Fabrizio Barca, Coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità (FDD), Enrico Giovannini, Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), e Cristiano Gori, Docente di Politica sociale all’Università di Trento, in un comunicato stampa rilasciato il 26 ottobre dal FDD, hanno dichiarato di apprezzare l’annuncio del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in merito al fatto che dopo il DPCM del 24 ottobre, che allarga le misure per il contemimento della pandemia, seguirà in tempi brevi un provvedimento per l’introduzione di misure di indennizzo destinate a tutte le categorie colpite. In particolare, sottolineano i tre, è da apprezzare – come ribadito dalla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo – che tali misure includeranno l’estensione per un mese del Reddito di Emergenza (REM).
Tuttavia, oltre a sottolineare che sarebbe stato opportuno che tutte queste misure fossero state introdotte contestualmente al DPCM, per dare immediate certezze all’intera popolazione, hanno avanzato alcuni rilievi riguardo al REM e invitato a pensare all’introduzione di una specifica misura di sostegno rivolta ai lavoratori autonomi. L’intervento di estensione del REM è infatti particolarmente urgente poiché dal 15 ottobre chi non può accedere ad altri ammortizzatori sociali – la parte più fragile della società italiana – non può più fare domanda per ricevere questo sostegno.
Il REM – proposto a marzo proprio da Barca, Giovannini e Gori – è stato poi introdotto a maggio per assicurare un contributo monetario alle famiglie in grave difficoltà economica e prive di altri sostegni pubblici durante la prima ondata del Covid-19 (ne abbiamo parlato qui). Era una misura temporanea – tre mensilità al massimo – e di importo variabile tra 400 euro mensili per un singolo e 800 per i nuclei più numerosi. Purtroppo, lo hanno ricevuto molte meno persone di quelle previste: 700mila rispetto ai due milioni di individui aventi diritto. Un esito che non ha sorpreso i proponenti: il REM era stato pensato come una misura da ottenere nel modo più semplice e rapido possibile, ma è mancata un’adeguata informazione alla popolazione destinataria della misura e sono state previste procedure molto complesse, che hanno probabilmente scoraggiato molte persone dal presentare la domanda portando nel corso dell’estate il Governo a prevederne un’estensione fino alla metà di ottobre.
La seconda ondata della pandemia sta investendo ora il Paese e i più deboli rischiano nuovamente di doverla affrontare privi di un sostegno pubblico. Per questo, non basta erogare una nuova mensilità a chi ha già iniziato a percepire il REM, ma è necessario e urgente riaprire i termini per la presentazione delle domande almeno fino a fine anno, pronti a nuove estensioni automatiche in relazione alle misure di contenimento che verranno assunte. È inoltre necessario prevedere una semplificazione delle procedure che ne regolano il funzionamento, facendo tesoro dell’esperienza finora maturata e dei suggerimenti formulati proprio dai proponenti già durante il lockdown, in fase di definizione della misura.
Con riferimento poi al complesso e ampio settore del lavoro autonomo, fortemente colpito dalle misure previste dal DPCM di ottobre, sarebbe possibile migliorare la qualità dell’intervento, prendendo in considerazione la proposta di un Sostegno di emergenza per il lavoro autonomo (SEA) avanzata a fine marzo scorso insieme al REM. Questa misura prevede un importo variabile in funzione delle diverse situazioni. In particolare, poiché l’obiettivo è quello di sostenere soprattutto chi è in grave difficoltà, l’ammontare del contributo viene determinato in modo progressivo a seconda delle condizioni economiche del nucleo familiare del lavoratore autonomo. Il SEA punta, inoltre, a mantenere la capacità produttiva del lavoro, per cui il suo valore dovrebbe essere anche parametrato alla perdita di guadagno (in proporzione al proprio volume abituale di attività), così da supportare in misura maggiore chi subisce un danno maggiore.