La Commissione europea (DG Employment, Social Affairs and Inclusion) ha recentemente passato in rassegna 18 progetti pilota, lanciati nella seconda metà del 2013 e volti a sperimentare una prima applicazione della strategia Garanzia Giovani. I progetti riguardano aree territoriali di diversa natura (contesti urbani, comuni, ma anche regioni) in 7 paesi: Irlanda, Italia, Lituania, Polonia, Romania, Spagna e Regno Unito. Nella quasi totalità dei casi (eccezion fatta per la Toscana e il Veneto) si tratta di zone a forte disagio sociale, con un tasso di disoccupazione giovanile vicino, se non addirittura al di sopra della soglia del 50%.
I 18 progetti pilota, tutti di durata annuale, possono essere classificati sulla base del loro specifico target: 8 progetti mirano a intercettare i flussi di giovani in uscita dell’istruzione secondaria e in procinto di entrare nel mercato del lavoro (agendo dunque in modo preventivo), mentre gli altri 10 puntano al (re-)inserimento lavorativo dello stock di giovani già disoccupati o inattivi (c.f. la tabella 1 per un sintesi complessiva). Le attività programmate perseguono sia obiettivi a lungo, volti alla sperimentazione di modalità radicalmente nuove nell’erogazione dei servizi ai disoccupati, sia a breve-termine (“short-term relief policies”), ovvero tesi a fornire una pronta risposta per il reinserimento nel mercato del lavoro dei NEET.
Particolare attenzione è stata prestata al monitoraggio, alla valutazione e soprattutto allo scambio di esperienze fra gli enti locali coinvolti. Uno degli scopi di tale sperimentazione, oltre che perseguire intenti promozionali di una strategia condotta su scala europea, è infatti condividere possibili soluzioni e attivare processi di apprendimento e lesson drawing a partire dai punti di forza e debolezza delle azioni poste in essere.
I progetti pilota italiani
Quattro dei progetti riguardano l’Italia. In particolare, la Regione Lazio e il Comune di Legnago (Veneto) hanno avviato iniziative pilota volta ad arginare e prevenire i drop-out scolastici. Nel Lazio 700 giovani tra i 17 e i 18 anni, provenienti da 10 diverse scuole superiori, hanno ricevuto orientamento, consulenza sul lavoro e valutazione delle proprie competenze, mentre 400 hanno partecipato a visite aziendali. A Legnago, in provincia di Verona, invece, l’iniziativa ha coinvolto 250 giovani: 203 ragazzi “a rischio” di 15-16 anni che stanno seguendo workshop motivazionali e 47 giovani tra i 16 e i 18 anni che stanno seguendo un percorso scuola-lavoro, partecipando a seminari e tirocini in aziende. L’intervento ha permesso di prevenire l’abbandono scolastico dei 203 ragazzi più giovani, mentre per ora solo 3 dei 47 impegnati nel percorso di inserimento lavorativo sono stati assunti dalle aziende in cui hanno svolto il tirocinio. Si evidenzia inoltre la creazione di un osservatorio permanente sugli abbandoni scolastici che dovrebbe sostenere la programmazione di future attività.
Gli altri due progetti pilota italiani sono stati realizzati in Toscana e Veneto. In Toscana l’obiettivo è stato quello di sperimentare un nuovo sistema per identificare i NEET, tramite la triangolazione di dati resi disponibili da varie istituzioni (istituti scolastici, centri per l’impiego, Comuni ed altri enti locali). Una volta individuato il bacino dei NEET, l’obiettivo diviene quello di modernizzare le modalità di intervento dei servizi per l’impiego nei confronti di questi ultimi. In Veneto lo sforzo va nella medesima direzione: un osservatorio sui NEET sarà curato da Veneto Lavoro. Oltre 150 giovani hanno partecipato all’evento di presentazione del progetto, mentre 36 hanno già preso parte ad attività che vanno dalle visite in azienda a percorsi di inserimento lavorativo vero e proprio.
Le impressioni della Commissione
Il primo rapporto sui progetti pilota è stato reso pubblico il 9 settembre scorso. Laszlo Andor ha accolto con grande entusiasmo i risultati finora raggiunti, dichiarandosi soddisfatto dei passi compiuti nell’ambito di quella che – stando alle parole del Commissario europeo – “si sta rivelando la riforma strutturale di più rapida attuazione nell’UE”. Una considerazione – quest’ultima – dai toni particolarmente ottimistici, in forte contrasto con il dibattito sulla Garanzia Giovani che si è sviluppato negli ultimi mesi nel nostro Paese. Nella parte dedicata alla valutazione in itinere dei progetti, il rapporto della Commissione pone l’accento su tre dimensioni: (1) la formazione di partnership che coinvolgano attori sia pubblici che privati, (2) innovazioni strutturali nell’ambito delle transizioni scuola-lavoro e dei servizi per l’impiego, (3) gli outcome effettivi in termini di reinserimento dei giovani.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la collaborazione di una varietà di attori è stata sempre accolta positivamente, dati i benefici che ha portato nelle diverse aree in termini di condivisione di informazioni e quindi più efficace ed efficiente problem-solving. Alcune realtà (fra cui il Comune di Legnago e il Veneto) hanno formalizzato le partnership, costituendo Commissioni multi-stakeholder – a loro volta suddivise in gruppi di lavoro a seconda degli obiettivi stabiliti – con funzioni di programmazione e coordinamento delle attività, che si riuniscono a scadenze regolari. Nel Lazio, sono state le Camere di Commercio locali a giocare un ruolo chiave nel mettere in rete le istituzioni scolastiche con le imprese in modo più sistematico rispetto al passato. In generale, il coinvolgimento delle imprese è emerso come obiettivo fondamentale, benché non facile. La creazione di network multi-attore si è rivelata un’azione ben più costosa in termini di tempo rispetto a quanto era stato previsto dagli enti coinvolti nei progetti pilota: in particolare, nel report si evidenzia come in alcuni casi le aziende si siano in un primo momento avvicinate al programma, visto come potenziale fonte di incentivi economici e dunque profittevole, salvo poi allontanarvisi una volta calata l’attenzione iniziale.
