Settembre: è tempo di tornare a scuola, anche per i più piccoli. Ma le misure di austerità poste agli enti locali sulla spesa per il personale e il reclutamento stanno creando difficoltà crescenti a numerosi Comuni italiani anche nell’erogazione dei servizi per l’infanzia. Per far fronte a questo problema il Comune di Modena ha istituito nel maggio 2012 la Fondazione Cresci@Mo, a cui abbiamo già dedicato alcuni approfondimenti (La fondazione Cresci@mo del Comune di Modena; L’innovazione istituzionale al tempo della crisi: la fondazione per le scuole dell’infanzia di Modena). Dopo il primo anno di attività, ecco i risultati.
I servizi comunali alla persona tra gestione diretta, privatizzazione formale e privatizzazione sostanziale
Le misure di austerità sulla finanza pubblica prese a seguito della crisi economica e finanziaria e, in particolare, le restrizioni poste agli enti locali sulla spesa per il personale e il reclutamento stanno creando difficoltà crescenti a numerosi Comuni italiani nell’erogazione dei servizi a gestione diretta. Agiscono in questo senso i vincoli posti sulle assunzioni e le limitazioni al turn-over, per quanto siano stati in parte allentati dalla Legge 44/2012 (il cosiddetto “decreto fiscale”), così come l’obbligo di tendenziale e progressiva riduzione della spesa per il personale e, più in generale, la necessità per gli enti locali di rispettare gli obiettivi di saldo finanziario dettati dal patto di stabilità interno (Per ulteriori approfondimenti vedi anche i precedenti articoli L’innovazione istituzionale al tempo della crisi: la fondazione per le scuole dell’infanzia di Modena e La fondazione Cresci@mo del Comune di Modena).
A quanto risulta da alcune ricerche1, oltre che dalle notizie di stampa, sono soprattutto i servizi alla persona (asili nido, scuole dell’infanzia, servizi sociali) e la polizia locale a soffrire sempre più della carenza di personale. In particolare nei servizi per l’infanzia, in diversi Comuni sono emersi problemi evidenti di organico tali da mettere in discussione la capacità di assicurare il servizio nei livelli quantitativi e qualitativi abituali. La questione è risultata particolarmente delicata per molte amministrazioni locali dove asili nido e scuole dell’infanzia comunali hanno una tradizione consolidata e forniscono servizi di qualità mediamente elevata. Negli ultimi due anni problematiche di questo tipo sono venute alla ribalta, per fare solo alcuni esempi, a Bologna, Firenze, Torino, Alessandria.
La soluzione verso cui sembra spingere indirettamente la normativa, l’esternalizzazione, ha spesso trovato forti resistenze nell’utenza dei servizi e nelle comunità locali, oltre che nel personale e nei sindacati, spingendo alcune amministrazioni locali a fare marcia indietro rispetto ai propositi iniziali, ad adottare provvedimenti provvisori per avere il tempo di valutare la praticabilità di opzioni differenti, o ad avviare percorsi di statalizzazione delle scuole per l’infanzia comunali.
In questo quadro, si sta facendo strada, faticosamente, una soluzione alternativa all’esternalizzazione vera e propria a soggetti del tutto indipendenti, vale a dire l’affidamento dei servizi alla persona a gestione diretta a soggetti partecipati in tutto (più spesso) o in parte dai Comuni, in molti casi preesistenti, che non sono o non sarebbero soggetti ai vincoli sulle assunzioni e la spesa di personale cui sono soggetti gli enti locali: si tratta di aziende speciali, aziende di servizi alla persona (asp), istituzioni, fondazioni o fondazioni di partecipazione. Si tratta di enti di diritto pubblico o privato, dotati di caratteristiche differenti in quanto a poteri, forme di governance interna, meccanismi di funzionamento, livelli di autonomia e strumenti di controllo da parte dei Comuni. Essi però sono tutti accomunati dal fatto di garantire una capacità di indirizzo e controllo, da parte dei Comuni, di natura differente rispetto a quella che questi possono esercitare su un soggetto terzo del tutto indipendente, tali da assicurare, dal punto di vista delle comunità locali e del personale, maggiori garanzie di continuità rispetto al servizio precedentemente esercitato attraverso la gestione diretta. Questo avviene in particolare quando gli enti sono interamente partecipati da soggetti pubblici, e nello specifico dai Comuni che affidano i servizi; in questo modo infatti viene garantito il cosiddetto “controllo analogo” rispetto alla gestione diretta comunale e non è necessaria la messa a gara dei servizi erogati, che è inevitabile con l’ingresso di soggetti privati tra i soci2.
