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L’ultima giornata del Salone del Risparmio, che si è tenuto la scorsa settimana da mercoledì 25 a venerdì 27 presso l’Università Bocconi, ha visto come protagonista un tema a cui Percorsi di Secondo Welfare dedica una significativa attenzione già da tempo: si tratta del fenomeno dell’impact investing.

In particolare ci si riferisce a due incontri: il primo, la mattina, intitolato “Finanza e sviluppo, un connubio necessario”, ha visto la partecipazione di Carlotta De Franceschi (Consigliere economico del Presidente del Consiglio e Presidente di Action Institute), Miguel Poiares Maduro (Ministro per lo Sviluppo Regionale del Portogallo), Klaus Wiener (Chief Economist Generali Investments Europe) e Roberto Reggi (Direttore Agenzia del Demanio); il secondo, tenutosi nel pomeriggio, e presentato con il titolo “Finanza e sviluppo, l’impact investing a servizio dell’economia reale”, ha ospitato gli interventi di Harvey McGrath (Chairman di Big Society Capital), Piero Fassino (Presidente Anci e Sindaco di Torino), Giovanni Gorno Tempini (Amministratore Delegato di Cassa Depositi e Prestiti) e Giuseppe Guzzetti (Presidente Fondazione Cariplo), oltre ad una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Filippo Addarii (Director of the International Strategy, Young Foundation e Co-founder of SmallWorldLabs), Maurizio Agazzi (Direttore Generale Cometa), Luciano Balbo (Presidente e Fondatore di Oltre Venture Capital) e Fabrizio Sammarco (Amministratore Delegato ItaliaCamp).

I due incontri sono stati organizzati da ItaliaCamp che per l’occasione ha svolto il ruolo di content provider di Assogestioni ed entrambi si sono collocati nel solco da già tempo battuto da questa nuova realtà, sempre più impegnata in attività di advocacy a favore dell’impact investing, forte peraltro di una partnership importante con The Young Foundation, da tempo punto di riferimento a livello europeo sul tema. L’intenzione che ItaliaCamp già dallo scorso anno ha dichiarato in occasione della presentazione del suo Piano Advocacy Italia – Economia delle Soluzioni, è quella di “contribuire all’innovazione del processo decisionale con cui assicurare la corretta realizzazione di politiche pubbliche e investimenti privati” e, per quanto abbiamo potuto ascoltare lo scorso venerdì, sembra procedere di buon passo su questa strada. 

Infatti, il dato più importante è che la sua presenza tra gli argomenti trattati al Salone del Risparmio significa che l’impact investing è divenuto oggetto di interesse anche tra coloro che lavorano nell’industria tradizionale del risparmio. Peraltro il numero di partecipanti ai due incontri dedicati all’impact investing documenta che l’idea degli organizzatori ha trovato un importante riscontro anche tra la base, dunque gli operatori dell’industria (SGR, SIM, banche, società di investimento estere, reti di distribuzione, investitori istituzionali e promotori finanziari) e le società di servizi che lavorano a stretto contatto con gli addetti ai lavori, oltre ai rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico e i media. Il numero e la ricchezza degli interventi impediscono una puntuale ed efficace sintesi, tuttavia sembra necessario quantomeno riprendere l’intervento del Ministro per lo Sviluppo Regionale del Portogallo, il quale ha raccontato dei cambiamenti in atto nel suo paese, in buona parte dovuti proprio ad uno spirito riformatore che ha fatto dell’innovazione sociale il proprio paradigma di intervento.


Le ragioni della ripresa portoghese

I dati riportati dal Ministro Miguel Poiares Maduro, soprattutto se paragonati alla stagnazione che sembra ancora caratterizzare il nostro Paese, appaiono sorprendenti. È notizia di qualche giorno fa che la BCE anche per quest’anno ha rivisto al rialzo le stime di crescita del PIL portoghese: ci si aspetta una crescita dell’1,7%, anche se alcuni hanno addirittura ipotizzato un 2%. Ciononostante Maduro ha dichiarato che l’attuale ripresa economica non è ancor del tutto soddisfacente: «sicuramente non deve essere un fattore per ridurre l’impulso riformista che abbiamo avuto in Portogallo negli ultimi tre anni».

