Opinioni

Dalle fondazioni di origine bancaria può svilupparsi un nuovo welfare di comunità, cioè un modello realizzato da una pluralità di attori, sostenibile, equo, accessibile e promotore di comportamenti responsabili e di cittadinanza attiva? Sara Rago e Paolo Venturi riflettono di questo tema a partire da "Territori di Comunità", un progetto della Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì.
Dopo i fallimenti di Stato e Mercato la valorizzazione della reciprocità e della condivisione può favorire la generazione di valore attraverso servizi collaborativi. La reciprocità cessa infatti di essere una componente marginale degli scambi per diventare la base di investimenti sociali. Lo sostengono Flaviano Zandonai e Paolo Venturi all'interno del loro blog "Tempi Ibridi", con cui Percorsi di secondo welfare ha scelto di "contaminarsi".
Non è più necessario pensare solo al profitto degli azionisti. Oggi i dati dicono che un numero sempre maggiore di shareholder insegue obiettivi sociali, e raggiungerli attraverso il proprio investimento, piuttosto che riorientando i loro dividendi, aiuterebbe sia loro sia il sistema. Come possono aiutarli i manager? Spostando l’attenzione dagli utili al welfare di coloro che li hanno eletti. Una riflessione a partire dall'articolo di Zingales e Hart "Serving shareholders doesn’t mean to put profit above all".
Ha fatto scalpore questa settimana la lettera che l'azienda di call center, per nulla in difficoltà economica, ha mandato a 65 suoi dipendenti per comunicare il loro trasferimento da Milano alla Calabria. Un "Licenziamento mascherato" usato come rappresaglia per un mancato accordo sindacale. Una stortura che non tiene conto della lezione più importante del neo-premio Nobel per l'Economia Richard Thaler: "l'agente economico sono gli esseri umani e che i modelli economici ne devono tener conto".
Nel 2015 la «Buona Scuola» ha reso la alternanza scuola lavoro obbligatoria per tutti. Una scelta giusta, ma dietro alla legge non c’era nessun piano di attuazione. Alcuni presidi e insegnati volenterosi sono riusciti a saltare i numerosi ostacoli e, quasi miracolosamente, sono state avviate diverse iniziative promettenti. Ma sono isole in un mare nel quale la maggioranza delle scuole rischia oggi di affondare.
Nel corso delle Giornate di Bertinoro sull'Economia Civile 2017 è stata presentata un'interessante indagine di SWG sul sentiment degli italiani verso la riforma del Terzo settore e l’importanza del non profit nel nostro Paese. Uno degli elementi più interessanti presentati riguarda la percezione positiva che gli intervistati, in particolare i più giovani, hanno del Terzo Settore. In questo articolo Lorenzo Bandera ci presenta alcuni dei dati più significativi contenuti nella ricerca.
Negli ultimi trent’anni il politologo torinese scomparso pochi giorni fa ha approfondito la “politica” soprattutto nella sua accezione di policy. Un contributo rilevante soprattutto in un Paese in cui sembra essere la politics a prevalere in ogni ambito. Tuttavia, chi immagina che studiare la politica come policy riduca la sua analisi a una questione meramente tecnica ignora uno degli elementi che ha probabilmente rappresentato il tema più ricorrente negli studi di Bobbio: il conflitto, inevitabile in qualunque processo decisionale democratico, e la sua gestione, tanto indispensabile quanto faticosa da realizzare.
Sul disagio dei giovani e sull'urgente necessità di allargare le loro opportunità si è finalmente creato un largo consenso. Comprensibilmente, la priorità del governo è il lavoro. Nella fascia 25-29 anni in Italia la quota di occupati è il 53,7%, in Francia il 74,1%, in Germania il 78,3%. Persino la Grecia (56,1%) riesce a fare meglio di noi. La crisi economica dell'ultimo decennio è solo in parte responsabile di questa situazione. L'enorme divario che ci separa dal resto d'Europa affonda le sue radici nel "modello di gioventù" che caratterizza l'Italia.
Nell'aprile 2014, il Governo Renzi, ha annunciato il proprio impegno per la riforma del Terzo settore e dell’'impresa sociale, generando forti aspettative ed alimentando un importante dibattito sul futuro del Terzo settore nel nostro Paese. In questo articolo Andrea Bernardoni ricostruisce il dibattito che si è sviluppato in questi tre anni tra operatori del settore, ricercatori e policy-maker, illustrando le principali novità introdotte dalla riforma e cercando di formulare delle prime valutazioni.
A partire da un interessante contributo di Geoff Mulgan sulla Teoria del Cambiamento, il Direttore di Human Foundation Federico Mento ci offre alcun spunti di riflessione su questo paradigma. Nonostante alcuni limiti, questa metodologia rappresenta infatti un prezioso strumento per comprendere, apprendere e migliorare gli interventi in atto ed essere più efficaci nel rispondere ai bisogni sociali.
Il nesso fra oneri sociali e lavoro dei giovani non è oggi adeguatamente percepito e compreso dall’opinione pubblica. Eppure si tratta del principale nodo da sciogliere per spezzare il circolo vizioso «alti contributi-bassa occupazione» che mina la sostenibilità del nostro modello sociale. C’è un modo per sollecitare la consapevolezza di questa sfida e il sostegno a misure che spalmino il finanziamento del welfare su tutti i tipi di reddito? Maurizio Ferrera ha formulato una proposta in tale senso: un cinque per mille a favore del lavoro ai giovani.
