In un articolo dello scorso aprile (L’innovazione istituzionale al tempo della crisi, la fondazione per le scuole dell’infanzia di Modena) avevamo raccontato la vicenda che aveva portato il Comune di Modena a decidere di creare una fondazione di partecipazione cui trasferire la gestione di alcune scuole comunali. La decisione aveva origine dalla difficoltà di continuare a garantire il servizio a gestione diretta, in presenza dei vincoli normativi posti dal patto di stabilità interno e dalle misure di austerità finanziaria alle assunzioni di personale a tempo indeterminato e determinato da parte degli enti locali. In particolare, e sintetizzando, per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno, ossia quelli con più di 10.000 abitanti fino al 2012 e con più di 5.000 abitanti dal 2013, valgono le seguenti disposizioni:
1) devono ridurre tendenzialmente la spesa di personale, “garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale”, attraverso azioni rivolte in via prioritaria alla riduzione dell’incidenza della spesa di personale rispetto al complesso delle spese correnti, “attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile”, alla razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative e al “contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa” (art. 557. l. 296/2006, così come modificata dal d.l. 78/2010 convertito nella l. 122/2010);
2) possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsiasi forma contrattuale solo se il rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente è inferiore al 50% (art. 76, co. 7, d.l. 78/2010, così come modificato dalla l. 214/2011);
3) possono procedere “ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente”. Il limite, posto originariamente al 20% dal d.l. 165/2001 e dalla legge 102/2009, è stato elevato al 40% dalla legge 44 approvata il 26 aprile 2012. La stessa legge ha stabilito che “ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l’onere per le assunzioni destinato allo svolgimento delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50 per cento” (art. 4-ter, co. 10, l. 44/2012);
4) fino alla fine del 2013, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni, ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, a progetto, con contratti di formazione lavoro o altri rapporti formativi, nonché della somministrazione di lavoro o del lavoro accessorio “nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009” (art. 4, co. 102, lett. b, l. 183/2011, che aveva esteso agli enti locali le disposizioni contenute nel d.l. 78/2010 valide per le amministrazioni statali). Su tale norma è poi intervenuta la legge 44 del 2012, stabilendo che a decorrere dal 2013 gli enti locali possano superare il limite del 50% rispetto alla spesa del 2009 “per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale” (art. art. 4-ter, co. 12, l. 44/2012), anche se resta fermo il divieto di superare la spesa totale sostenuta nel 2009.
Al di là dei limiti posti al turn-over e alle assunzioni, resi meno stringenti dalle novità introdotte con la legge 44 (il cosiddetto “decreto fiscale”), a rendere sempre più problematica la gestione diretta dei servizi sono i vincoli posti alla spesa per il personale e, a monte, la necessità per gli enti locali di rispettare gli obiettivi di saldo finanziario dettati dal patto di stabilità interno, particolarmente ambiziosi negli ultimi anni e sempre più difficili da raggiungere. Sono soprattutto i servizi alla persona (asili nido, scuole dell’infanzia, servizi sociali) e la polizia locale a soffrire della carenza di personale e non è ovviamente un caso che proprio su questi settori si sia concentrata la pressione degli enti locali e dell’Anci volta ad allentare la stretta sulle assunzioni.
In particolare nei servizi per l’infanzia, in diversi Comuni stanno emergendo problemi molto evidenti di organico tali da mettere in discussione la capacità di assicurare il servizio. La questione appare particolarmente delicata per molte amministrazioni locali dove asili nido e scuole dell’infanzia comunali hanno una tradizione consolidata e forniscono servizi di qualità mediamente elevata. La soluzione più ovvia, l’esternalizzazione, ha trovato spesso forti resistenze nell’opinione pubblica, spingendo alcune amministrazioni locali a fare marcia indietro rispetto ai propositi iniziali o ad adottare soluzioni provvisorie, per avere il tempo di valutare la praticabilità di opzioni alternative all’affidamento esterno del servizio a soggetti del tutto indipendenti dai Comuni. In tale contesto si inserisce Cresci@Mo, la fondazione di partecipazione per la scuola dell’infanzia del Comune di Modena, messa in piedi a tamburo battente dall’amministrazione comunale in pochi mesi. La fondazione ha cominciato a funzionare a pieno regime all’inizio di settembre del 2012, iniziando regolarmente il nuovo anno scolastico 2012-13 e accogliendo i 314 bambini di quattro ex-scuole dell’infanzia comunali a partire dal 10 settembre. Grazie alla creazione della fondazione, il Comune ha potuto tamponare i problemi di organico dovuti alla normativa legata al patto di stabilità interno e alle misure di austerità: la fondazione infatti non è sottoposta ai vincoli relativi alla spesa di personale e alle assunzioni cui è soggetta la gestione diretta comunale.
