerebbe essersi innescato qualche circolo virtuoso, con differenze sensibili fra le regioni. ce ne parla Renata Lizzi, docente dell’Università di Bologna.
In una società ferma sul piano demografico e sociale, un’economia poco competitiva e un settore pubblico che per decenni ha trasferito risorse «al contrario», l’unica chance di arrestare il declino è investire per il lungo periodo. Ricerca, innovazione, infrastrutture, tecnologia. E soprattutto capitale umano: asili, scuole, università, formazione, servizi sociali per l’inclusione, la conciliazione, il sostegno all’occupabilità.
È uscito il numero 1/2016 di Quaderni di Economia Sociale, il dossier semestrale di SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. Nell’editoriale di questo nuovo numero, Salvio Capasso fa il punto sullo sviluppo di welfare society e partecipazione civica al Sud. Il dossier contiene tre contributi a cura dei ricercatori del nostro laboratorio relativi allo sviluppo del secondo welfare nel Mezzogiorno, la diffusione degli empori solidali nelle regioni del Sud e i primi passi dell'impact investing.
«Per favore chiudete Garanzia giovani», «Continuare con Garanzia giovani è un disastro!»: è così che il programma è stato salutato negli ultimi giorni del 2015. Ma per quanto esso non sia stato la «soluzione» in cui molti speravano, sarebbe auspicabile cambiare il livello della discussione. In questa riflessione proveremo a illustrare l’esperienza della Garanzia giovani da un altro punto di vista, alcune difficoltà che sono legate all’impostazione della misura in Italia e, infine, qualche spunto a favore di una «Garanzia adulti».
Non è facile decifrare la spirale di polemiche in atto fra Roma e Bruxelles. Per quanto importanti sul piano finanziario, non è credibile che tutto si riduca a questioni di “zero virgola”, di applicazioni più o meno restrittive delle clausole di flessibilità. Non rispettando molte delle raccomandazioni ricevute lo scorso giugno, la legge di Stabilità per il 2016 ha certo creato una ferita nei rapporti con la Commissione, ma ci sono almeno due altre spiegazioni possibili: una più superficiale e una più profonda.
Sulla questione della «flessibilità» Matteo Renzi ha conseguito alcuni importanti successi in Europa. Per vincere la partita deve però persuadere Angela Merkel, dimostrando che le richieste italiane rispondono a un qualche interesse comune e non solo nazionale. Per questo il Governo deve elaborare un programma ambizioso di riforme e investimenti che spinga Bruxelles a concedere i necessari margini fiscali. E, per una volta, dall’Italia potrebbero arrivare idee ed esempi preziosi per tutta l'Unione.
Fino ad oggi il fundraising è stato visto più che altro come un cugino del marketing che, a differenza del suo più famoso parente, vive e lavora in un settore - quello non profit – dalle dimensioni economiche più limitate e dotato di vincoli alle attività più prettamente commerciali, dove cerca, a volte con difficoltà e ristrettezze, di applicare i suoi principi e i suoi meccanismi. Ora, secondo Massimo Coen Cagli, il fundraising è chiamato ad assumere il ruolo di capofamiglia.
Gli ultimi mesi dell’anno hanno rappresentato un’occasione per realizzare alcune iniziative, anche al fine di correggere il più possibile il tiro di Garanzia giovani, cercando di arginare le forti critiche che ne hanno accompagnato la realizzazione. Qualche settimana fa è stato presentato “Selfiemployment”, fondo rotativo nazionale per finanziare iniziative di auto-impiego e di auto-imprenditorialità per gli under-30 iscritti a Garanzia giovani. Ne discutono in questo articolo Andrea Bernardoni e Patrik Vesan.
Qualche settimana fa Adapt ha pubblicato il volume «Lavoro e Welfare della Persona. Un “Libro verde” per il dibattito pubblico» per rilanciare il dibattito sulla revisione del modello di welfare italiano. Abbiamo scelto di accettare l’invito fatto da Adapt, offrendo qualche riflessione, e qualche provocazione, in vista della stesura di un Libro bianco sul welfare (previsto per la Primavera 2016) che «contenga proposte concrete e rapidamente attuabili per tentare di sanare le disfunzioni rilevate».
Nel nostro Paese c'è un grande bisogno di distinguere “ciò che funziona” da ciò che “non funziona” in modo da migliorare e rendere meno costoso il sistema di welfare. Eppure in Italia i casi in cui si è provato ad usare metodologie rigorose per verificare l’efficacia di un intervento sociale sono assai limitate. Uno sforzo in questa direzione è stato fatto dal progetto “Riunioni di famiglia”, che ha sperimentato l’utilizzo delle Family Group Conferences per migliorare il benessere dei ragazzi in difficoltà.
In pochi l'hanno segnalato, ma è evidente che esiste un nesso tra la capacità inclusiva dei nostri sistemi di welfare e il fenomeno terroristico che si è drammaticamente abbattuto su Parigi. Cosa ha offerto (o non ha offerto) la nostra società a chi dall’Europa va a combattere nelle file di formazioni terroristiche? Bisogna guardare al problema della coesione sociale in maniera integrale, chiedendosi anche quali siano gli stili o gli approcci di policy più adeguati allo scopo di trasformare la società in senso inclusivo.
Nella legge di Stabilità sembra emergere un disegno di politica economica e sociale probabilmente destinato ad accompagnarci per il resto della legislatura. I grandi obiettivi sono crescita, lavoro, investimenti, meno disagio, più merito. I principali strumenti sono la riduzione della pressione fiscale e la razionalizzazione della spesa pubblica. Come prima misura per favorire la crescita andrà alleggerita la pressione fiscale, ma la classe media dovrà essere disposta a spendere di più per il welfare.
Nel 2013 il governo tedesco ha lanciato l’iniziativa “Industria 4.0” con l’obiettivo di promuovere e sostenere la “quarta rivoluzione industriale”, basata sulla cosiddetta “internet delle cose e dei servizi”. La Germania si considera all’avanguardia su questo versante in Europa, ma la manifattura italiana è già molto vicina alla frontiera del “4.0”. Quello che ci manca è uno smart government, un attore pubblico capace di svolgere funzioni di regia, sia a livello regionale che nazionale.