Cosa succederebbe se lo Stato ci concedesse l'opportunità di scegliere come spendere i soldi pubblici? Alla luce del recente articolo con cui Maurizio Ferrera propone un "Cinque per mille per il lavoro ai giovani", volentieri riproponiamo questo articolo di Roberto Rossini, che offre alcuni spunti che vanno nella medesima direzione: vincolare il Pubblico a scegliere di sostenere alcuni capitoli di spesa piuttosto che altri in base alla volontà dei cittadini.
Oggi per l'impresa sociale è necessario ridefinire l’efficienza per riscoprire elementi finalistici misurabili come impatto sociale. Costruire organizzazioni efficienti per dare risposte ai bisogni quotidiani è infatti il miglior modo per dimostrare che cooperare e condividere funziona e conviene. Per l'impresa sociale, quindi, produrre in modo efficiente per una larga platea di beneficiari è ormai un imperativo non disgiunto dalla dimensione di missione. Ne scrivono Paolo Venturi e Flaviano Zandonai su Tempi Ibridi.
Il nostro Paese sta invecchiando e si sta impoverendo: i recenti dati dell’Istat descrivono una società sempre più disgregata in cui la disuguaglianza aumenta, lasciando ai margini un numero crescente di persone. Ma secondo Giorgio Vittadini, trattandosi di problemi che non hanno a che fare con prossime elezioni, viene il sospetto che si stia mettendo la testa sotto la sabbia, semplicemente ignorando la questione.
In Germania un gruppo di cooperative elettriche tedesche, danesi, italiane e belghe si sono riunite per confrontarsi con alcune omologhe organizzazioni statunitensi. Gianluca Salvatori ci ha descritto il contributo fornito da Euricse, a cui è stato chiesto un contributo sull'evoluzione delle cooperative elettriche in funzione dello sviluppo di comunità, per integrare la gestione di un'infrastruttura importante, come quella energetica, con ulteriori servizi di pubblico interesse, sempre in forma cooperativa.
Le cooperative non sono diverse dalle altre imprese nel bisogno di innovazione, ma lo possono essere nel perché e nel come innovare. La Guida all’open innovation per imprese cooperative - realizzata da Confcooperative Emilia-Romagna, in collaborazione con Irecoop, AICCON e Social Seed, nell’ambito del progetto CoopUP IN - è pensata per creare un ponte tra le prassi cooperative e i metodi di open innovation.
Preoccuparsi per il futuro dei giovani e la sicurezza degli anziani è più che normale in tempi di crisi. Occorre però evitare che le preoccupazioni si trasformino in lamentazioni intrise di pessimismo e sorde all’evidenza empirica. Purtroppo il dibattito italiano indulge spesso a questa brutta abitudine, soprattutto quando si parla di mercato del lavoro e di previdenza. Nel loro nuovo volume Del Boca e Mundo mostrano come gran parte dei lamenti in circolazione siano appunto esagerati e quasi sempre infondati. Fuori linea rispetto ai dati empirici.
Il futuro del lavoro non è mai stato tanto arduo da prevedere. Eppure ogni volta la nascita di nuovi lavori ha finito per compensare nel medio-lungo termine l’estinzione di attività tradizionali provocata dall’introduzione di nuove tecnologie, il più delle volte migliorando la stessa qualità delle condizioni di lavoro. Gianluca Salvatori, Amministratore Delegato di Euricse, offre alcuni spunti emersi nel orso di una recente conferenza dell'International Labour Organization delle Nazioni Unite su questi temi.
Garanzia Giovani in Italia è stata per molti un insuccesso, complici obiettivi troppo ambiziosi, tempi strettissimi, una situazione di partenza da ‘anno zero’, il contesto di incertezza politico-istituzionale e la crisi economica persistente. In Campania, tuttavia, il programma è stato percepito come una "finestra di opportunità" importante: una sfida per avviare un cambiamento nell’approccio al problema e, forse, nello "stile" di realizzazione degli interventi.
La riforma delle politiche attive del lavoro è stata descritta da molti commentatori attraverso la metafora della "terza gamba del Jobs Act". A due anni dall'introduzione dei contratti a «tutele crescenti», il cambiamento delle politiche attive del lavoro in Italia appare ancora lontano dall'essersi realizzato. Al di là degli annunci, la concreta realizzazione delle norme adottate presenta infatti un ritardo significativo. Ma le novità introdotte sembrano comunque rilevanti.
Un database nazionale di riferimento con oltre 662.000 PMI, oltre 3.400 aziende analizzate e 109 imprese top performer approfonditamente studiate per la completezza delle loro esperienze di Welfare Aziendale: sono questi i principali numeri che qualificano il Rapporto 2017 “Welfare Index PMI” che, con la sua seconda edizione, realizza la più strutturata analisi del panorama nazionale del Welfare Aziendale attivo nelle piccole e medie imprese.
Il 15 marzo a Roma è stato presentato lo studio di fattibilità realizzato da Human Foundation e Fondazione Sviluppo e Crescita CRT sui nuovi strumenti finanziari pay-by-result per sostenere programmi di reinserimento sociale e lavorativo di persone detenute. L’obiettivo dello studio è di mettere in relazione risultati sociali, come l’abbassamento del tasso di recidiva, con potenziali risparmi a favore dell’amministrazione della giustizia, offrendo spunti per realizzare strade innovative che rispondano ai nuovi bisogni sociali.
Il Consiglio dei Ministri del 9 marzo ha approvato lo statuto della Fondazione Italia sociale, ente previsto dalla legge di riforma del Terzo settore per promuovere l’aggregazione e l’utilizzo di risorse e competenze provenienti da attori pubblici, privati e non profit. In attesa di capire meglio struttura e modus operandi che assumerà questo nuovo soggetto, è impossibile non notare diversi punti di contatto con altre realtà che già operano in diversi territori del nostro Paese: le fondazioni di comunità.