La fondazione Cresci@Mo
A Modena la decisione di creare una fondazione di partecipazione per i servizi per l’infanzia era maturata tra l’autunno del 2011 e l’aprile del 2012, dopo un dibattito cui avevano attivamente partecipato le forze politiche, le parti sociali, gli operatori del settore e l’opinione pubblica, con un combattivo comitato genitori (per approfondire si rimanda all’articolo citato all’inizio). Nel maggio 2012 (Delibere consiliari n. 22 del 3 maggio 2012 e n. 27 del 14 maggio 2012), il Consiglio Comunale approva la creazione, le linee di indirizzo e lo schema di statuto della fondazione, mentre il sindaco nomina i cinque membri del Consiglio di amministrazione. Ottenuta l’autorizzazione regionale, la fondazione Cresci@Mo viene formalmente costituita il 14 giugno 2012. Nel mese di luglio è stata bandita la procedura di selezione ad evidenza pubblica per l’assunzione di venti insegnanti, che è stata poi espletata tra il 7 e il 9 agosto. Il 31 agosto è stato stipulato il nuovo contratto integrativo delle insegnanti della fondazione, che sono entrate in servizio il 3 settembre.
La fondazione Cresci@Mo è un soggetto di diritto privato a totale controllo comunale. Questa scelta è stata giustificata dalla necessità di assicurare il cosiddetto “controllo analogo” rispetto alla gestione diretta comunale, evitando così la messa a gara dei servizi erogati, che sarebbe stata inevitabile in particolare con l’ingresso di soggetti privati tra i soci. La fondazione ha il compito istituzionale di fornire servizi scolastici ed educativi per bambini nella fascia 0-6 anni “attraverso l’assunzione del personale (insegnanti di sezione ed educatori di sezione) necessario alla gestione delle scuole affidate, da effettuarsi esclusivamente in via diretta”, come afferma esplicitamente la Delibera consiliare 22/2012. Come si è già detto, sono state infatti assunte a tempo indeterminato venti insegnanti di scuola dell’infanzia. La maggior parte delle insegnanti assunte avevano in precedenza incarichi a tempo determinato nelle scuole comunali, con un’esperienza accumulata spesso di diversi anni.
Alla fondazione è stata affidata la gestione di quattro delle ventidue scuole dell’infanzia comunali per un totale di 314 bambini. Le scuole trasferite sono state scelte tra quelle in cui era maggiore il numero di insegnanti a tempo determinato, salvaguardando, ove possibile, la continuità didattica per i bambini. Nell’anno scolastico 2011-12 nelle quattro scuole passate alla fondazione le insegnanti di ruolo a tempo indeterminato erano quattordici e quelle a tempo determinato dodici, quasi la metà del totale. Oltre alle venti insegnanti neoassunte, per assicurare la continuità didattica sei insegnanti comunali di ruolo in servizio nell’anno scolastico 2011-12 sono state mantenute, su base volontaria, all’interno delle scuole trasferite alla fondazione e vi rimarranno per il tempo necessario a finire il ciclo scolastico. Al termine del ciclo saranno ricollocate nelle scuole comunali. A questo scopo è stato utilizzato l’istituto del comando con il quale le insegnanti rimangono a tutti gli effetti dipendenti comunali. In questo modo il Comune si è avvalso di una modalità comune di gestione delle problematiche relative al personale, nelle transizioni di strutture pubbliche a forme di gestione privata.