Altri dati particolarmente interessanti: nel 2011 il Portogallo si presentava con un deficit vicino all’11%, mentre l’anno scorso era al 3,7%. Quest’anno pare che per la prima volta dopo l’avvento dell’Euro il paese riuscirà a scendere sotto i tre punti percentuali, così da rientrare nei limiti stabiliti a livello europeo. Il tasso di disoccupazione è ancora molto alto (13%) ma nell’ultimo triennio è stato ridotto di più di quattro punti percentuali. Questo sforzo di aggiustamento e consolidamento del bilancio è stato raggiunto in buona parte agendo sulla spesa. Ma è anche dovuto alla crescita del PIL: questo secondo Maduro è il cambiamento più importante occorso in Portogallo negli ultimi anni. Infatti, a testimoniare una trasformazione profonda dell’economia portoghese, l’indicatore più significativo è quello del passaggio dal 28% al 42% di esportazioni sul PIL. Maduro ha insistito su questo dato: dopo 70 anni il Portogallo ha avuto un surplus nella bilancia commerciale. L’importanza di tale dato sta nel fatto che esso rappresenta la trasformazione che il Portogallo ha vissuto e soprattutto il risultato delle riforme strutturali che sono state fatte. A proposito di queste ultime, il Ministro portoghese ha dichiarato che il loro effetto è stato quello di mutare la struttura stessa del sistema economico. L’attesa del governo portoghese è che l’economia continuerà a crescere anche nei prossimi anni, soprattutto per le esportazioni. La crescita sino ad ora realizzata non è avvenuta principalmente sul versante della domanda interna; tuttavia il governo di Lisbona ritiene che anche questa aumenterà in maniera naturale perché la ripresa economica e dei redditi delle persone sono un dato reale.

La grande priorità nella programmazione dei fondi strutturali per i prossimi anni in Portogallo è precisamente questa: continuare a perseguire il cambiamento della struttura economica del Paese nella consapevolezza che questa dovrà essere competitiva sul piano internazionale, poiché soltanto questo risultato sarà in grado di garantire al Portogallo una crescita economica sostenibile.


Innovazione sociale come paradigma dell’azione di Governo

L’invito ricevuto dal Ministro Maduro al Salone del Risparmio è peraltro dovuto al fatto che il governo portoghese, in questo ampio processo di riforme strutturali, ha fatto dell’innovazione sociale il proprio paradigma di azione e, in particolare, ha approfittato di alcuni dei nuovi strumenti oggi disponibili nell’ambito di quelle che in altri articoli abbiamo raccontato come le nuove frontiere della filantropia (o, forse meglio, dell’impact investing). In particolare il governo portoghese ha messo in campo un programma di investimento che ambisce a cambiare la natura della economia e delle politiche pubbliche. Si tratta del programma “Portogallo Innovazione Sociale”: è il programma di innovazione sociale dotato del pacchetto finanziario più consistente a livello europeo (si tratta di 150 milioni di Euro). Infatti, per la prima volta i fondi strutturali europei saranno utilizzati nell’area dell’innovazione e dell’imprenditorialità sociale. Si tratta di un nuovo ambito di intervento che intende stimolare soluzioni innovative che consentano di dare nuove risposte a vecchi e nuovi problemi sociali. Sul punto si deve segnalare che l’accezione del termine “sociale”, secondo il ministro Maduro, è una accezione ampia e che, oltre al welfare, ricomprende ambiti come la salute, la giustizia e l’ambiente.

Il programma “Portogallo Innovazione Sociale” persegue due grandi obiettivi:

  1. il primo obiettivo è quello di promuovere una economia più sociale, cioè una economia più capace di lasciarsi determinare dalla ricerca di quei beni sociali che essa stessa è in grado di produrre. Pertanto il governo di Lisbona si è preoccupato di creare uno strumento finanziario utile alle imprese che hanno finalità non solo o non tanto di mercato ma piuttosto che sono orientate alla produzione di esternalità sociali positive. Spesso infatti ancora oggi gli investitori e le banche non sono molto disponibili a finanziare questo genere di progetti. Dunque uno strumento finanziario in grado di sostenere questo tipo di imprenditorialità sociale è stato ritenuto necessario;
  2. il secondo obiettivo che il governo portoghese sta perseguendo attraverso il programma di investimenti messo in campo riguarda la promozione di un cambiamento del metodo di costruzione delle politiche pubbliche, attraverso il diffondersi di pratiche sperimentali a livello locale. La politica di innovazione sociale del Portogallo consiste nell’appoggiare e sostenere progetti che sperimentino delle soluzioni alternative per i problemi dell’ambiente, della salute e della giustizia. L’idea di fondo è quella che le politiche pubbliche debbano essere costruite dal basso, con un approccio bottom-up: se una certa iniziativa funziona a livello locale, essa sarà poi sviluppata e applicata a livello nazionale.

