La crisi economico-finanziaria dell’ultimo decennio ha stimolato l’ingresso di attori sociali inediti nell’arena del welfare, tra cui le aziende. Molti Stati europei, come l’Italia, hanno interpretato positivamente l’impegno di tali nuovi attori nel promuovere il benessere di cittadini e cittadine e nel corso degli anni si sono dotati di norme finalizzate a sostenere le iniziative di welfare aziendale, principalmente attraverso incentivi fiscali.
Recentemente anche le Regioni hanno inaugurato politiche che, con diversi strumenti, mirano a promuovere il welfare aziendale a livello locale (si veda, ad esempio, il caso della Lombardia). Tale sostegno pubblico non ha solo ragioni economiche, ma deriva dal riconoscimento della capacità di questi interventi di farsi carico di alcuni bisogni sociali vecchi e nuovi a cui il welfare pubblico non riesce a rispondere, come ad esempio la conciliazione vita-lavoro.
Dal welfare aziendale al welfare territoriale
Le strategie regionali mirano a stimolare la diffusione del welfare aziendale tra le imprese del territorio e, sempre più spesso, a promuovere interventi in grado di incidere anche al di fuori delle aziende. L’apertura del welfare aziendale al territorio può determinare vantaggi di tipo economico per le imprese. Esse, in un’ottica di risparmio e utilizzo appropriato delle risorse a disposizione, possono porsi alcune domande: quali risorse e servizi sono già presenti sul territorio? Quali attori pubblici e privati possono essere coinvolti in un’azione di welfare che risponda alle esigenze della popolazione aziendale? In questo senso il welfare territoriale può rappresentare anche un terreno di sviluppo per le PMI. Tali realtà produttive, che rappresentano oltre il 95% del tessuto imprenditoriale italiano (dati Istat 2017), incontrano infatti maggiori difficoltà nella realizzazione di piani di welfare aziendale a causa della mancanza di strutture organizzative specializzate o del ristretto numero di dipendenti.
L’apertura territoriale del welfare aziendale rappresenta infine uno strumento al servizio della Responsabilità Sociale d’Impresa e, più in generale, dell’equità: l’offerta di servizi sul territorio contribuisce infatti a superare il carattere intrinsecamente non universalistico degli interventi di natura aziendale.
Il caso piemontese
Il Piemonte rappresenta un esempio recente di strategia regionale a sostegno del welfare aziendale; l’iniziativa rientra nell’Atto di Indirizzo “WeCaRe – Welfare Cantiere Regionale. Strategia di innovazione sociale della Regione Piemonte”, DGR n. 22 del 22 maggio 2017. Il documento descrive la declinazione regionale della Strategia Europa 2020, che invita i Paesi membri a promuovere un’idea di crescita fondata sulla stretta interdipendenza tra sviluppo economico, coesione sociale e sostenibilità. Per questo motivo l’Atto si rivolge agli attori tradizionali del welfare ma anche alle aziende, cercando di stimolare la loro partecipazione alla costruzione del benessere sociale, economico e relazionale del territorio.
La misura 4 dell’Atto di Indirizzo si concentra in maniera specifica sul welfare aziendale. L’intervento, attraverso il finanziamento di iniziative virtuose, intende promuovere sul territorio regionale la conciliazione tra vita professionale e vita privata (attraverso, in particolare, una maggior flessibilità oraria) e facilitare la collaborazione tra soggetti pubblici e privati nell’erogazione di servizi integrati. La misura intende quindi favorire l’offerta di beni e servizi e la sperimentazione di modelli di organizzazione del lavoro che migliorino il benessere di lavoratori e lavoratrici. La proposta, rivolta in maniera specifica alle PMI (max 250 dipendenti), si propone di incentivare la costituzione di reti e partnership allo scopo di aumentare l’estensione dell’intervento e arrivare a coinvolgere non solo i dipendenti, ma anche le persone e le famiglie che vivono nei territori in cui le aziende operano. La partecipazione delle grandi imprese è prevista solo qualora il progetto proposto abbia una forte ricaduta sul territorio e sia condiviso con i Distretti per la Salute e la Coesione Sociale (gli enti territoriali di riferimento delle politiche sociali in Piemonte).
La selezione delle proposte avverrà attraverso una “chiamata di progetti” che permetterà di individuare le progettualità di maggior qualità e coerenza rispetto al bando. Tutte le proposte presentate dovranno rispondere a criteri di sostenibilità, scalabilità e replicabilità nel tempo e dovranno considerare come prioritari i temi dello sviluppo sostenibile, della parità di genere e della non discriminazione. Nella valutazione saranno favoriti i progetti presentati da partenariati ampi, potenzialmente in grado di raggiungere più beneficiari. Saranno inoltre valorizzate altre caratteristiche di particolare rilevanza: l’integrazione con altre azioni e servizi esistenti e il coinvolgimento di soggetti di natura diversa (pubblico, privato e privato sociale). Saranno premiate, infine, le progettualità che riusciranno a superare il carattere non universalistico del welfare aziendale estendendo il loro impatto al di là dei dipendenti delle aziende coinvolte e generando una forte ricaduta sul territorio. Il contributo offerto dalla Regione non potrà coprire i costi di realizzazione dei piani di welfare aziendale, che rimangono a carico delle aziende, ma potrà essere impiegato per finanziare la fase iniziale di progettazione e per sostenere i costi d’avvio del progetto.
La misura, finanziata con 4 milioni di euro provenienti dal Fondo Sociale Europeo (FSE), sarà implementata nel corso del 2018.
Questo articolo è stato pubblicato all’interno del portale Il Punto – Pensioni&Lavoro lo scorso 18 aprile e qui riprodotto previo consenso dell’autrice.