Tali forme di privatizzazione “formale” nel senso giuridico del termine (il che non vuol dire necessariamente finta), possono quindi rappresentare soluzioni di compromesso politicamente e socialmente accettabili, tra la continuazione della gestione diretta, ritenuta impraticabile dagli amministratori locali, e una privatizzazione “sostanziale” mediante affidamento a soggetti del tutto indipendenti dagli enti locali. Se sono in grado di unire le garanzie fornite dalla proprietà e spesso, anche dalla natura pubblica, con una maggiore autonomia e flessibilità rispetto a quella possibile con la gestione diretta comunale, queste soluzioni possono essere interessanti anche dal punto di vista tecnico, ossia nella capacità di garantire livelli di efficienza e di qualità elevata del servizio.
Un’esperienza già avviata: la fondazione Cresci@Mo del Comune di Modena
In tale contesto si inserisce la fondazione Cresci@Mo, la fondazione di partecipazione per i servizi per l’infanzia 0-6 anni del Comune di Modena, istituita nel maggio 2012 dall’amministrazione comunale. La fondazione ha cominciato a funzionare a pieno regime all’inizio di settembre del 2012, iniziando regolarmente il nuovo anno scolastico 2012-13 e accogliendo i 322 bambini di quattro ex-scuole dell’infanzia comunali, pari al 6,6% del totale dei bambini iscritti al “sistema comunale” delle scuole dell’infanzia, in cui la quota maggioritaria è rappresentata dagli iscritti a scuole convenzionate FISM (37,0%) e a scuole a gestione diretta comunale (28,8%)3. Nell’anno scolastico che sta iniziando l’offerta coperta dalla fondazione è aumentata, essendo entrata nella fondazione una quinta scuola ex-comunale, che raccoglie altri 75 bambini.
Il processo che ha portato alla costituzione della fondazione Cresci@Mo e le sue caratteristiche sono già state descritte nei due precedenti contributi elencati sopra. Basti qui ricordare che la fondazione è un soggetto di diritto privato a totale partecipazione del Comune di Modena, socio fondatore unico e originario, che nomina i cinque membri del Consiglio di Amministrazione. Nel 2012-13 la fondazione ha assunto venti insegnanti a tempo indeterminato; utilizzando l’istituto del comando sono state poi mantenute all’interno delle scuole passate alla fondazione sei insegnanti dipendenti comunali. Nel 2013-14, con la presa in carico di una quinta scuola, la fondazione ha assunto altre sei insegnanti mentre i comandi, pur con alcune variazioni interne, sono rimasti complessivamente sei. Per le insegnanti dipendenti della fondazione viene applicato il contratto collettivo di lavoro delle scuole private “laiche” ANINSEI (Associazione Nazionale Istituti Nazionali Non Statali di Educazione e Istruzione), con un accordo integrativo che ha portato il trattamento economico-normativo molto vicino a quello applicato per le docenti delle scuole comunali, come diremo meglio più avanti. Invece il personale ausiliario impiegato nella fondazione viene fornito da due soggetti esterni individuato mediante nuovo appalto. I compiti amministrativi sono svolti dal personale comunale del Settore Istruzione, tranne che il servizio paghe e contributi che è stato affidato ad un soggetto esterno. Le ammissioni alle scuole continuano ad essere gestite dal Comune con un centro unico per le iscrizioni e le rette. Queste ultime sono uguali a quelle delle scuole comunali.