In funzione degli obiettivi ora segnalati, il programma “Portogallo Innovazione Sociale” si è dotato di quattro strumenti strategici: 

  1. Fondo per l’innovazione sociale. È un fondo di fondi destinato a concedere prestiti a interessi ridotti o capitali a garanzia parziale o totale: funziona in una logica da “grossista”, ovvero offrirà il proprio capitale a fondi retail delle banche tradizionali che a loro volta convoglieranno le risorse a favore di progetti di imprese sociali in fase di consolidamento o di espansione. È chiaro che la sua funzione è quella di supplire all’inerzia e alla difficoltà che caratterizza le banche tradizionali che ricevono richieste di finanziamenti per attività imprenditoriale di natura sociale;
  2. Fondo per i Social Impact Bonds. È un meccanismo di finanziamento di tipo pay for success per soluzioni innovative nell’erogazione di servizi pubblici, dove il rimborso e la remunerazione del capitale sono dipendenti e in proporzione ai risultati raggiunti in termini di riduzione dei costi e dell’aumento della qualità delle prestazioni (ad esempio, nel sistema carcerario, con la recidiva; nell’istruzione con l’abbandono scolastico; nella salute con le malattie croniche);
  3. Partnership per l’impatto. Si tratta di un sistema di finanziamenti non rimborsabili per stimolare le iniziative di imprenditorialità sociale ad alto tasso di innovazione e di grande impatto che siano ancora ad uno stadio di sviluppo embrionale, dunque in fase esplorativa e non in grado di generare direttamente entrate o risparmi; questo sistema opera in una logica di matching fund per investimenti da parte di altri finanziatori partner in tali progetti (esempi: fondazioni, organizzazioni di beneficenza, altre organizzazioni sociali);
  4. Empowerment di attori coinvolti in iniziative di innovazione e imprenditorialità sociale. Si tratta di un sistema di voucher per lo sviluppo, la formazione e il rafforzamento delle capacità imprenditoriali (gestionali, finanziarie, organizzative, ecc.) direttamente associato alla realizzazione di progetti specifici finanziati dai tre strumenti precedentemente descritti; questo sistema mira a rafforzare in modo mirato e concreto la preparazione dei soggetti appartenenti alla c.d. economia sociale, così da contribuire alla loro investment readiness e quindi a superare le attuali limitazioni delle infrastrutture di mercato e dell’ecosistema di intermediari in questo ambito di intervento.


Fiducia, resistenza al cambiamento e cultura pubblica

Il Ministro Maduro ha sottolineato più volte che alla base del programma “Portogallo Innovazione Sociale” c’è un elemento decisivo che sempre gioca a favore di utili sinergie tra la finanza e la struttura dell’economia reale: la fiducia. In Portogallo questa è stata recuperata in buona parte attraverso una forte ownership del suo governo: le politiche di austerity sono state assunte senza invocare alcuna imposizione da parte delle istituzioni della c.d. troika, ma argomentandole nei confronti dei cittadini in termini di necessità per il paese. Il Ministro sul punto è parso molto esplicito: «Questo punto della fiducia è fondamentale: per ottenerlo non bisogna distinguere tra quello che si dice internamente e ciò che si dice esternamente. Si deve essere consistenti nel discorso politico interno ed esterno e nelle misure che accompagnano questo discorso politico. E le riforme che abbiamo fatto in Portogallo, anche se alcune non hanno ancora visto dei risultati immediati nell’economia reale, hanno almeno aiutato nel recupero di questa fiducia, per noi fondamentale». Insomma, il governo si è assunto la piena responsabilità dei tagli che ha realizzato e delle politiche che ha costruito.

