Cosa ne sarà del welfare aziendale? Come vi abbiamo raccontato nei mesi scorsi, la Legge di Bilancio 2024 ha aumentato anche per quest’anno la soglia di defiscalizzazione e ampliato le possibilità di spesa per i fringe benefit1, cioè quell’insieme di sostegno al reddito di lavoratori e lavoratrici che prevede specifici benefici fiscali per le imprese che li erogano. Nello specifico, per l’anno in corso la soglia di defiscalizzazione dei fringe è stata infatti aumentata a 2.000 e 1.000 euro in base alla presenza o meno di figli a carico, mentre tra le nuove voci di utilizzo ci sono bollette, affitti e mutui in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente (art. 51 TUIR). Si tratta però, ancora una volta, di una norma transitoria valida solo per l’anno in corso.
Di recente, inoltre, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con un chiarimento che specifica che le aziende che vogliono fare welfare possono investire anche sul fronte della mobilità sostenibile. Sulla base di una Risposta data ad un’azienda, l’Agenzia ha stabilito che una serie di misure che interessano gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti – effettuati attraverso strumenti legati alla mobilità sostenibile messi a disposizione tramite una app – possono infatti godere di benefici fiscali e rientrare nei piani di welfare promossi dalle imprese.
Nonostante siano novità che vogliono ampliare le possibilità di manovra delle aziende in ambito welfare, questi mutamenti continui e temporanei della normativa rischiano di essere un serio problema per tante organizzazioni che hanno invece bisogno di stabilità regolativa per poter programmare le proprie attività. Per questo abbiamo intervistato alcuni esperti di questa materia per cercare di capire cosa potrebbe avere intenzione di fare il Legislatore nel prossimo futuro e quali sono le novità che attendono il welfare aziendale. Sotto la lente di ingrandimento c’è soprattutto la Riforma Fiscale che dovrebbe prendere forma nei prossimi mesi.
La centralità del welfare aziendale per il Legislatore
Gianpaolo Sbaraglia, associato Studio e-IUS Tax&Legal, è sicuro nel dire che il welfare aziendale rappresenta una tematica chiave per il Legislatore. “Sicuramente negli ultimi anni si è registrato un cambiamento di rotta da parte del Legislatore che ha dato molta attenzione al welfare aziendale e ai fringe benefit”, spiega, “i quali sono divenuti strumenti importanti per il sostegno al potere di acquisto dei dipendenti soprattutto con l’aumento dell’inflazione”.
Sbaraglia ha ricordato alcuni degli ultimi provvedimenti in tal senso: “si è arrivati nel 2023 a 3.000 euro per i dipendenti che hanno figli a carico. Nel 2024 invece la soglia è aumentata a 1.000 per chi non ha figli e 2.000 per chi ha figli a carico. Inoltre l’esenzione non riguarda più solo beni e servizi ma anche bollette, mutui e canoni di locazione sulla prima casa. Il Legislatore sta andando nella direzione di dare attuazione a politiche di sostegno al reddito per i dipendenti attraverso leva fiscale e contributiva, cercando di dare un aiuto concreto anche per situazioni complesse legate all’aumento del costo della vita”.
Welfare aziendale, il dibattito deve andare oltre i fringe benefit
In questo senso sarà probabilmente la Riforma Fiscale a portare novità concrete alla normativa sul welfare aziendale e dare nuove opportunità di lungo periodo alle imprese e alle parti sociali. “La Legge Delega ha un obiettivo chiaro: riordinare i redditi da lavoro dipendente e i loro criteri di determinazione attraverso la semplificazione delle soglie di esenzione riservate al welfare e ai fringe benefit. Questo salvaguardando e sviluppando cinque possibilità in ottica di welfare: mobilità sostenibile, efficientamento energetico, solidarietà sociale, bilateralità, sanità integrativa e previdenza complementare“, ricorda Sbaraglia.
Il ruolo del welfare aziendale nella Riforma Fiscale
Come vi abbiamo raccontato lo scorso anno, la Legge delega sulla Riforma Fiscale chiarisce – all’interno dell’articolo 5 – che la normativa sul welfare aziendale sarà ampliata e rafforzata. Le prime bozze dei decreti attuativi della Legge che stanno circolando tra gli addetti ai lavori al momento non appaiono particolarmente chiare sul punto.
A spiegarlo è Diego Paciello, responsabile dell’area fiscale, welfare, compensation & benefit dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo e Soci. “Nelle prime versioni della Legge delega sulla Riforma Fiscale si parla di un possibile limite al favor fiscale per le quote di welfare aziendale per chi ha reddito lordo di 80.000 euro, il medesimo previsto per i premi di risultato, con importi di welfare superiori a 2.000 euro. Ma si tratta solo di versioni preliminari che sono destinate a cambiare”.
