Il 30 aprile ha segnato il termine della prima annualità del progetto “Intrecci solidali”, iniziativa triennale finanziata nell’ambito del Bando Cantiere Nuovo Welfare 2015 promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (e di cui Secondo Welfare si era occupato in questo articolo). Il progetto è stato il frutto di un importante lavoro di co-progettazione fra soggetti pubblici e privati del territorio. Enti pubblici sono il soggetto capofila, il Consorzio per i Servizi Socio Assistenziali del Monregalese (C.S.S.M.) in qualità di Ente Gestore delle funzioni socio-assistenziali di 28 Comuni del basso cuneese e i cinque Comuni capofila di Distretto (Mondovì, Villanova Mondovì, San Michele Mondovì, Carrù e Dogliani); enti privati sono invece alcune cooperative sociali del territorio (Animazione Valdocco, Caracol, Il Melograno, Nuova Socialità, Animazione e Territorio), l’Agenzia Formativa Forcoop e la Caritas Diocesana.
Una rete territoriale per il contrasto alla povertà
L’iniziativa intende affrontare una problematica, spesso sommersa ma di forte rilevanza territoriale, che è quella delle “nuove povertà”: fascia grigia, con caratteristiche non omogenee e pertanto difficilmente intercettabili, composta da un sempre maggior numero di persone non avvezze a chiedere aiuto e che per vergogna non si rivolgono ai Servizi Sociali (anche noti come new to need). I “nuovi poveri” sono persone che, a causa del perdurare della crisi economica, della perdita di lavoro magari associata ad un divorzio, si trovano a vivere in una nuova condizione di fragilità sociale che, se non repentinamente supportata, rischia di cronicizzarsi. Tali nuove dinamiche impongono un cambiamento di visione del problema e hanno sollecitato nella rete progettuale la ricerca di soluzioni capaci di innovare i modelli di intervento “classici” e di strumenti che adottino una prospettiva integrata tra tutti i soggetti strategici del territorio monregalese al fine di promuovere una cultura di cittadinanza attiva e di Welfare di Comunità, che permetta il superamento di interventi puramente assistenzialistici.
Due gli obiettivi specifici e le aree di intervento:
1. intercettare i nuclei “vulnerabili”, cioè a rischio di scivolamento in condizioni di povertà cronica, al fine di costruire percorsi di autonomia che contemplino l’impiego di strumenti innovativi in una logica di restituzione sociale (ambito case management).
2. potenziare le collaborazioni già in atto tra i diversi attori del settore sociale e favorire sinergie con le aziende al fine di creare nuovi modelli di intervento in un’ottica di welfare di secondo livello (ambito network management).
La prima annualità di progetto, avviata a marzo 2016, si è conclusa lo scorso 30 aprile. Tempo di bilancio, dunque, e di confronto tra gli attori monregalesi coinvolti, al fine di approfondire criticità incontrate, strategie di risoluzione e proposte di sviluppo per le prossime due annualità che si concluderanno a dicembre 2018. I momenti individuati per tale condivisione sono stati – oltre alle previste riunioni della governance del progetto (Equipe Nuove Povertà- area case management, Equipe Animazione Territoriale – area network management, Comitato Esecutivo, Assemblea dei Partner) e agli incontri di con l’ARS (Associazione per la Ricerca Sociale), incaricata del monitoraggio – il Convegno del 24 marzo 2017 organizzato nell’ambito delle attività del progetto ed il seminario “Fronteggiare le fragilità” promosso dalla Fondazione CRC il 26 Maggio scorso.
Il convegno “Percorsi di nuovo welfare per nuove povertà”, svoltosi lo scorso 24 Marzo presso il Teatro Garelli del Comune di Villanova Mondovì, è stato pensato come un momento di riflessione condivisa e aperta a tutti i soggetti a vario titolo interessati e coinvolti nelle tematiche inerenti i percorsi di nuovo welfare, percorsi finalizzati a ricondurre all’autonomia i soggetti fragili ed a potenziare le reti locali di aiuto e solidarietà. La mattinata ha visto l’intervento di diversi relatori (Nadia Lambiase, collaboratrice Scuola di Economia Civile; Walter Nanni – sociologo Ufficio Studi Caritas Italiana; Ennio Ripamonti, psicosociologo Metodi-Università Milano Bicocca) che hanno affrontato la tematica delle nuove povertà da una pluralità di punti di vista, e la testimonianza di Livio Bertola, presidente nazionale AIPEC, associazione che raduna le imprese che aderiscono al progetto dell’economia di comunione. Il pomeriggio invece ha offerto la possibilità di partecipare a tre workshop tematici: Esperienze di welfare e municipalità (Ennio Ripamonti), Nuove povertà. Azioni di sistema e approcci multilivello per contrastare le nuove povertà del territorio (Walter Nanni), Attivare e Attivarsi. Rimettere al centro persona e territorio nella ricerca del lavoro (Elena Antoniazzi).
