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Il mercato del welfare aziendale è in continuo cambiamento. Su queste pagine vi raccontiamo continuamente di come operatori e provider di welfare aziendale giochino un ruolo cruciale per le imprese che investono nei servizi e benefit di welfare. Nel 2019 abbiamo anche dedicato un capitolo del nostro Rapporto biennale a questo tema, proponendo una ricerca originale realizzata in collaborazione con AIWA, l’associazione italiana che riunisce i principali operatori del welfare aziendale.

Come noto, questo particolare mercato è popolato da società – anche molto diverse tra loro – che mettono a disposizione delle imprese (tra le altre cose1) delle piattaforme digitali che consentono poi ai lavoratori di accedere a beni e servizi previsti dalla normativa. In estrema sintesi, questi portali facilitano l’intermediazione tra domanda e offerta di prestazioni di welfare aziendale, agevolando così il lavoro delle imprese nell’individuazione dei fornitori e semplificando la fruizione dei servizi da parte di lavoratori e lavoratrici.

Nel corso degli ultimi due anni si stanno affacciando in questo mercato nuovi soggetti che non fanno della piattaforma il loro core business. Si tratta in particolare di società cosiddette FinTech, cioè che forniscono prodotti e servizi finanziari attraverso le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Cerchiamo di capire insieme cosa fanno e come operano.

Le esperienze di Tundr e Ollipay

Questi operatori mettono quindi a disposizione di imprese e lavoratori strumenti “alternativi” per veicolare e utilizzare il credito welfare, e in particolare quello riguardante i fringe benefit2.

Ollipay, realtà nata dal provider di welfare aziendale Well-Work, ha ad esempio scelto di utilizzare una app come strumento per rendere direttamente spendibili proprio i fringe. Attraverso Ollipay, questa quota del welfare può essere spesa presso attività e servizi di prossimità, anche allo scopo di valorizzare i circuiti commerciali locali piuttosto che le sole catene della grande distribuzione o piattaforme di e-commerce come Amazon o eBay.

Una nuova app per usare i fringe benefit sul territorio

Accedendo all’applicazione i dipendenti possono conoscere il loro credito e capire dove è possibile spenderlo. Nell’app si può trovare una serie di attività commerciali già selezionate, ma è possibile anche far convenzionare un esercente di fiducia. E, dato che si tratta di fringe benefit, può essere un’attività di qualsiasi tipo: dal panettiere, al macellaio, dal tabaccaio al piccolo alimentari, fino all’elettricista, il parrucchiere o l’idraulico. Si tratta quindi di un sistema di pagamento digitale molto simile ad app già presenti sul mercato – il più noto è probabilmente Satispay – ma è rivolto specificamente ai dipendenti delle imprese che fanno welfare aziendale attraverso i fringe benefit.

Come ci ha detto Marco Milanesio, CEO e fondatore di Well-Work, “Ollipay nasce per una duplice volontà. La prima è quella di andare a proporre una novità nel mercato delle piattaforme per la gestione del welfare aziendale, superando allo stesso tempo le soluzioni cartacee di voucher multibrand, obsolete e dalla gestione macchinosa. La seconda è quella di favorire i piccoli esercizi commerciali e artigianali del territorio, tradizionalmente esclusi dal mondo dei fornitori che beneficiano, direttamente o indirettamente, delle ricadute del welfare aziendale”.

Un altro esempio arriva dall’esperienza di Tundr, realtà che ha fatto il suo ingresso sul mercato all’inizio del 2022 con TundrMove, un voucher destinato alle imprese che vogliono incentivare l’utilizzo di mezzi di mobilità sostenibile per i propri collaboratori.

Oggi Tundr – che si definisce un “abilitatore” – ha ideato una Smart Card per i fringe benefit attraverso la quale i lavoratori e le lavoratrici possono acquistare beni e servizi presso tutti gli esercenti e i fornitori che utilizzano un sistema di pagamento elettronico. Attraverso una card quindi, Tundr rende i fringe spendibili all’interno di un circuito di produttori e rivenditori.