“Credo che ci saranno degli interventi relativi all’articolo 51 del TUIR”, continua Paciello. “Ma non ritengo che ci sarà uno stravolgimento. L’obiettivo del Legislatore è infatti quello di dare nuove possibilità alle imprese che investono nel welfare, allargando gli spazi di manovra per quanto riguarda la previdenza, la sanità, la mobilità sostenibile. Sarà quindi un intervento espansivo”.
Secondo Paciello si è arrivati a un punto per cui il welfare è divenuto imprescindibile per tante imprese e il Legislatore deve muoversi di conseguenza. “Oggi è chiaro che il welfare è uno strumento strategico per le imprese, soprattutto in un’ottica di retention e attrazione. Il welfare non ha più solo finalità solidaristiche ma è un’opportunità per attrarre e trattenere le persone in azienda, a costi inferiori di quelli della componente monetaria della retribuzione. Si tratta di un’esigenza sentita da molte imprese; ci sono sempre più realtà – anche grandi e blasonate e che garantiscono stipendi e benefit di valore non trascurabili – che fanno fatica a trovare persone qualificate”. In questo senso “il welfare è sempre più apprezzato e presente nelle organizzazioni perché fa leva sul benessere in tutte le sue forme: dalla sanità alla palestra, dalla conciliazione vita-lavoro ai servizi, fino al tempo libero. Offre possibilità per tutti, indipendentemente dall’età o dalla situazione personale e familiare”.
Ci saranno possibilità di valorizzare il welfare “nobile”?
Per certi versi però questa varietà di servizi e benefit che rientrano tutti all’interno della normativa rischia di generare ulteriore confusione. Seppur vero che oggi tante organizzazioni non possono più fare a meno di questi strumenti, il fatto di racchiudere così tante cose sotto il concetto di welfare è un rischio. Ad esempio, parlare di welfare e di fringe benefit non è la stessa cosa. E anche il Legislatore dovrebbe tenerne conto in vista di interventi di grossa portata sulla normativa. Come abbiamo spesso sottolineato, frequentemente i fringe divengono una forma di “compensazione” della retribuzione piuttosto che un’occasione per accedere a servizi di natura sociale, assistenziale o di cura.
Questo non è welfare aziendale: una riflessione sui fringe benefit a 3.000 euro
Lo sostiene anche Jorge Torre, responsabile Contrattazione sociale e rapporto con il welfare contrattuale di CGIL Nazionale. Secondo Torre, “questa eccessiva valorizzazione dei fringe benefit, spesso chiamati dallo stesso legislatore ‘welfare aziendale’, sta creando dei danni culturali perché spinge a pensare il welfare come elemento solo monetario. Oggi tanti lavoratori e lavoratrici pensano che il welfare siano solamente buoni spesa e buoni acquisto”. Questa però è “una visione riduttiva, anche se è comprensibile: negli ultimi anni si è parlato solamente di questi strumenti e non degli strumenti “nobili” che possono dare risposte concrete ai bisogni sociali delle persone. Per questo ritengo che siano prevalentemente utilizzati in ragione dei vantaggi fiscali“.
“Dal mio punto di vista, nel momento in cui parliamo di welfare aziendale dobbiamo parlare di strumenti concordati e condivisi, in grado di generare impatto sociale. Per questo è necessario trovare nuovi modi per creare sinergie con il sistema dei servizi territoriali. Quando parliamo di welfare parliamo di assistenza, cura, sanità, previdenza. Per dare la giusta importanza a questi temi dobbiamo valorizzare il rapporto tra il welfare integrativo e il welfare pubblico universale”.
In questa direzione la chiave di volta è il lavoro sul territorio. Solo costruendo reti e sistemi collaborativi a livello locale, in grado di coinvolgere i sistemi di welfare e le parti sociali, si potrà davvero valorizzare la componente sociale del welfare aziendale (per approfondire). “Ora però serve chiarezza da un punto di vista normativo e, soprattutto politico”, conclude Torre. “Il Governo deve essere chiaro e deve confrontarsi con le parti sociali, perché solo dialogando con chi lavora sul campo tutti i giorni si riesce davvero a capire come funzionano le cose”.
Ora non resta che vedere se la Riforma Fiscale sarà concretamente oggetto di confronto in tema di welfare aziendale e, soprattutto, quali saranno i temi che il Legislatore prenderà in considerazione nello sviluppo della nuova normativa in materia.
Note
- Tra le formule più comuni ci sono card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e buoni benzina.