Nella delibera del Consiglio Comunale di Modena del 3 maggio 2012, che definisce le linee di indirizzo della nuova fondazione, si prevede che “al termine dell’anno scolastico dovrà essere effettuata una verifica sul modello gestionale adottato basata su dimensioni di analisi quali il riscontro sulla qualità del servizio (sentiti i genitori) e sulla qualità del lavoro (sentiti i dipendenti) e, in caso di esito positivo, alla Fondazione potrà essere affidata la gestione di ulteriori servizi scolastici ed educativi 0/6 anni ” rispetto alle quattro scuole trasferite nel 2012-13. Nella primavera del 2013 è stata effettuata una verifica relativa al primo anno di attività della fondazione Cresci@Mo, che ha visto un esito positivo o ampiamente positivo in tutte e tre le sue componenti (risultati economici, soddisfazione dei genitori e delle insegnanti). Il 17 giugno 2013 il Consiglio comunale ha approvato una delibera che ha fornito una valutazione positiva dell’esperienza; a questo ha fatto seguito la decisione, già ricordata, di trasferire una quinta scuola dell’infanzia comunale alla gestione della fondazione per l’anno scolastico 2013-14.
Vediamo quindi nel dettaglio quali sono state le principali risultanze emerse dal processo di verifica o, come è stato comunemente chiamato, di “valutazione” della fondazione Cresci@Mo.
La valutazione del primo anno di attività
Il Consiglio di Amministrazione della fondazione ha identificato tre fondamentali dimensioni di analisi per la valutazione: i risultati economici, effettuando per quanto possibile sia una valutazione comparativa del costo annuo di funzionamento di scuole dell’infanzia a differente gestione sia una serie di proiezioni per l’anno scolastico 2012-13 sul conto economico della fondazione; la valutazione del grado di soddisfazione dei genitori e quella delle insegnanti. Della prima si sono occupati il CdA stesso e le strutture amministrative dell’Assessorato all’Istruzione, della seconda l’Ufficio Ricerche della Direzione Generale del Comune, mentre la terza è stata affidata, a titolo gratuito, a chi scrive.
Dal punto di vista economico, nell’anno scolastico 2012-134 la fondazione ha comportato per il Comune un risparmio dell’8,20% sul costo totale lordo rispetto alla gestione comunale. Le voci principali che hanno consentito tale risparmio sono il personale (-16,38%) e i servizi di assistenza e pulizia (-21,02%), mentre le spese generali (tra cui ad esempio il costo per il servizio paghe e il costo del revisore dei conti) in valori assoluto ampiamente inferiori alle prime due voci, sono molto superiori nel caso della fondazione (+ 57,64%). Il costo netto annuo per il Comune, calcolato su una scuola a tre sezioni, è stato inferiore dell’11,55%. E’ da notare che nel caso di appalto di una scuola, il costo netto per il Comune (che non equivale al costo complessivo della gestione) sarebbe inferiore di poco meno del quindici per cento (-14,53%) rispetto alla fondazione.
La valutazione relativa al grado di soddisfazione delle famiglie è stata effettuata nel febbraio 2013 mediante somministrazione di questionari on-line a tutte le famiglie dei bambini delle scuole della fondazione, con un tasso di risposta pari al 71% del totale5. Le valutazioni, con punteggi che potevano andare da 1 a 10, hanno fornito risultati molto elevati. Il giudizio medio complessivo sulla scuola frequentata dal figlio è risultato 8,4, con punte relative alla professionalità del personale (8,6) e alla parte educativa del servizio (8,5). L’aspetto che incontra il grado di soddisfazione minore riguarda le informazioni ricevute (7,9) e, quale voce specifica, il costo delle rette (7,2) – peraltro analogo a quello delle scuole a gestione diretta comunale. Sempre in riferimento alla valutazione complessiva della scuola, i giudizi tra 8 e 10 rappresentano quasi l’82% del totale, mentre i voti da 1 a 5 sono circa il 3%.