Tundr, la piattaforma di welfare aziendale che punta sulla sostenibilità

L’intento è anche quello di valorizzare, attraverso una apposita app, i fornitori attenti alla sostenibilità. Come sottolineato da Giorgio Seveso, CFO e co-founder di Tundr, “i nostri valori sono orientati alla creazione di una community che crede nella sostenibilità e nell’inclusione. Vogliamo avere un impatto positivo su tutte le parti coinvolte, attraverso un ecosistema sinergico. Per questo abbiamo adottato una Responsible Supply Chain Policy che stabilisce i parametri di sostenibilità per ogni fornitore e il relativo impegno nel nostro ecosistema”.

Il caso di Coverflex

Nelle ultime settimana è arrivata in Italia una nuova società FinTech che si occupa di welfare aziendale: Coverflex. Si tratta di una startup portoghese nata nel 2021 che ha scelto il nostro Paese come secondo mercato. Secondo Chiara Bassi, Country Manager per l’Italia di Coverflex questo perché “in Italia il mercato del welfare aziendale è un terreno molto fertile ma largamente non coltivato: basti pensare che, rispetto solo ai buoni pasto, sono poco più di 3 milioni i lavoratori che li utilizzano ogni giorno a fronte di un potenziale di cinque volte maggiore. Quindi la maggioranza dei possibili fruitori non ne gode ancora, con conseguenze negative sulla soddisfazione e sul benessere del dipendente, e un sistema welfare potenzialmente molto valido che rischia di rimanere inespresso”.

Chiara Bassi, Country Manager per l’Italia di Coverflex.

Per Coverflex lo strumento principale con cui veicolare l’offerta di welfare è quello della Coverflex Voucher card: i lavoratori e le lavoratrici ricevono una carta acquisti che permette di comprare beni e servizi presso negozi fisici o online. La particolarità sta nel fatto che questa carta può essere utilizzata contemporaneamente per i buoni pasto, per i fringe benefit e per il resto delle prestazioni di welfare previste dalla normativa3.

La nostra card”, prosegue Bassi, “è come un portafoglio con delle tasche differenti che non comunicano tra loro. Ce n’è una per i buoni pasto, una per i fringe e una per i flexible benefit (cioè tutti i servizi e le prestazioni che a livello normativo rientrano nel concetto di welfare aziendale, ndr). Inoltre c’è la possibilità per i dipendenti di caricare autonomamente dei crediti personali per integrare le transazioni dei buoni pasto ed evitare code in cassa e transazioni multiple”.

In questo modo cerchiamo di fornire alle imprese un unico interlocutore per la gestione di tutti i principali benefit previsti dalla normativa. Per noi tutti questi elementi sono fondamentali per costruire delle risposte di welfare a 360°. E questo può essere fatto proponendo alle persone uno strumento semplice, un’esperienza immediata e una grande rete di accettazione che consenta un reale utilizzo dei benefit”, continua Bassi.

La card e il sistema di convenzionamento

Insieme alla card, Coverflex mette a disposizione di impresa e dipendenti anche un app. “Si tratta di una dashboard che, lato azienda, permette di allocare, monitorare e rendicontare i budget concessi ai dipendenti e di un’app per il dipendente per monitorare le soglie, gestire la propria card, caricare rimborsi e utilizzare sconti“.

Per essere conforme alla normativa deve esserci infatti un rapporto di convenzionamento tra il provider e il fornitore. “Questo è necessario nel caso dei buoni pasto: il nostro servizio è attivo tanto nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata, ndr) quanto nei piccoli ristoranti o esercizi di quartiere, nelle catene della ristorazione, catering, gastronomie e servizi di delivery. Non solo nelle grandi città, ma anche nelle periferie di tutta Italia.

Anche per la parte di fringe benefit e di prestazioni di welfare il sistema di Coverflex richiede un accordo, che è però meno complesso di quello riguardante i buoni pasto. “Per la natura della tecnologia che abbiamo sviluppato, ci è possibile già mettere a disposizione dei nostri clienti un ampio network di servizi e prodotti per il welfare. E, dato che si tratta di un accordo più semplice rispetto a quello per i buoni pasto, se un lavoratore vuole convenzionare un nuovo esercente, ma anche una cooperativa sociale o un’associazione sportiva, può farlo: il nostro sistema impiegherà 24 ore per la conferma”.