E’ previsto che alla Fondazione siano progressivamente trasferiti tutti gli appalti in essere relativi alle scuole da essa gestite. Al momento il personale ausiliario viene fornito da un soggetto esterno individuato mediante nuovo appalto, mentre per la mensa ed anche per il servizio di appoggio educativo è stato esteso il relativo appalto comunale. I compiti amministrativi sono svolti dal personale comunale del Settore Istruzione, tranne che il servizio paghe e contributi che è stato affidato ad un soggetto esterno. Le ammissioni alle scuole continueranno a essere gestite dal Settore Istruzione e Rapporti con l’Università con un centro unico per le iscrizioni e le rette. Queste ultime, che per il primo anno verranno raccolte dal Comune e trasferite alla fondazione, saranno uguali a quelle delle scuole comunali. Oltre al fondo di dotazione costituito principalmente dai conferimenti in denaro e beni effettuati dal Comune, l’amministrazione cittadina ha previsto un contributo di funzionamento per la copertura dei costi di gestione. Per i primi tre anni tale contributo è stato fissato in 3 milioni e mezzo di euro, che si sommano alle rette delle famiglie. Gli immobili che ospitano le scuole sono stati trasferiti alla fondazione in comodato d’uso gratuito. E’ prevista la piena parità di trattamento tra le scuole comunali e quelle della fondazione rispetto al tempo del pre-scuola, del post-scuola, all’insegnamento, previsto nelle scuole comunali, di musica e inglese, nonché, in senso più generale, alle attività svolte. Il coordinamento pedagogico delle quattro scuole resta il medesimo delle scuole comunali.
Al termine del primo anno scolastico, la fondazione sarà oggetto di verifica “basata su dimensioni di analisi quali il riscontro sulla qualità del servizio (sentiti i genitori) e sulla qualità del lavoro (sentiti i dipendenti)” (Delib. Cons. 22/2012). In caso di esito positivo, alla fondazione potrà essere affidata la gestione di ulteriori servizi scolastici ed educativi 0-6 anni. In tal caso, il criterio da seguire per la selezione delle scuole e degli asili nido oggetto di trasferimento sarà lo stesso adottato per le prime quattro scuole dell’infanzia; si procederà egualmente a nuove assunzioni a tempo indeterminato di altre insegnanti di scuole tra quelle inserite in una graduatoria creata dopo la selezione di agosto, oppure di educatrici di asilo nido nel caso di affidamento in gestione di strutture di questo tipo.
Si può fare?
Con l’istituzione della fondazione Cresci@Mo il Comune di Modena è stato accusato di eludere opportunisticamente i vincoli relativi al patto di stabilità interno mediante quello che si configura come un puro escamotage volto ad evitare la via maestra delle esternalizzazioni. Effettivamente sembra non esservi alcun dubbio sul fatto che lo strumento sia stato scelto per la sua capacità di sottrarsi ai vincoli normativi connessi al patto di stabilità interno, posti sulle assunzioni e sulla spesa di personale degli enti locali. Allo stesso tempo, la fondazione permette però all’amministrazione comunale di conseguire altri due obiettivi nient’affatto disprezzabili. Il primo è la salvaguardia o, quanto meno, il tentativo di dare massima continuità ad un’esperienza di gestione diretta dei servizi la cui qualità elevata è riconosciuta a livello internazionale. La continuità con l’esperienza comunale è esplicitamente affermata nell’art. 3 dello statuto della fondazione, dove si afferma che essa nasce “con lo scopo di gestire, attraverso un modello innovativo, i servizi scolastici ed educativi rivolti alla fascia di età 0/6 anni, raccogliendo e sviluppando l’esperienza maturata dal Comune di Modena nell’organizzazione e nella gestione dei servizi per l’infanzia”. Lo stretto legame con la gestione diretta comunale è evidente, come si è già scritto, nell’organizzazione delle attività scolastiche, nella scelta di mantenere lo stesso coordinamento pedagogico e, più in generale, nella conservazione del medesimo modello educativo. Il secondo obiettivo conseguito con la fondazione è quello di fornire una soluzione politicamente accettabile ad un problema delicato, quale quello di far fronte alle crescenti e sempre meno sostenibili carenze di organico comunali in presenza di forti restrizioni alla spesa, senza ricorrere ad un’opzione, quella dell’esternalizzazione delle scuole, che ha trovato una forte ostilità da parte dell’opinione pubblica e del personale delle scuole stesse. Questo elemento permette di spiegare perché, nonostante essa abbia rappresentato una scelta controversa all’interno del contesto modenese, la fondazione abbia incontrato un forte interesse anche da parte di altre amministrazioni comunali, che si trovano di fronte a problemi simili a quelli del Comune di Modena.
