Il 5 febbraio si è celebrata la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, e contestualmente ha preso avvio la campagna europea di sensibilizzazione «Spreco zero 2016 – Un anno contro lo spreco» che pone l’accento sulla conservazione del cibo come misura essenziale di educazione alimentare.
Le cifre dello spreco alimentare
Lo spreco alimentare mondiale vale ogni anno 1.000 miliardi di dollari. Una cifra vertiginosa, che sale a 2.600 miliardi se si considerano i costi "nascosti" legati all’acqua e all’impatto ambientale. Secondo il Rapporto Waste Watcher 2015 In Italia il solo spreco di cibo domestico – dalla dispensa di casa al frigorifero, dai fornelli al bidone della spazzatura – vale complessivamente 8,4 miliardi di euro all’anno, ovvero 6,7 euro (o se preferite 650 grammi di cibo) settimanali per famiglia. Nella sola Unione Europea annualmente vanno sprecate 90 milioni di tonnellate di cibo. Secondo le stime della Commissione UE, il 39 per cento dello spreco si concentrerebbe nel settore manufacturing, che comprende i processi di trattamento e trasformazione dei prodotti alimentari destinati alla distribuzione; il 5 per cento nel settore retail/wholesale, che concerne le attività di distribuzione e vendita, sia all’ingrosso sia al dettaglio; il 14 per cento nel food service sector, che comprende ristorazione, catering e la preparazione di cibo pronto all’uso; il restante 42 per cento nel settore households, ovvero nell’ambito del consumo domestico [Commissione Europea 2010].
Ma la povertà alimentare aumenta
Mentre tutto questo cibo viene gettato, la povertà alimentare persiste, anzi cresce. In base agli ultimi dati disponibili [Eurostat 2015] nel 2013 gli italiani che dichiaravano di non riuscire a permettersi un pasto con carne o pesce (o equivalente vegetariano) ogni due giorni erano pari al 12,6 per cento della popolazione residente. Se fino al 2010 l’Italia si è trovata ben al di sotto della media UE, negli ultimi quattro anni si è assistito a una crescita impressionante di questo indicatore che, seppur in diminuzione nell’ultimo biennio, resta fortemente al di sopra della media degli altri Paesi membri, meglio solo della Grecia e dei paesi dell’est.
Secondo le stime di un recente volume curato da Giancarlo Rovati Luca Pesenti e gli italiani incapaci di rispondere alle proprie necessità alimentari sono circa 5 milioni e mezzo di cui 1 milione e 300 mila minorenni. I dati indicano che l’11,9 per cento della popolazione nella fascia 0-5 anni, il 13,7 per cento della fascia 6-14 e il 13 per cento della fascia 15-17 vive in famiglie caratterizzate da una situazione di povertà alimentare: dati molto superiori alla media nazionale, pari al 9,1 per cento. Ad essere particolarmente esposti al fenomeno della povertà alimentare sono inoltre le persone che vivono nelle regioni meridionali. Nel Mezzogiorno ben il 10,6% delle famiglie residenti risulta in povertà alimentare, contro il 4,8% del Centro e il 5,1% del Nord.
Come fare degli sprechi una risorsa
La domanda che sorge spontanea è: quanto di questo spreco alimentare potrebbe essere evitato e, soprattutto, quanto potrebbe essere destinato a sostenere chi si trova in situazione di povertà alimentare? E’ possibile convogliare quella parte di spreco ancora perfettamente commestibile (tecnicamente indicato come “eccedenza alimentare”) verso chi si trova in indigenza riequilibrando il rapporto tra chi ha troppo e chi ha troppo poco? Diverse esperienze sviluppatesi nel nostro Paese ci dicono non solo che è possibile, ma che molto potrebbe essere fatto per favorire il contrasto allo spreco e, contemporaneamente, combattere la povertà alimentare.
E’ questo il caso del Banco Alimentare che da oltre 25 anni è attivo sul territorio italiano nel recupero delle eccedenze prodotte dalla filiera agroalimentare per sostenere le realtà caritative che aiutano gli indigenti. Un’attività che, in un contesto di risorse sempre più scarse, negli ultimi anni ha saputo diversificare e innovare le proprie modalità di intervento, aumentando le fonti di approvvigionamento e sperimentando nuove strade attraverso cui recuperare le eccedenze.
O degli empori solidali (a cui abbiamo dedicato un capitolo del Secondo rapporto sul secondo welfare in Italia) che si sostengono grazie alla collaborazione di soggetti profit, appartenenti principalmente al settore della distribuzione alimentare e della ristorazione, donando ciò che non è più commerciabile per difetti di confezionamento, eccedenze o scadenza immediata.
O di privati cittadini che, consapevoli delle conseguenze dello spreco alimentare, adottano innovative modalità di produzione, approvvigionamento e consumo capaci di trasformare gli sprechi in risorse, ri-attribuendo al cibo un importante valore economico e sociale. Pensiamo alla diffusione dell’agricoltura urbana, dei Gruppi di Acquisto Solidale e delle food policy urbane.
Un aiuto importante in questo senso può arrivare anche dall’uso delle nuove tecnologie, come dimostra il recente sviluppo di app e piattaforme online finalizzate a contrastare lo spreco alimentare da parte di cittadini e di esercizi commerciali.
Un volume sul contributo del secondo welfare
Parte di queste tematiche sono state trattate all’interno del Focus di ricerca del nostro Laboratorio dedicato proprio alla povertà alimentare, nel tentativo di stimolare il dibattito intorno a questi importantissimi argomenti. A partire dall’ottobre 2013, con il patrocinio del Comitato Scientifico del Comune di Milano per Expo 2015, abbiamo infatti individuato e descritto numerose esperienze che coinvolgono istituzione pubbliche, imprese private e organizzazioni del terzo settore che ogni giorno sono impegnate a combattere la povertà e lo spreco alimentare attraverso modalità innovative.
La volontà di sistematizzare le evidenze emerse negli oltre due anni di attività del Focus e mettere a frutto l’eredità lasciata da Expo Milano 2015 ha portato alla stesura del volume “La povertà alimentare in Italia, le risposte del secondo welfare” che sarà prossimamente pubblicato da Il Mulino. Scritto da Franca Maino, Chiara Lodi Rizzini e Lorenzo Bandera, ricercatori di Percorsi di secondo welfare, questo volume si configura come uno strumento attraverso cui comprendere il contributo offerto dal secondo welfare nel contrasto alla povertà alimentare e nello sviluppo di politiche il più possibile adeguate per affrontare queste problematiche.