Di fronte alla diffusione di comprensibili timori iniziali sulla fondazione, oltre il 48% delle famiglie afferma di avere trovato la scuola migliore e un altro 44% circa uguale alle proprie aspettative. Nel complesso oltre il 63% delle famiglie che hanno risposto al questionario ritiene che il servizio sia rimasto uguale all’anno passato con la conversione in fondazione, circa il 12% “lievemente peggiorato” e poco più dell’11% “lievemente migliorato”. L’area educativa e il personale sono le componenti nelle quali sono più elevate le percentuali dei rispondenti che ritengono che il servizio sia “molto” o “lievemente” migliorato, complessivamente pari al 30% circa, a fronte rispettivamente di un altro 63% e 56% circa che ritiene che questi aspetti siano rimasto uguali rispetto all’anno passato.
La valutazione del grado di soddisfazione delle insegnanti è stata invece effettuata mediante interviste individuali di tipo semi-strutturato a ciascuna delle docenti della fondazione, incluse le insegnanti comunali in comando. Da tutte le interviste è emerso un livello elevato di soddisfazione delle insegnanti nei confronti della fondazione e la percezione di una forte continuità rispetto alla gestione comunale. Pur con accenti in parte diversi, la valutazione positiva riguarda tutti gli aspetti dell’esperienza lavorativa, dal rapporto con le colleghe a quello con i genitori, al rapporto di lavoro, fino alle attività svolte con i bambini, nel quale la continuità con le attività svolte nelle scuole a gestione diretta comunale risulta essere massima. Tra i fattori esplicativi del successo del primo anno di esperienza della Fondazione emerge chiaramente il ruolo giocato dalla stabilità del rapporto di lavoro, resa possibile dalla natura giuridica privata della Fondazione. Gli effetti positivi della stabilità sono stati rafforzati dall’impiego di procedure ad evidenza pubblica nella selezione del personale, che, a quanto risulta, si sono dimostrate in grado di immettere in servizio personale adeguatamente formato.
Il personale assunto dalla fondazione è costituito in larga misura da insegnanti che hanno maturato un’esperienza significativa, anche di diversi anni, con incarichi annuali nelle scuole dell’infanzia comunali di Modena e di altri Comuni, o in misura più ridotta nelle scuole private. Si tratta quindi di docenti che hanno beneficiato di un’ampia formazione in passato, spesso fornita dallo stesso Comune di Modena, impartita al personale a tempo determinato assieme e con modalità analoghe rispetto a quelle adottate per il personale a tempo indeterminato. Con l’assunzione in pianta stabile di tale personale il Comune è stato in grado di non disperdere ma anzi di mettere a frutto l’investimento in risorse umane compiuto mediante la formazione, cui viene dedicato un numero rilevante di ore ogni anno; in tal modo è stato evitato uno dei rischi che finisce per frenare le attività di formazione, sia nel mondo del lavoro pubblico che in quello privato.
Dal punto di vista delle insegnanti, l’assunzione a tempo indeterminato ha avuto ricadute positive di portata molto ampia. Al di là degli effetti che la stabilità lavorativa ha sulla vita degli individui, le interviste hanno evidenziato soprattutto l’impatto positivo che la stabilizzazione del rapporto di lavoro ha avuto, indirettamente, sull’attività lavorativa delle insegnanti. L’assunzione a tempo indeterminato infatti ha cambiato la percezione del proprio ruolo da parte della maggioranza delle insegnanti intervistate, con maggiore o minore consapevolezza ma comunque in modo molto chiaro.
In primo luogo, la prospettiva di rimanere stabilmente in una scuola per un tempo e, nel caso delle insegnanti delle sezioni dei tre anni, di avere la ragionevole certezza di dare continuità alla propria attività in una sezione per un intero ciclo, ha influito molto positivamente sulla progettualità delle insegnanti all’interno delle classi e nella scuola nonché, a quanto risulta, sulla loro motivazione al lavoro.
