Il 12 marzo su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un‘inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sui Neet italiani e sugli effetti della Garanzia Giovani, il programma europeo di contrasto alla disoccupazione giovanile varato nel 2014. Qui trovate il commento firmato dal Patrik Vesan su quello che andrebbe fatto per rafforzare la misura (riflessione che sintetizza una riflessione più ampia che potete leggere qui). A questo link invece potete leggere l’articolo di contesto di Davide Illarietti, giornalista del Corriere, e l’infografica realizzata da Sabina Castagnaviz.
L’attuazione di Garanzia Giovani non può essere considerata fallimentare, al di là dei suoi numerosi limiti. Da un lato, i centri per l’impiego hanno dimostrato una discreta capacità di presa in carico dei Neet, pur operando in un contesto di emergenza gestionale. Dall’altro, poco più della metà dei giovani che hanno concluso il percorso proposto dal programma è inserito nel mercato del lavoro e quasi 1/3 di questi è stato assunto con un contratto a tempo indeterminato. A differenza di quanto avviene in altri Paesi europei, il 58,5% delle misure proposte ai Neet sono offerte di tirocinio. Sebbene queste ultime costituiscono in molti casi opportunità dallo scarso valore formativo o senza alcun sbocco occupazionale, il 48% dei tirocinanti di Garanzia Giovani ha ricevuto una proposta di lavoro da parte del datore che li ha accolti. Al netto di questi risultati, il tasso occupazionale giovanile continua a essere molto basso nel nostro Paese. Al contempo, l’Italia è ai vertici delle classifiche europee per percentuale di Neet e disoccupazione giovanile, soprattutto di lungo periodo.
Rispetto a tale situazione, occorre essere chiari: da sola la Garanzia Giovani non è e non sarà mai in grado di far fronte a questa emergenza. Può sembrare superfluo sottolineare la differenza tra un semplice programma di interventi, come la Garanzia, e una politica pubblica di più ampia portata destinata agli stessi obiettivi. In astratto, le politiche pubbliche possono essere definite come dei «collegamenti», connessioni tra una pluralità di azioni, inazioni e iniziative di diverso genere volte a perseguire obiettivi di rilevanza pubblica. Sono proprio queste connessioni che mancano o sono molto deboli in Italia. Manca in sostanza una politica per l’occupazione giovanile, per non dire una politica per l’occupazione tout court. E la Garanzia Giovani non può essere considerata un sostituto di tale politica.
Facciamo alcuni esempi. L’attuale governo ha deciso di ridurre il monte ore (e gli investimenti) per l’alternanza scuola-lavoro. Ma quale strategia alternativa è prevista? Altra domanda. Il Reddito di cittadinanza dovrebbe interessare anche una parte dell’utenza tipica della Garanzia Giovani. Come sarà realizzato l’intreccio sul piano operativo tra questi due programmi? E come le piattaforme di gestione dei rispettivi servizi dialogheranno? Più in generale, quali investimenti sono previsti per favorire e sostenere la domanda di lavoro di qualità, al fine di far sì che la Garanzia Giovani o altre iniziative di politica attiva possano offrire risposte concrete?
Queste e altre domande rimangono al momento inevase. A meno che non si pensi che la politica per l’occupazione giovanile debba limitarsi alla speranza di un turnover generazionale dovuto alle riforme pensionistiche o alla concessione di incentivi alle imprese. Uno strumento come Garanzia Giovani, dunque, se non integrato in una politica nazionale difficilmente può produrre effetti significativi. Ma per realizzare tale politica, occorre prima di tutto avere una visione e un disegno. Occorre in sostanza comprendere l’importanza di sviluppare connessioni e complementarietà.