Sul versante delle innovazioni strutturali, la Commissione apprezza i tentativi di modernizzare il modus operandi dei centri per l’impiego (cita il caso del supporto ai NEET in Toscana) e di sviluppare nuovi servizi rivolti ai datori di lavoro. Fra gli altri, viene riportato l’esempio del Veneto, che ha iniziato a utilizzare uno strumento di valutazione per aiutare le aziende nelle decisioni sulle assunzioni: strumento che ha ricevuto feedback positivi dalle stesse aziende.
D’altra parte, non vengono tralasciati i numerosi ostacoli che i progetti pilota hanno trovato sulla loro strada.
In primo luogo, nelle zone esaminate i servizi per l’impiego sono in generale sotto-finanziati. Come infatti ha ribadito la Commissione europea: “mentre la Garanzia Giovani fornisce risorse aggiuntive e permette così di testare nuovi servizi che probabilmente non sarebbe stato possibile erogare altrimenti, i tagli nei servizi di base hanno effettivamente avuto un forte impatto nel sistema complessivo del supporto ai disoccupati” (Commissione europea 2014: p.14). In secondo luogo, il bacino di potenziali destinatari delle misure è composto da individui particolarmente lontani dal mercato del lavoro, difficilmente collocabili da attori sia pubblici che privati: lo svolgimento di attività in molti progetti pilota è stato ostacolato dalla scarsa occupabilità e dall’attitudine negative di alcuni partecipanti” (Commissione europea 2014: p.16).
Come favorire l’implementazione della Garanzia in Italia
Nonostante queste difficoltà, è possibile trarre da questi 18 progetti pilota alcune considerazioni generali utili per l’implementazione della Garanzia giovani in Italia? A nostro giudizio, tre sono gli aspetti da evidenziare:
- Il rapporto della Commissione sottolinea innanzitutto l’importanza di “fare gruppo”, ovvero di coinvolgere il maggior numero di attori al fine di “capitalizzare sulle conoscenze specialistiche” e mettere in rete le informazioni necessarie. E’ alquanto utopico pensare che i soli centri per l’impiego possano da soli svolgere un così arduo compito come quello fissato dalla Garanzia Giovani. In questa prospettiva, il coinvolgimento di tutti servizi competenti e delle aziende è essenziale. La sfida in questo senso è quella di trovare i giusti incentivi per avviare e facilitare una duratura cooperazione tra tutti gli attori coinvolti (specie le aziende).
- La realizzazione di questi progetti pilota mette in evidenza quanto sia difficile raggiungere i potenziali beneficiari della Garanzia Giovani in situazioni di particolare disagio. E’ proprio nelle aree che più avrebbero bisogno di nuove politiche attive che appare più complesso implementare efficacemente nuove politiche attive e raggiungere gruppi target estremamente emarginati. A fronte di ciò, l’obiettivo della Garanzia di un’offerta lavorativa/formativa ai destinatari della Garanzia Giovani entro 4 mesi dal primo contatto (peraltro variamente definito) risulta alquanto ambizioso. E’ la stessa Commissione a notare nel rapporto che “la partnership della Garanzia Giovani ha bisogno di essere preparata a far fronte alle carenze in termini di occupabilità e attitudine da parte dei partecipanti”.
- Nonostante i lodevoli intenti del primo rapporto europeo sulle 18 esperienze pilota, ben poco si può ancora dire rispetto agli effetti prodotti realmente da queste iniziative, ovvero alla loro capacità di inserire nel mercato del lavoro giovani che altrimenti sarebbero rimasti bloccati nella trappola dell’inattività. Ciò che infatti sembra ancora mancare è la realizzazione di analisi basate su un approccio controfattuale, in grado di valutare con maggiore attenzione gli outcome raggiunti. In altre parole, manca un metro di misura contro cui valutare se (e di quanto) i progetti pilota servano a migliorare il reinserimento lavorativo dei giovani o la transizione scuola-lavoro dei giovanissimi. Più che di una valutazione di impatto, per ora si è trattato quindi di un semplice monitoraggio, simile a quanto avviene per la Garanzia Giovani in Italia.
Riferimenti
EU Commission (2014), Preparatory Action on the Youth Guarantee. First Findings Report, Publications Office of the European Union, Luxembourg.
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