In secondo luogo, la stabilizzazione ha influito positivamente sul rapporto tra le colleghe, vissuto ora dalle insegnanti in maniera più paritaria rispetto agli anni passati, in cui i collettivi, e le insegnanti all’interno delle singole classi, vedevano una compresenza tra insegnanti di ruolo a tempo indeterminato e insegnanti “precarie” con incarichi annuali, se non supplenze, con una differenza in termini di status che, seppure non riconosciuta formalmente, poteva essere però evidente nei rapporti informali all’interno dell’ambiente di lavoro. Quest’anno invece la creazione di gruppi di lavoro formati da insegnanti che si sentivano, oltre ad essere, tutte sullo stesso piano ha favorito la costruzione di nuovi “collettivi” molto ricchi sul piano professionale, formati da docenti che si sono sentite più legittimate a portare le proprie esperienze nel nuovo ambiente di lavoro, vissuto ora come qualcosa da costruire con cura e attenzione, in quanto sentito come “proprio”. La stabilità inoltre ha avuto riflessi anche nei rapporti con le famiglie, dove le insegnanti spesso si sono trovate ad affrontare la (normale) diffidenza iniziale di genitori timorosi che il passaggio alla fondazione avesse conseguenze negative sulle scuole e spesso anche scontenti o preoccupati nei casi in cui i figli avessero cambiato una o tutte e due le insegnanti rispetto all’anno precedente. Queste situazioni hanno prodotto un forte stimolo nelle insegnanti a conquistare la fiducia delle famiglie dimostrando le proprie capacità professionali, con un riflesso positivo sull’attività svolta in classe.
Tutte le insegnanti sono concordi nell’affermare che esiste una continuità molto forte tra l’esperienza della fondazione e la gestione diretta comunale. In particolare, la continuità viene percepita come totale nell’offerta formativa e nelle attività proposte ai bambini e alle famiglie: queste infatti sono rimaste le stesse incluso l’insegnamento di musica e inglese e l’organizzazione del tempo pre-scuola e post-scuola, come rilevato anche dalle famiglie. Più in generale, è il modello didattico-pedagogico che è rimasto in tutto e per tutto quello comunale, avendo le scuole conservato anche lo stesso coordinamento pedagogico delle scuole a gestione diretta. Questo giudizio è condiviso sia dalle insegnanti dipendenti dalla fondazione che da quelle comunali soggette a comando.
Il rapporto di lavoro: il giudizio delle insegnanti
Il giudizio sulle condizioni di lavoro da parte delle insegnanti si presentava come un aspetto particolarmente delicato della valutazione sotto il profilo politico e sindacale. Pur migliorando sensibilmente le condizioni del contratto nazionale ANINSEI e avvicinando il trattamento economico-normativo delle insegnanti della fondazione a quello delle colleghe comunali, per le quali viene applicato il contratto collettivo di lavoro delle Regioni e Autonomie locali, l’accordo integrativo stipulato il 31 agosto 2012 non è stato firmato dai sindacati confederali ma solo dal sindacato autonomo Confsal, sancendo una spaccatura molto forte e inusitata con l’amministrazione comunale. Tra le contestazioni principali avanzate dai sindacati confederali vi era un peggioramento delle condizioni economiche rispetto alle insegnanti comunali a tempo indeterminato che ammonterebbe, secondo i sindacati, a circa il 15% della retribuzione complessiva, il legame tra l’integrazione di malattia e maternità e l’anzianità di servizio e la mancata integrazione salariale della maternità nel caso dei contratti a tempo determinato. In sostanza, l’amministrazione comunale veniva accusata di scambiare i diritti dei lavoratori con l’assunzione a tempo indeterminato di personale. Al di là del contratto, l’ostilità sindacale sembra dovuta alla preoccupazione che il passaggio delle scuole comunali alla fondazione preluda ad una loro piena privatizzazione. Sono attualmente in corso le trattative per la definizione dell’accordo integrativo per il 2013-14.
Nell’accordo integrativo per il 2012-13 il trattamento economico delle insegnanti a tempo indeterminato della fondazione è stato sostanzialmente equiparato a quello delle insegnanti comunali a tempo determinato, spalmando la retribuzione su 13 mensilità invece che su 11, con un compenso mensile che si aggira mediamente intorno ai 1.210 euro netti, contro 1.280 per le insegnanti comunali a tempo indeterminato. Ciò è stato reso possibile mediante un’integrazione al minimo tabellare previsto dal contratto nazionale ANINSEI che ha portato la retribuzione lorda delle insegnanti a 20.576,00 euro.
