I bambini e i ragazzi non sono al centro dell’agenda politica italiana. Non lo sono in condizioni normali e non lo sono, purtroppo, neanche durante questa emergenza. Eppure stanno pagando a caro prezzo le conseguenze della crisi sanitaria in atto, essendo confinati in casa ormai da tempo. Con la chiusura delle scuole che, a seconda dei territori, perdura già da 6/8 settimane ed è destinata a prolungarsi, i bambini (soprattutto quelli più piccoli che difficilmente riescono a mantenere legami e relazioni ricorrendo alle nuove tecnologie) hanno perso molti punti di riferimento.
La loro routine è sconvolta, sono lontani dagli amici, non possono giocare o fare sport all’aperto, sono lontani dai nonni, non hanno più contatti diretti con insegnanti ed educatori. Sono soli in casa con i genitori che, nella migliore delle ipotesi, lavorano in smart working (con tutte le difficoltà, lo stress e la frustrazione che deriva dal lavorare in casa quando in casa ci sono dei bambini) o beneficiano del congedo parentale, o ancora hanno a disposizione servizi di baby sitting. Ma queste sono le situazioni più fortunate, perché poi ci sono bambini che sono a casa con genitori in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro; con tutto il corredo di paure e preoccupazioni che inevitabilmente accompagna queste situazioni. Ci sono poi genitori che hanno parenti o amici direttamente colpiti dal virus o, peggio ancora, sono loro stessi colpiti e anche in questo caso i bambini sono inevitabilmente sottoposti a carichi di ansia e paura.
E se queste situazioni sono potenzialmente comuni a tutti i bambini, gli scenari diventano più drammatici se pensiamo alla condizione delle famiglie vulnerabili. Avremo allora bambini confinati in case con spazi decisamente inadatti alle loro esigenze di gioco. Bambini che non vanno a scuola e, di conseguenza, non hanno più la possibilità di fare un pasto adeguato almeno una volta al giorno. Bambini che non riescono a seguire la didattica a distanza (per i fortunati che hanno questa possibilità offerta dalla loro scuola) perché non dispongono di PC o Tablet o perché hanno questi strumenti ma non hanno genitori in grado di sostenerli in questa attività che, nel caso dei più piccoli, non può chiaramente essere svolta in autonomia. Nei casi più estremi, ma purtroppo non così rari, i bambini sono costretti a vivere in contesti familiari caratterizzati da violenza domestica, genitori con problemi di depressione, dipendenza o altre forme di disagio che, in una situazione come quella attuale, sono inevitabilmente esasperate.
È uno scenario drammatico e le conseguenze nel lungo periodo del protrarsi di questa situazione sono ad oggi difficilmente immaginabili. Quel che è certo è che le disuguaglianze saranno rafforzate drammaticamente se non si interviene subito mettendo al centro le esigenze di bambini e ragazzi, come auspicato di recente dall’Alleanza per l’infanzia in un comunicato dedicato (ne abbiamo parlato qui).
Bambini e ragazzi, è utile ricordarlo, hanno peraltro già pagato duramente il prezzo della crisi economico-finanziaria del 2008 che ha portato a triplicare la percentuale di minori in povertà assoluta (passati dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018). Ora le conseguenze economiche della crisi sanitaria in atto rischiano di portare a un nuovo esponenziale aumento della povertà infantile. Le famiglie devono allora essere sostenute economicamente. Ma questo non basta, perché la chiusura prolungata delle scuole porta con sè il rischio che aumenti a dismisura il livello di esclusione sociale dei bambini e ragazzi più vulnerabili. Privati dalla possibilità di andare a scuola e di svolgere attività sportive e formative, questi bambini vedono infatti diminuire le loro opportunità di inclusione sociale.
Come è stato notato da Rossi-Doria (si veda qui) con la chiusura delle scuole sono fermi i principali presidi di cittadinanza della Repubblica. Le scuole sono infatti i primi garanti dell’articolo 3 della Costituzione poiché promuovono lo sviluppo di conoscenze condivise attivando la prossimità e la cooperazione, la legalità e il rispetto delle regole, l’inclusione di minori stranieri e con bisogni speciali entro la comunità dei pari, il supporto alle fragilità, la tenuta delle relazioni solidali tra coetanei, tra generi, tra generazioni.
Se viene meno questa rete, inevitabilmente, si indebolisce la coesione sociale e territoriale. In questo quadro, è allora arrivato il momento di mettere al centro bambini e ragazzi e di avviare urgentemente una seria riflessione su come sostenerli nella Fase 2 e 3 di questa crisi. Su questo speriamo di vedere presto segnali positivi dal Governo e dalla Task Force guidata da Vittorio Colao.