Alcuni si sono chiesti se la fondazione si sottragga legittimamente ai vincoli posti dal patto di stabilità interno e dalle misure di austerità legate alla crisi finanziaria, in materia di spesa di personale e di assunzioni. La questione è stata ampiamente dibattuta per le società partecipate dagli enti locali. Infatti, nel corso del decennio precedente, in più di una circostanza gli enti locali, come del resto le Regioni, hanno costituito società partecipate al fine di non includere la spesa per il personale trasferito nel computo della spesa per il proprio organico, da considerare ai fini del rispetto delle norme connesse al Patto di Stabilità Interno. La legislazione (art. 18, co. 2-bis, d.l. 112/2008; art. 20, co. 9 del d.l. 98/2011) e anche la giurisprudenza della Corte dei Conti sono così intervenute per affermare che anche le spese sostenute per le società a partecipazione locale vanno incluse nell’aggregato di spesa di personale dell’ente locale, da utilizzare per la verifica del rispetto dell’obbligo di riduzione della spesa per il personale e per il calcolo del rapporto percentuale sulla spesa corrente. Allo stesso modo, i vincoli sulle assunzioni poste agli enti locali sono estesi anche alle società partecipate. Sono quindi incluse le società a partecipazione pubblica locale, totale o di controllo, che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali (sia a rilevanza economica che non) senza gara (comprendendono quindi tutte le società in house providing), quelle che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non commerciale, nonché le società che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica (e quindi le società strumentali). Sono escluse le società quotate in borsa e su mercati regolamentari.
Per quanto riguarda organismi come le fondazioni e le aziende speciali, sarebbe logico includere anch’esse nell’area di applicazione dei vincoli connessi al patto di stabilità interno in quanto sono dotate di livelli di autonomia contabile e finanziaria inferiori rispetto alle società partecipate. In questo senso si esprime, tra gli altri, la Ragioneria Generale dello Stato nella circolare n. 5 del 14 febbraio 2012, in riferimento al computo delle spese da considerare per la verifica del rispetto del Patto di Stabilità Interno. Tuttavia, la deliberazione 14/2011 della Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, si esprime chiaramente escludendo che le spese per il personale delle fondazioni e delle aziende speciali debbano essere considerate nel calcolo della spesa del personale dell’ente locale e all’interno dei vincoli a questa connessi al rispetto del patto di stabilità interno. L’art. 25, co. 2 del decreto sulle liberalizzazioni (d.l. 1/2012, convertito in l. 27/2012) è poi intervenuto sulla questione, stabilendo che “a decorrere dall’anno 2013, le aziende speciali e le istituzioni sono assoggettate al patto di stabilità interno” secondo le modalità definite da un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanare entro il 30 ottobre 2012. Inoltre allo stesso articolo si afferma che “alle aziende speciali ed alle istituzioni si applicano…le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieti o limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali”. Tuttavia, nella conversione in legge del decreto è stato aggiunto che sono escluse dall’applicazione dell’art. 25, co. 2 le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi educativi, socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie. Non solo le aziende speciali, ma addirittura organismi dotati di un livello di autonomia molto limitata dagli enti locali, come le istituzioni, sono escluse dall’applicazione dei vincoli di spesa e di assunzioni connessi al patto di stabilità interno. Questa disposizione da un lato rafforza l’esclusione delle fondazioni dall’area di applicazione di tali vincoli, in base alla normativa vigente, dall’altro sembra suggerire agli enti locali alcune strade ulteriori rispetto alla fondazione, per risolvere i problemi di carenza di organico nei servizi alla persona.
La governance interna
Lo statuto della fondazione prevede tre categorie di soci o membri della fondazione: il fondatore originario, i soci aderenti e i soci sostenitori. Il fondatore originario è il Comune di Modena, cui potranno eventualmente affiancarsi altri soggetti in qualità di soci aderenti. Questi possono essere esclusivamente pubbliche amministrazioni o organismi di diritto pubblico, “fermo restando che il governo della Fondazione dovrà rimanere in capo al Comune di Modena” (Delib. Cons. Com. 22/2012). La qualifica di socio sostenitore può invece essere ottenuta da “le persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private, e gli enti che, condividendo le finalità della fondazione, contribuiscano alla realizzazione dei suoi scopi, nella misura minima definita dall’Assemblea, mediante contributi in denaro, annuali o pluriennali, ovvero con un’attività, anche personale, di particolare rilievo o con l’attribuzione di beni materiali e immateriali” (art. 11 dello statuto della fondazione).