Per quanto riguarda l’orario di servizio, il contratto nazionale ANINSEI prevede 34 ore frontali settimanali per 44 settimane all’anno, più 110 ore da dedicare alle attività di gestione e obblighi connessi alla docenza. Per analogia con quello delle scuole comunali, l’orario di servizio viene ricondotto a 40 settimane annuali, corrispondenti al periodo di apertura delle scuole, riducendo le ore frontali di 1,5 ore alla settimana. Le ore frontali diventano così di 32,5 ore alla settimana, comprensive dei pasti. Le ore di gestione passano invece a 170, avvicinandosi alle 200 delle scuole comunali che però comprendono anche la refezione.
I turni delle insegnanti sono quasi analoghi (8.00-13.00 e 9.00-16.00 per le insegnanti comunali e 9.00-16.05 per le dipendenti della fondazione) e identico è il turno inclusivo del pre-scuola applicato ad una singola insegnante al giorno a rotazione (7.30-13.00). Rispetto alle colleghe comunali, le insegnanti della fondazione effettuano però un rientro pomeridiano in più (due ore) alla settimana.
Per l’amministrazione comunale, un aspetto molto importante riguarda il pagamento della malattia e della maternità, che nel settore privato spetta all’INPS mentre in quello pubblico al datore di lavoro. Benché sia stata prevista un’integrazione alla quota INPS da parte della fondazione, ciò consente un notevole risparmio al Comune, tanto più in presenza di personale totalmente di sesso femminile. A differenza delle scuole comunali, le insegnanti non vengono sostituite con una supplente per il primo giorno di malattia, ma si attua la modalità di sostituzione interna fino alla maturazione di 40 ore annue per ogni insegnante. Nelle interviste la maggioranza delle insegnanti lamenta la condizione di relativa diseguaglianza e, soprattutto, l’aumento del carico di lavoro derivante da alcune delle differenze nelle condizioni di impiego rispetto alle insegnanti comunali a tempo indeterminato: si tratta in particolare delle due ore in più da effettuare settimanalmente in orario pomeridiano e della mancata sostituzione dell’assenza nel primo giorno di malattia.
Tuttavia, queste e altre clausole lievemente peggiorative rispetto al contratto di lavoro degli enti locali applicato per le insegnanti comunali a tempo indeterminato vengono giudicate come uno scambio accettabile se ciò ha favorito o permesso l’assunzione a tempo indeterminato in una modalità gestionale sostanzialmente assimilabile, per molti versi, alla gestione diretta comunale. Determinante, in questo senso, è risultata sia la percezione generale di una forte continuità con l’esperienza comunale sia, soprattutto, l’applicazione del contratto integrativo di lavoro della fondazione che, come si è detto, ha ridotto fortemente il divario esistente tra il trattamento economico-normativo previsto nel contratto nazionale di lavoro ANINSEI, utilizzato nella Fondazione, e quello previsto nel contratto degli enti locali, adottato nelle scuole comunali. Da considerare in questo senso anche il timore di essere soggetti a condizioni economiche e normative peggiori o ritenute peggiori, quali quelle probabili in caso di adozione di soluzioni gestionali differenti, come l’affidamento a soggetti indipendenti dal Comune.
La vicenda della fondazione evidenzia quindi un problema di non facile soluzione per le organizzazioni sindacali, che appaiono strette tra la comprensibile tendenza a rifiutare trattamenti che, seppure in forma minima o limitata, rappresentano un peggioramento rispetto al passato e creano (o approfondiscono) le diseguaglianze esistenti tra lavoratori appartenenti alla stessa professione, e la pressione, da parte dei lavoratori, ad accettare comunque un scambio grazie al quale essi conseguono la stabilità del rapporto di lavoro, in epoca di austerità e di crisi economica, a condizioni economiche e normative ritenute nel complesso non disprezzabili.
