Il 28 aprile su Corriere Buone Notizie è stata pubblicata la nostra inchiesta dedicata alle iniziative messe in campo dal Gruppo Cooperativo CGM per affrontare l’emergenza Coronavirus. Nell’articolo che segue, Paolo Riva racconta delle piattaforme territoriali realizzate in diverse zone del Paese per offrire servizi alla persona adeguati alle restrizioni del lockdown. Qui invece potete trovare il commento di Franca Maino sulle opporunità per il "terziario sociale" di fronte al Coronavirus.
Tutto online. A Piazzola sul Brenta, il Comune gestisce i buoni spesa via internet, riducendo al minimo sia le uscite di casa dei cittadini sia i contatti con l’amministrazione. E funziona. «L’80 per cento dei 79 nuclei famigliari coinvolti usa i buoni in linea in autonomia e poi si reca dai negozianti con un voucher, stampato o su cellulare», spiega Silvia Ranzato della cooperativa Jonathan, che supporta l’iniziativa. In questo centro di 11mila abitanti a nord di Padova, i contributi per aiutare le persone in difficoltà durante l’emergenza Covid-19, i buoni spesa, sono gestiti nel segno dell’innovazione. E del Terzo settore. «Piazzola è uno dei Comuni che sta utilizzando la nostra piattaforma Cura Italia», spiega Martina Tombari, responsabile del progetto per il Consorzio Cgm. Le amministrazioni comunali erogano i buoni spesa decisi dal Governo e Cgm, che conta tra i suoi soci 800 cooperative e 42mila lavoratori, ha messo a disposizione gratuitamente uno strumento per gestire il processo. A pochi giorni dal lancio dell’iniziativa, che ha lo stesso nome di uno dei primi provvedimenti del Governo contro l’epidemia, i Comuni aderenti erano quasi trenta in tutta Italia, ma Tombari segnala numeri in crescita.
Non solo. A Biella, Matera, Napoli, Sondrio e Rho, il Consorzio ha lanciato delle piattaforme locali, sempre digitali, che offrono servizi alla persona utili in questo periodo: dalla consegna di pasti e medicine allo psicologo on line fino al sostegno a distanza per gli alunni con disturbi. «Sono servizi aperti a tutti, adatti ai bisogni territoriali e forniti dalle cooperative locali a prezzi calmierati», riprende Tombari. I dati sul loro utilizzo, ancora non disponibili, saranno decisivi per valutare l’efficacia dell’iniziativa che, però, già così, risulta innovativa e in rapida espansione. «Cgm ha reagito con grande velocità grazie agli investimenti fatti in tecnologia», commenta Lorenzo Bandera, del laboratorio Percorsi di secondo welfare. «Il Consorzio sta usando la piattaforma che ha sviluppato per il welfare aziendale». Non si tratta di un caso isolato. Come evidenziato proprio nell’ultimo rapporto di Percorsi di secondo welfare, in un ambito dominato dal profit, «negli ultimi anni si segnala un crescente attivismo anche da parte di soggetti non profit».
Le esperienze nate sono numerose, ma Cgm rimane una delle più ampie e strutturate. Da un lato, il consorzio è diventato un provider, un interlocutore diretto delle imprese cui eroga i servizi delle sue cooperative grazie alla collaborazione con la software house Moving. Dall’altro, il gruppo ha sempre considerato il welfare aziendale un tassello del welfare del futuro, che dovrà essere – al tempo stesso – pubblico, territoriale e aziendale. «Il welfare aziendale, per noi, è stato l’occasione per ragionare su un nuovo pubblico cui proporre i nostri servizi», riflette Tombari. «Il welfare pubblico risponde ai bisogni di fasce sempre più limitate e deboli mentre il welfare aziendale cresce ma riguarda ancora poche persone. Nel mezzo, tra questi due estremi, c’è uno spazio enorme. Ci sono i bisogni di tantissimi cittadini cui dare risposte. Come stiamo provando a fare a Tradate». L’ambito distrettuale di Tradate, con i suoi 56mila residenti in provincia di Varese, è il laboratorio in cui Cgm sta sperimentando la sua idea di welfare. In accordo con il Comune, a ottobre, è stata inaugurata una piattaforma digitale che offre un ampio ventaglio di servizi a tutta la cittadinanza. Gli abitanti scelgono e poi pagano di tasca propria oppure, se ne hanno diritto, usufruiscono del welfare pubblico o aziendale. Per Tombari, «è un ottimo modo per ampliare le opportunità di tutti, ma senza il welfare aziendale non so se ci saremmo arrivati».
A Piazzola sul Brenta stanno seguendo una strada simile. Il servizio per i buoni spesa è partito rapidamente perché numerose realtà del territorio, tra cui il Comune, la cooperativa Jonathan, il Consorzio Veneto Insieme e Confcooperative Padova, lavorano da tempo al progetto Welfare Bene Comune. L’idea, anche qui, è unire welfare pubblico, aziendale e territoriale. «Per questo, abbiamo adottato la piattaforma di Cgm», racconta Ranzato. Tra le numerose ragioni della scelta, spiccano la qualità dei servizi alla persona, la capacità di dialogare con il pubblico, la possibilità di valorizzare gli esercenti locali e, soprattutto, le occasioni di crescita per le imprese sociali del territorio. «A Cgm paghiamo solo un canone annuale e, poi, tutti i contratti che stipuliamo con le aziende vanno a beneficio di noi cooperative locali. Con un provider profit difficilmente si potrebbe fare lo stesso». È un aspetto importante, soprattutto se si guarda al difficile periodo economico che seguirà la fase più acuta della pandemia. Il Coronavirus, che ha rimandato l’imminente avvio di Welfare Bene Comune, inciderà fortemente sulla cooperazione sociale. Secondo Bandera, il processo di ingresso del Terzo Settore nel mondo del welfare aziendale, già in corso, ora subirà un’accelerazione. «Le organizzazioni non profit però devono stare attente a non schiantarsi. Alcune sono tecnologicamente all’avanguardia, ma molte non erano pronte e ora stanno correndo per creare strumenti adeguati. Dovranno imparare ad usarli: è un’occasione da non perdere»
Questo articolo è comparso sulla versione cartacea di Corriere Buone Notizie del 28 aprile 2020 in una versione legermente diversa, pubblicata a seguito di un problema editoriale. La versione sopra riportata, ripubblicata anche sul sito del Corriere, è quella corretta.