Organi della fondazione sono l’Assemblea, il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e il Revisore contabile. I cinque membri del Consiglio di Amministrazione sono nominati dal fondatore originario. Due di essi rappresentano i genitori delle scuole gestite dalla fondazione all’interno del CdA. Essi infatti vengono scelti “all’interno di una rosa di nominativi proposta dal Coordinamento dei Consigli di Gestione”, gli organismi di rappresentanza eletti dai genitori delle scuole dell’infanzia, e la rosa “sarà espressa dai genitori dei bambini e delle bambine frequentanti le strutture gestite dalla Fondazione, con priorità ai genitori dei Consigli di Gestione delle scuole stesse” (art. 19 dello statuto).
Il Consiglio d’Amministrazione, all’interno del quale viene nominato un Presidente che è anche Presidente della fondazione, provvede alla gestione nell’ambito degli indirizzi stabiliti dall’Assemblea. Il Presidente "a) dirige l’attività della fondazione…; b) è responsabile dell’organizzazione e del personale; predispone proposte, progetti e programmi di lavoro, volti al conseguimento degli scopi della fondazione” (art. 18 dello statuto). Il Presidente non può essere uno dei due membri del CdA espressione dei genitori delle scuole. L’Assemblea si riunisce almeno due volte all’anno ed ha tra le sue competenze principali l’approvazione dei bilanci della fondazione, delle modifiche statuarie e dei regolamenti interni, le deliberazioni in merito all’acquisto e alienazione di beni immobili, nonché quelle relative alle azioni di responsabilità nei confronti dei consiglieri di amministrazione o allo scioglimento della fondazione, la nomina del Revisore contabile e quella dell’eventuale direttore della fondazione che, se esistente, assume i principali poteri di gestione. Al momento non è in programma la nomina di un Direttore, anche perché i compiti amministrativi sono largamente svolti dal personale comunale del Settore Istruzione;la nomina però potrebbe divenire necessaria in futuro, in caso di ampliamento consistente del numero di scuole gestite dalla fondazione.
Il fondatore originario, i soci aderenti e quelli sostenitori godono del dritto di partecipazione all’Assemblea, anche se solo le prime due categorie di membri hanno diritto di voto. Ai fondatori originari e ai soci aderenti “spetta un voto ogni 1.000 euro di contributi versati al fondo di dotazione. Al Fondatore originario spetta, in ogni caso, un numero di voti pari alla metà più uno dei voti complessivi” (art. 15 dello statuto). Partecipano poi all’Assemblea con diritto di parola ma senza diritto di voto anche i rappresentanti dei genitori e i dipendenti della fondazione, secondo modalità che dovranno essere definite da un regolamento interno. L’assetto interno della fondazione garantisce quindi al Comune e ai suoi rappresentanti il pieno controllo della fondazione. Nell’assenza di altri soci fondatori o aderenti, pubblici o privati, la partecipazione, prevista come elemento qualificante della forma giuridica adottata, si esprime attraverso la presenza di due rappresentanti dei genitori nel Consiglio di Amministrazione. Sarà interessante osservare quali caratteristiche assumerà la presenza dei genitori all’interno dell’organo di governo e quale capacità essi mostreranno di saper incidere concretamente sulle scelte strategiche dell’ente; un compito, questo, non facile, come dimostrano altre esperienze italiane e straniere (un caso molto studiato, in questo senso, pur se assai differente, è quello delle fondazioni ospedaliere inglesi).