Considerazioni finali
La fondazione Cresci@Mo è stata creata con due obiettivi espliciti. Il primo era quello di far fronte alle carenze di organico determinatesi per effetto diretto o indiretto della normativa legata alle misure di austerità: la fondazione infatti non è sottoposta ai vincoli relativi alla spesa di personale e alle assunzioni cui è soggetta la gestione diretta comunale. Il secondo era quello di assicurare in ogni caso la piena continuità qualitativa e quantitativa dei servizi forniti rispetto alla gestione diretta. A tali obiettivi, in modo non esplicito ma comunque chiaro, si affiancava quello di dimostrare di essere in grado di conseguire un risparmio economico rispetto alla gestione diretta.
Dopo un anno di attività, i primi due obiettivi risultano pienamente conseguiti. Si può discutere sulla legittimità e ancor più sull’opportunità di istituire una fondazione invece che semplicemente esternalizzate il servizio ed indubbiamente tale decisione, anche se corretta sotto il profilo giuridico, risulta in qualche modo una forma di aggiramento dei vincoli posti sulla finanza pubblica degli enti locali; questo vale per il caso modenese, così come per le soluzioni adottate o in corso di discussione in altre realtà6.
In ogni caso, il Comune è riuscito a far fronte adeguatamente alle carenze di organico salvaguardando la continuità di un’esperienza didattico-pedagogica riconosciuta unanimemente come elevata, e ciò senza attendere l’esito di provvedimenti di stabilizzazione dalle ricadute effettive imprevedibili, stante le perduranti le condizioni di criticità della finanza pubblica e le restrizioni poste al reclutamento nel pubblico impiego. Dal punto di vista politico e sociale, pur avendo pagato un prezzo considerevole sotto il profilo dei rapporti sindacali, l’amministrazione comunale ha trovato una soluzione che ha incontrato il forte apprezzamento dell’utenza e del personale, il cui ruolo è centrale per garantire la qualità di un servizio come la scuola dell’infanzia, nonché il consenso o comunque la non ostilità della comunità locale.
Sotto il profilo dei costi, e pur essendo per molti versi difficile effettuare valutazioni comparative adeguate. nel primo anno di attività il Comune sembra avere conseguito un risparmio non indifferente principalmente grazie alla riduzione del costo del lavoro, in un modo che è stato giudicato accettabile dal personale. Si può legittimamente sostenere che altre forme gestionali avrebbero permesso di conseguire un risultato economico migliore per l’amministrazione, particolarmente prezioso in epoca di austerità. Resta da vedere se tali forme avrebbero garantito in egual misura la salvaguardia di un modello pedagogico ed educativo ritenuto ampiamente meritevole di tutela e, forse ancora di più, se esse avrebbero permesso di conseguire gli stessi risultati in termini di consenso; un aspetto, quest’ultimo, che nessun amministratore pubblico si può permettere di ignorare.
Note
1 Si rimanda in particolare al report italiano della ricerca europea, coordinata da S. Bach del King’s College di Londra, “Social dialogue and the public services in the aftermath of the economic crisis: strengthening partnership in an era of austerity in Italy”, scritto da L. Bordogna e S. Neri.
2 Come infatti accade nelle società a capitale misto pubblico-privato, benché anche per le società miste vi siano casi in cui è possibile evitare la gara.
3 Nel 2012-13 i bambini iscritti nelle strutture a gestione diretta sono stati invece il 28,8% del totale. Completano il quadro le scuole dell’infanzia statali (17,0%) e quelle appaltate (9,7%). I dati sono stati forniti dall’Assessorato all’Istruzione del Comune di Modena.
4 I dati economici qui presentati si basano su valori consuntivi fino al 30 aprile 2012, con una proiezione effettuata per i mesi successivi. La fonte è sempre l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Modena.
5 Tra le famiglie che hanno risposto, in oltre il 76% dei casi il questionario è stato compilato dalla madre del bambino che frequenta la scuola. 6 Peraltro la creazione ex novo di una fondazione o di un ente partecipato da un ente locale è divenuta molto più difficile, se non impossibile, dal divieto introdotto dall’art. 9, co. del decreto legge 95/2012, convertito nella legge 135 approvata il 7 agosto 2012 (ma si veda anche la sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 17 luglio 2013).
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