Il team di Coverflex Italia

Perciò il sistema di pagamento della card non è quello che in gergo si definisce “open loop”, cioè aperto a qualsiasi tipo di attività commerciale. Deve esistere un rapporto contrattualizzato tra quest’ultima e l’operatore di welfare aziendale. “Per questo”, conclude Bassi, “abbiamo portato in Italia un sistema a zero commissioni per gli esercenti che accettano i nostri buoni pasto e servizi welfare, creando un sistema sostenibile per le attività commerciali e anzi, generando loro dei volumi aggiuntivi particolarmente apprezzati soprattutto in un momento di inflazione come questo. Puntiamo molto sulla facilità di spesa dei benefit offerta dall’azienda perché riteniamo che – per essere un valore aggiunto – debbano poter rispondere alle effettive necessità del dipendente, che possono andare dalla vacanza alla seduta con lo psicologo, dai servizi per chi ha figli fino ai buoni per la spesa“.

Un mercato giovane e in fermento

Come dimostra l’esperienza di queste FinTech, il mercato del welfare aziendale mostra ancora fermento e vitalità. Il caso di Coverflex, in particolare, mette in evidenza come stiano nascendo nuove soluzioni e nuovi strumenti per sostenere le imprese che vogliono fare welfare, ma anche i lavoratori e le lavoratrici che ne beneficiano.

Grazie alla tecnologia si stanno sviluppando infatti nuove possibilità, che possono comunque essere integrate alle più “classiche” piattaforme, che rendono più semplice spendere il credito welfare, e specialmente quello riguardante la quota dei fringe benefit4. E questo non è “solo” una comodità per lavoratori e lavoratrici: può divenire un’opportunità per garantire la spendibilità del welfare all’interno del territorio, andando così ad alimentare una “filiera corta” che predilige dei fornitori di beni e servizi a Km0. In questo modo, le risorse messe a disposizione delle imprese “restano” sul territorio, alimentando un circuito virtuoso per l’economia locale.

Al tempo stesso, è fondamentale ricordare che – quando si parla di welfare aziendale – non ci si deve fermare allo strumento. Dalle piattaforme ai voucher, dalle card alle app: ogni proposta ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Il valore reale del welfare aziendale si manifesta quando questo risponde a esigenze legate alla dimensione della sostenibilità e ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance).

Storie di welfare aziendale “a filiera corta”

Come abbiamo sottolineato più volte, questo sta a significare – in primo luogo – mettere al centro della fornitura di welfare le prestazioni di natura sociale. Per quanto riguarda l’operato dei provider e delle piattaforme ciò potrebbe voler dire incentivare e facilitare (per quanto possibile) la fruizione dei servizi (come quelli rivolti all’infanzia e alla cura e all’assistenza di familiari disabili e non autosufficienti), ponendo un’attenzione sempre maggiore alle filiere locali, composte molto spesso da piccole realtà con un forte ancoraggio territoriale,  come ad esempio le cooperative sociali.

Al contempo è fondamentale che l’operatore proponga altre azioni che possono avere una concreta ricaduta sociale per azienda e dipendenti. Ci sono molti esempi in questa direzione: dall’analisi dei bisogni di lavoratori e lavoratrici alla formazione, dall’orientamento all’ascolto delle persone, fino alle proposte di flessibilità organizzativa e smart working.

Nelle prossime settimane continueremo ad approfondire l’evoluzione del mercato del welfare aziendale, concentrandoci proprio su alcune realtà che forniscono questo tipo di offerta a imprese e provider.

 

Note

  1. Accanto a servizi come analisi dei bisogni, consulenza fiscale, consulenza giuslavorista, monitoraggio del piano welfare, rendicontazione rispetto all’utilizzo delle prestazioni, comunicazione interna ed esterna, ecc.
  2. Misure che riguardano una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. Tra le formule più comuni ci sono: card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e i buoni benzina.
  3. Dalla previdenza complementare alla sanità integrativa, dai rimborsi per le spese di istruzione dei figli ai quelli per la cura e l’assistenza di familiari anziani o non autosufficienti, dalle spese per il tempo libero a quelli per la mobilità e la formazione (così come previsto dall’articolo 51 del TUIR).
  4. Si tratta di una questione rilevante perché dal 2020 ci sono stati interventi normativi finalizzati a innalzare la soglia dei fringe, anche se sempre in modo temporaneo. La soglia è stata raddoppiata – sempre con scadenza entro l’anno di riferimento – nel 2020 e nel 2021; poi, nel 2022, è stata alzata prima a 600 euro e, successivamente, a 3.000 euro. Nel 2023 è stata portata a 3.000 euro, ma solo per chi ha figli.