Al di là di tale presenza, la fondazione solleva elevate aspettative in termini di partecipazione e di democrazia interna, che attendono ora di essere pur gradualmente confermate. La fondazione infatti “promuove la partecipazione dei lavoratori, riconoscendo la centralità del ruolo degli educatori e degli insegnanti nella costruzione e nella realizzazione del progetto educativo…inoltre, riconoscendo i genitori dei bambini e delle bambine quali primi interlocutori del progetto educativo, stimola, valorizza e tutela il coinvolgimento, la partecipazione e la collaborazione delle famiglie” (art. 3 dello statuto). Nella costruzione di forme concrete di partecipazione e di democrazia interna, dal lato delle famiglie può essere d’aiuto l’esperienza di partecipazione dei Consigli di gestione dei genitori delle scuole dell’infanzia, molto attivi nel contesto modenese. Per le insegnanti, va ricordato il ruolo molto forte unanimemente riconosciuto nelle scuole comunali ai collettivi, che possono rappresentare uno strumento da cui partire per lo sviluppo di forme di coinvolgimento più ampio nel governo delle scuole. Per quanto difficile da realizzare e, forse, potenzialmente in contraddizione con le esigenze amministrative che si possono determinare, soprattutto in un’epoca di ristrettezze finanziarie, la partecipazione del corpo docente può rappresentare una risorsa fondamentale per assicurare una qualità elevata del servizio, tanto più in un settore in cui questa dipende prima di tutto dalle competenze e dall’impegno professionale delle risorse umane.
Dal pubblico al privato. Il nuovo contratto delle insegnanti
La fondazione è un soggetto di diritto privato e, come tale, suggerisce o, a seconda dei punti di vista, consente l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro del settore scolastico privato, invece del contratto delle Regioni e autonomie locali che è adottato nelle scuole dell’infanzia comunali. Il cambiamento nella regolazione del lavoro è un aspetto particolarmente rilevante in un servizio in cui, come si è ricordato poco sopra, la qualità dipende principalmente dal contributo prestato dalle risorse umane coinvolte, in primis le insegnanti. Nel dibattito iniziale sulla fondazione e al momento di assumere le prime decisioni ufficiali da parte della Giunta e del Consiglio comunale la questione è rimasta in qualche modo in secondo piano, pur se non assente dalla discussione, ed è poi entrata nel vivo nel corso dell’estate. Nel settore dei servizi educativi 0-6 anni vengono applicati diversi tipi di contratti collettivi di lavoro: senza pretesa di compiere un elenco esaustivo, e citandoli a partire da quello più favorevole per gli insegnanti fino quello meno favorevole, ricordiamo il contratto Scuola delle scuole dell’infanzia statali, il contratto Regioni e Autonomie Locali (o contratto degli enti locali), il contratto FISM (Federazione Italiana Scuole Materne), il contratto ANINSEI (Associazione Nazionale Istituti Nazionali Non Statali di Educazione e Istruzione) e il contratto delle cooperative sociali, non strettamente pertinente al settore scuola ma applicato nei servizi educativi gestiti dalle cooperative .
Dopo una valutazione interna, la scelta dell’amministrazione è stata di adottare il contratto collettivo nazionale di lavoro ANINSEI, associazione di scuole private non di orientamento religioso, aderente a Confindustria. Tale contratto si presenta come l’unico contratto “laico” esistente per il settore scuola privata e come tale è stato ritenuto più adatto rispetto al contratto delle scuole FISM. Questa decisione è stata lungamente contestata dai sindacati, che hanno chiesto il mantenimento del contratto degli enti locali, cosa a prima vista curiosa per un soggetto privato e non frequente, ma possibile dal punto di vista normativo e applicata in altri casi di passaggio di strutture pubbliche ad uno status giuridico privato nel settore sanitario e in quello sociale. Tuttavia, il passaggio ad una regolazione privata anche nel lavoro è stata ritenuta più coerente con la natura giuridica del nuovo soggetto. D’altro canto, se si vuole garantire al personale un trattamento economico-normativo equivalente a quello assicurato degli enti locali, è possibile ottenere questo risultato con un contratto integrativo aziendale. E’ qui che si è giocata la vera partita tra i sindacati e un’amministrazione comunale disponibile, ma orientata a conseguire un risparmio di bilancio, in condizioni finanziarie non gravi ma in via di peggioramento, a causa della crisi economica e delle spese derivanti dagli interventi di manutenzione straordinaria resi necessari dal terremoto del maggio 2012. La necessità di contenere le spese per la fondazione, delle quali la spesa per il personale è una componente fondamentale, ha avuto presumibilmente un ruolo determinante anche nella scelta di adottare lo stesso contratto ANINSEI. Ciò è tanto più vero se si considera che l’amministrazione comunale ha la necessità di dimostrare, anche sotto il profilo economico, la bontà della scelta compiuta con la fondazione, sulla quale nella stessa maggioranza esistevano forti perplessità e preferenze in favore di opzioni alternative, come la semplice esternalizzazione mediante gara d’appalto.