Il successivo seminario “Fronteggiare le fragilità” è stato invece organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo in collaborazione con l’IRS (Istituto per la Ricerca Sociale) e i partenariati dei progetti finanziati nell’ambito del Bando “Cantiere Nuovo Welfare – Misura A”, e ha rappresentato un momento di confronto su alcune esperienze di innovazione dei servizi sociali in provincia di Cuneo.
Tempo di bilancio…
Per quanto riguarda lo specifico del progetto “Intrecci Solidali”, sono state condivise le innovazioni di processo e di prodotto realizzatesi nel primo anno:
• adozione di strumenti partecipativi: un avviso pubblico per la co-progettazione ed un accordo di collaborazione per l’attuazione del progetto,
• l’individuazione di un nuovo target di riferimento: target nuovo e pertanto difficile da intercettare ma con risorse potenziali da valorizzare per il recupero all’autonomia;
• la sperimentazione di interventi innovativi, quali il coaching di finanza domestica,(azione di supporto alla gestione familiare per ottimizzare l’impiego delle proprie risorse come antidoto alla crisi) ei percorsi di prossimità (attività di volontariato in contesti socializzanti come forme di restituzione sociale alla collettività al fine di costruire reti di sostegno).
Questi ultimi, gli interventi innovativi, vengono predisposti congiuntamente e monitorati/rimodulati da parte di un’equipe pubblico-privata (l’equipe “Nuove povertà”) che ha introdotto il principio della condizionalità del sostegno economico in una logica di superamento dell’assistenzialismo. Ultimo aspetto di innovazione, ma non per importanza, la formazione congiunta rivolta agli operatori pubblici e privati coinvolti nella realizzazione del progetto per introdurre e condividere strumenti di lavoro comuni proprio nell’ambito dell’economia domestica.
Molteplici le sfide che i partner hanno dovuto fronteggiare durante il primo anno: dalla complessità della fase di avvio, che ha comportato un allungamento dei tempi previsti e che è stata affrontata con un intenso lavoro dei vari livelli di governance e l’adozione di nuovi strumenti amministrativi, alla criticità nella definizione del target, che ha portato ad una revisione dei criteri di accesso, in termini ampliativi, dopo tre mesi dall’avvio della raccolta delle domande; dalla delicata integrazione tra prassi operative pubbliche e private, su cui si è in costante confronto per la ricerca di soluzioni efficaci, alla prevedibile resistenza al cambiamento sia interna alle stesse organizzazioni sia esterna nella sensibilizzazione dei territori finalizzata alla creazione di nuove modalità di welfare di comunità.
La complessità degli elementi sopra riportati non ha scoraggiato la rete di attori coinvolti nella realizzazione del progetto che, a fronte di un impegno iniziale decisamente superiore a quanto previsto in fase progettuale e un conseguente incremento di risorse di cofinanziamento in termini di ore personale, ha continuato a credere nel progetto e nella sua buona riuscita. E i risultati positivi non si sono fatti attendere: la stipula di un numero di “patti di cittadinanza” superiore a quelli previsti (i patti sono i “contratti” che definiscono le tipologie di interventi e gli impegni assunti da parte dei beneficiari); l’effettivo ritorno all’autonomia da parte di alcuni dei nuclei seguiti grazie alla riattivazione delle capacità personali residue; una prima sensibilizzazione della comunità locale orientata alla creazione di diverse opportunità collegate alle diverse specificità territoriali.
Le idee per il futuro
Quali dunque le prospettive di sviluppo per le prossime due annualità di progetto? Nell’ambito del case management si insisterà sia sul potenziamento delle “antenne territoriali” sia sul consolidamento delle prassi operative sperimentate in un’ottica di contaminazione trasversale tra le diverse organizzazioni e tra i diversi servizi dello stesso ente. Per “antenna territoriale” – come ben descritto dal Direttore del C.S.S.M., Daniela Cusan – si intende “l’amministratore, l’operatore sociale o il volontario che [venuto] a conoscenza di una situazione di difficoltà venutasi a creare a fronte della crisi e che ha comportato la perdita di stabilità socio-economica di un nucleo o di un singolo, può segnalare e fungere da soggetto facilitatore per accompagnare la persona nell’iter di partecipazione al progetto”.
Per quanto riguarda il network management, consapevoli che è un cambiamento di mentalità che richiede tempi sicuramente più lunghi, occorrerà partire da un allargamento del coinvolgimento della cittadinanza, delle amministrazioni e delle aziende sensibili al fine di favorire la nascita di percorsi territoriali di collaborazione per rispondere ai bisogni legati al fenomeno delle nuove povertà in un’ottica di continuità e sostenibilità. Elemento di coordinamento dell’area network è l’Equipe “Animazione Territoriale”, che proseguirà con la sua importante funzione di sensibilizzazione del tessuto imprenditoriale locale e, in stretto contatto con i Comuni, supporterà la fase di avvio di forme di sperimentazione di partenariato pubblico-privato.