Peraltro, e a differenza di altri paesi che versavano in situazioni analoghe, in Portogallo non si è registrato il fenomeno di movimenti antieuropei o di contestazione politica, perché nelle scelte di austerità è stato compiuto uno sforzo ingente affinchè i tagli fossero davvero progressivi rispetto ai redditi della popolazione. In altri termini, il Portogallo ha protetto le classi sociali più deboli: «questo – dichiara Maduro riferendosi alla progressività dei tagli – ha portato ad una sorta di pace sociale, che è stata molto importante per il successo del programma e per il recupero di questa essenziale fiducia».

Alla domanda su quali fossero stati gli ostacoli ad un simile processo di cambiamento, Maduro non ha esitato a rispondere, individuando i due principali. Il primo riguarda il fatto che il Portogallo, come d’altra parte l’Italia, è un paese la cui popolazione è caratterizzata da una elevata creatività e una significativa propensione all’innovazione; tuttavia tra i cittadini è diffusa una cultura molto resistente al cambiamento. L’errore – soprattutto quello commesso sul piano politico e pubblico – è molto stigmatizzato. Per descrivere questo atteggiamento culturale il Ministro portoghese non ha esitato a ricorrere all’immagine gattopardesca: «in Portogallo la gente parla molto del bisogno di cambiamento ma vuole cambiare continuando a fare sempre lo stesso». Il secondo ostacolo alla realizzazione del programma “Portogallo Innovazione Sociale” si è poi rivelato essere una struttura dello Stato, delle politiche pubbliche e della pubblica amministrazione che funziona per compartimenti stagni. È il problema della segmentazione del settore pubblico: la sempre più necessaria integrazione di politiche pubbliche inerenti ambiti di per sé distinti è molto difficile in una cultura amministrativa che funziona secondo una logica segmentata.

Il Ministro Maduro ha chiosato dicendo che la chiave del successo portoghese è stata quella di esser riusciti «a trasformare questa energia creativa individuale in una cultura pubblica e in una cultura istituzionale diversa». Ed è questo infatti il suggerimento che chiudendo ha rivolto all’Italia, consapevole che se il nostro paese riuscirà a dargli seguito, «sarà il paese con più potenzialità in Europa». In altre parole, sembra che in Portogallo siano riusciti ad innescare un processo di cambiamento effettivo, vincendo con politiche evidence-based e costruite dal basso la diffusa resistenza al cambiamento. Con l’espressione di un celebre passaggio della letteratura italiana dello scorso secolo, e facendo il verso al titolo di un recente best seller, pare che i portoghesi abbiano ammazzato il gattopardo.


E se l’Europa guardasse al Portogallo?

Si tratta insomma di un progetto ambizioso e che già inizia a dare qualche frutto particolarmente significativo. Ciò che tuttavia lo rende così interessante è che sembra essere divenuto un programma di riferimento per i paesi europei. Peraltro offre anche qualche punto di chiarezza rispetto ad un tema che da tempo accompagna la riflessione anche sul secondo welfare e, in particolare, occupa le nostre pagine. Infatti, quanto raccontato dal Ministro portoghese Miguel Poiares Maduro durante il suo intervento al Salone del Risparmio sembra offrire autorevole conferma di una chiave interpretativa che più volte abbiamo segnalato come “nostra” lettura del fenomeno dell’impact investing.

Questo è infatti un fenomeno che non si esaurisce semplicemente in nuovi modi di fare filantropia, ma piuttosto esprime un processo di cambiamento profondo nel modo di intendere e costruire le strutture economiche su cui dovrebbero poggiare le società del terzo millennio. Il processo di cambiamento cui ci si riferisce, come già segnalato anche in altri nostri contributi, sembra giocare tra due sponde: da un lato vi è un ripensamento del ruolo che può avere il c.d. terzo settore rispetto anche all’efficientamento della spesa pubblica, con l’inevitabile nascita di soggetti ibridi e necessitanti di strumenti finanziari nuovi e pensati ad hoc; dall’altro si manifesta la sempre più pressante esigenza di introdurre nel ciclo di policy pratiche sperimentali che consentano l’implementazione di politiche sempre più condivise ed evidence-based.

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