Allo stesso tempo, se si vuole salvaguardare l’esperienza comunale delle scuole dell’infanzia e garantire un servizio di elevata qualità nella fondazione, diventa fondamentale garantire un trattamento economico-normativo adeguato al personale in essa operante. Occorre poi evitare il più possibile che sul mercato del lavoro si creino, nel medio lungo termine, condizioni tali per cui la fondazione soffra della concorrenza di altri datori di lavoro, verso i quali le insegnanti siano spinte a trasferirsi per le migliori condizioni da questi assicurate. Nel settore attualmente il fenomeno esiste tra datori di lavoro pubblici (Stato, Comuni) e privati, pur se fortemente limitato dagli attuali vincoli nelle assunzioni effettate dagli enti locali. Inoltre, fatto meno prevedibile, la concorrenza esiste tra scuole dell’infanzia statali e comunali: dato che lo Stato garantisce un migliore trattamento economico e un orario di lavoro più ridotto rispetto al Comune questo si traduce in un trasferimento annuale di insegnanti verso le scuole statali che aggrava i problemi di organico delle scuole comunali. Se è vero che al momento tale problema non sussiste per la fondazione, data la presenza di un serbatoio di docenti non in possesso dell’abilitazione e della laurea in Scienze delle Formazione Primaria necessaria all’insegnamento nelle scuole comunali e statali, ciò non impedisce che il problema si possa creare nei confronti delle altre scuole a gestione privata e in futuro anche rispetto alle scuole pubbliche, ove mutino le condizioni esistenti sul mercato del lavoro.
Nella soluzione trovata si è cercato così di conciliare opposte esigenze. Senza addentrarsi troppo nella comparazione tra le norme contrattuali, cosa che l’autore si propone di fare in altra sede, l’accordo aziendale integrativo, stipulato il 31 agosto 2012 e di durata annuale, ha fortemente avvicinato il trattamento normativo delle insegnanti dipendenti della fondazione a quello delle insegnanti dipendenti del Comune di Modena. Il trattamento economico è stato sostanzialmente equiparato a quello delle insegnanti comunali a tempo determinato, spalmando la retribuzione su 13 mensilità invece che su 11, con un compenso mensile di 1.190 euro netti. Ciò è stato reso possibile mediante un’integrazione al minimo tabellare previsto dal contratto nazionale ANINSEI pari a 3.735 euro lordi annui (287,30 euro per mensilità).
Per quanto riguarda l’orario di servizio, il contratto nazionale ANINSEI prevede 34 ore frontali settimanali per 44 settimane all’anno, più 110 ore da dedicare alle attività di gestione e obblighi connessi alla docenza. Per analogia con quello delle scuole comunali, l’orario di servizio viene ricondotto a 40 settimane annuali, corrispondenti al periodo di apertura delle scuole, riducendo le ore frontali di 1,5 ore alla settimana. Le ore frontali diventano così di 32,5 ore alla settimana, comprensive dei pasti. Le ore di gestione passano invece a 170, avvicinandosi alle 200 delle scuole comunali che comprendono anche la refezione. Interessanti sono poi, a parere di chi scrive, le ipotesi di turnazione da attivare negli anni successivi che comprendono anche la presenza delle insegnanti delle sezioni nel prolungamento orario che va dalle 16 alle 18.15. Per l’amministrazione comunale, inoltre, un aspetto molto importante riguarda il pagamento della malattia e della maternità, che nel settore privato spetta all’INPS mentre in quello pubblico al datore di lavoro. Benché sia stata prevista un’integrazione alla quota INPS da parte della fondazione, ciò consente un notevole risparmio al Comune, tanto più in presenza di personale totalmente di sesso femminile.
L’accordo è stato firmato solo dal sindacato autonomo Confsal, sancendo una spaccatura molto forte e inusitata con l’amministrazione comunale. Tra le contestazioni principali avanzate dai sindacati confederali, vi sono un peggioramento delle condizioni economiche rispetto alle insegnanti comunali a tempo indeterminato che ammonterebbe, secondo i sindacati, a circa il 15% della retribuzione complessiva, il legame tra l’integrazione di malattia e maternità e l’anzianità di servizio e la mancata integrazione salariale della maternità nel caso dei contratti a tempo determinato.
In sostanza, l’amministrazione comunale viene accusata di scambiare i diritti dei lavoratori con l’assunzione a tempo indeterminato di personale che, in maggioranza, lavorava per le scuole comunali e che, peraltro, pur se adeguatamente formato e in possesso di comprovate competenze, non avrebbe potuto accedere all’assunzione a tempo indeterminato nelle scuole statali e comunali in quanto privo dei requisiti necessari (l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole materne statali o la laurea in Scienze della Formazione Primaria). Al di là del contratto, l’ostilità sindacale sembra dovuta alla preoccupazione che il passaggio delle scuole comunali alla fondazione preluda ad una loro piena privatizzazione.
Comunque si giudichino i rilievi portati all’accordo integrativo, adottando uno sguardo più ampio si tratta di comprendere quale sarebbe stata l’alternativa praticabile, nelle condizioni di austerità e ristrettezza finanziaria in cui si trovano ad operare le amministrazioni comunali. Se è vero che l’allentamento dei vincoli sulle assunzioni avrebbe forse consentito di continuare, almeno per un altro anno, la gestione diretta, è altrettanto vero che le condizioni finanziarie esistenti, in via di peggioramento, ponevano come alternativa più plausibile l’esternalizzazione mediante gara d’appalto. A questa avrebbe probabilmente fatto seguito l’applicazione di contratti di lavoro più penalizzanti per le insegnanti delle scuole, rispetto al compromesso raggiunto nella fondazione.
Il futuro della fondazione
La fondazione ha consentito al Comune di limitare fortemente il numero di posti vacanti nelle scuole comunali che erano arrivati a superare la quarantina nel 2011-12. Il problema però non pare superato, se è vero che i posti vacanti e altre situazioni simili, che sembravano eliminate a maggio, nel mese di settembre si avviano a diventare una ventina. Stante le condizioni attuali, e se non verranno indetti concorsi pubblici per insegnanti comunali, è assai probabile che altre scuole dell’infanzia a gestione diretta vengano trasferite alla fondazione già il prossimo anno. Dal punto di vista organizzativo ciò consentirebbe alla fondazione di realizzare alcune economie di scala ora rese difficili dalle ridotte dimensioni, mentre per il reclutamento del personale docente si potrà attingere alla graduatoria creata con la selezione dell’agosto 2012. In questo modo, peraltro, il Comune conseguirà indirettamente, come già avvenuto quest’anno, l’obiettivo di conservare, stabilizzandolo, personale in buona misura da esso formato nel corso degli anni, con un investimento considerevole di risorse che rischia altrimenti di andare disperso. Con un numero più ampio di scuole, una maggiore esperienza gestionale e, presumibilmente, una più ampia autonomia amministrativa dal Comune, la fondazione potrà cominciare un percorso di consolidamento e di istituzionalizzazione tra i soggetti permanenti del sistema educativo locale.
Affinché questo percorso si realizzi, se permangono le attuali condizioni di difficoltà nella finanza pubblica, la fondazione Cresci@Mo dovrà dimostrare di essere economicamente sostenibile, pur scontando, probabilmente, un costo maggiore per l’amministrazione comunale rispetto alla semplice esternalizzazione. Se non si vogliono peggiorare le condizioni economico-retributive del personale, con conseguenze negative sulla qualità del servizio, occorrerà sfruttare nel modo migliore le possibilità fornite dalla natura giuridica privata della fondazione in termini di flessibilità organizzativa e gestionale. In questo senso, la fondazione potrebbe combinare lo stretto rapporto con il settore pubblico comunale, con la maggiore libertà garantita dalla regolamentazione privata, per promuovere assetti organizzativi, moduli gestionali e programmi di attività di carattere sperimentale, da estendere eventualmente ad altri soggetti del sistema educativo territoriale. Da strumento utile a far fronte alle carenze di organico dovute ai vincoli del patto di stabilità, essa potrebbe rappresentare una soluzione innovativa, capace di coniugare il meglio dell’esperienza pubblica nel settore dei servizi educativi con le potenzialità fornite dall’autonomia privata.