A gennaio 2022, quando il terzo inverno della pandemia sembrava sul punto di portare, ancora, alla chiusura delle scuole, ci siamo chiesti se e quanto l’emergenza avesse cambiato la didattica nel nostro Paese. Lo abbiamo fatto con una serie di approfondimenti per capire se ci fosse vita oltre la DAD, provando cioè a comprendere se l’esperienza della didattica a distanza e il ricorso forzato al digitale avessero impresso un cambio di rotta nel mondo della scuola italiana accelerando la sua digitalizzazione.
Con l’avvio dell’anno scolastico 2022/2023, grazie al sostegno di Bolton Hope Foundation, muovendo dalle conoscenze maturate attraverso lo sviluppo della di quella che è diventata la serie giornalistica “Oltre la DAD”, abbiamo avviato il progetto Nova Schol@ – Innovazione digitale della didattica per l’inclusione sociale.
Il suo obiettivo è indagare se l’innovazione della didattica, supportata dal ricorso alle Information Communication Technology (ICT, a volte indicate in italiano anche come TIC – Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) nelle classi, aiuti a promuovere il benessere e l’inclusione sociale di ragazze e ragazzi. Dentro e fuori la scuola.
I risultati della ricerca svolta nell’ultimo anno saranno pubblicati nei primi mesi del 2024 in un volume collettaneo, curato da chi scrive ed edito da Giappichelli, che vedrà alternarsi le voci delle ricercatrici e dei ricercatori che hanno collaborato a Nova Schol@. In attesa dell’uscita di questo libro, di seguito ripercorriamo le principali attività realizzate nell’ambito del progetto e ne anticipiamo alcuni risultati.
Il focus di Nova Schol@: digitale e innovazione della didattica
Nova Schol@ guarda alle ICT a scuola, ma il suo focus non è il digitale in sé ma piuttosto l’innovazione della didattica che può essere veicolata (anche) grazie alle nuove tecnologie. Come abbiamo già raccontato, la letteratura ci dice che le ICT possono sostenere una modalità di organizzazione dei contenuti e delle relazioni che si sviluppano in aula che rompe con la logica tradizionale della scuola come luogo di trasmissione del sapere organizzato. La scuola italiana si basa infatti su un metodo “trasmissivo” incentrato sulla spiegazione frontale, come se l’apprendimento fosse il mero prodotto del passaggio di informazioni da qualcuno a qualcun altro.
Potenzialmente, gli strumenti digitali possono rivoluzionare questo approccio, dal momento che rendono molto più sfumati i confini di come e quando gli studenti apprendono. La possibilità di avere accesso alle informazioni ovunque, ad esempio, mette gli studenti in condizione di apprendere in qualsiasi contesto, in modo molto più attivo e autonomo rispetto al passato e possono, di conseguenza, cambiare anche il loro ruolo in aula.
Questo non può avvenire autonomamente e automaticamente. Occorre infatti che cambi anche la funzione dell’insegnante che può diventare una guida più che un trasmettitore di nozioni. In sostanza, le ICT possono modificare il come gli studenti apprendono e il tipo di relazioni che possono instaurare con chi insegna.
Innovazione della didattica e benessere: quale nesso?
In linea con gli interessi di ricerca di Percorsi di secondo welfare, Nova Schol@ esula dal focalizzarsi sugli aspetti pedagogici della didattica digitale ma guarda piuttosto alle ricadute che l’innovazione didattica può avere in termini di benessere e inclusione sociale.
Nello specifico, siamo partiti dall’idea che esista un nesso virtuoso fra didattica digitale innovativa e benessere/inclusione a scuola per tre ragioni:
- Questo tipo di didattica riesce a coinvolgere maggiormente gli studenti, per effetto della fascinazione tecnologica e l’utilizzo di un linguaggio a cui i ragazzi sono più abituati, stimolando la loro partecipazione attiva con ricadute positive sui loro rendimenti e, di conseguenza, sulla riduzione degli abbandoni scolastici.
- La didattica digitale può fornire agli studenti competenze utili al loro futuro inserimento nel mercato del lavoro e garantire la possibilità di fruire pienamente dei loro diritti di cittadinanza agendo dunque da volano per la promozione della loro inclusione sociale futura.
- Questo approccio può ridurre il digital divide sia dal punto di vista cognitivo, perché gli studenti (come detto) sviluppano competenze digitali, sia da quello materiale. Infatti, se i device diventassero essenziali per la didattica, allora dovrebbero essere forniti agli studenti nel rispetto del diritto allo studio, al pari di quanto oggi lo sono i libri di testo (pur con evidenti limiti legati all’adeguatezza delle risorse dedicate a tale scopo).
Obiettivi e metodo di Nova Schol@
In questo contesto, la ricerca si è posta l’obiettivo, da un lato, di indagare le condizioni per cui il digitale riesce effettivamente a veicolare l’innovazione e, dall’altro, se questo tipo di didattica è effettivamente una leva attraverso la quale promuovere il benessere degli studenti a scuola e l’inclusione sociale.
Con riferimento alla capacità del digitale di veicolare l’innovazione, l’analisi si è concentrata in particolare sui fattori interni ed esterni alla scuola, laddove i primi riguardano il piano delle politiche europee e nazionali (di cui abbiamo parlato qui) a sostegno del digitale, mentre i secondi hanno a che vedere con gli elementi che, in ciascuna scuola, possono agire a sostegno dello sviluppo di modelli di didattica innovativa.
Se i fattori esterni sono stati indagati prevalentemente attraverso l’analisi documentale e della letteratura, i fattori interni sono stati oggetto di una ricerca sul campo realizzata attraverso focus group. L’analisi del digitale quale leva di promozione del benessere e dell’inclusione dei giovani è stata invece realizzata, oltre che attraverso la letteratura e i medesimi focus group, mediante la somministrazione di una survey a un più ampio numero di scuole.
Nello specifico, le scuole coinvolte nei focus group aderiscono a Avanguardie Educative, un progetto di ricerca-azione lanciato nel 2014 e trasformatosi nel tempo in un vero e proprio Movimento (ne abbiamo parlato qui). Si tratta dell’Istituto tecnico economico Tosi di Busto Arsizio, dell’Istituto di istruzione superiore Luca Pacioli di Crema (Liceo sportivo e Istituto Tecnico) e dell’Istituto Artistico Caravaggio di Milano, dove stati complessivamente realizzati 10 focus group che hanno visto protagonisti studenti, genitori e insegnanti.
In queste tre scuole è stata inoltre realizzata un’analisi dei dati Invalsi che ha permesso di inquadrare il background degli studenti, i loro rendimenti, “l’Effetto scuola” , i risultati a distanza (ovvero il percorso intrapreso dagli studenti dopo il diploma), con l’obiettivo di contestualizzare le evidenze raccolte attraverso i focus group.
Oltre i punteggi: il potenziale dei dati INVALSI che dovremmo imparare a sfruttare
La survey ha previsto invece l’invio di due questionari – il primo rivolto agli studenti, il secondo agli animatori digitali – a un campione di scuole più ampio ma sempre aderente ad Avanguardie Educative (vedi infra).
Nova Schol@: evidenze preliminari
Di seguito si presentano, molto sinteticamente, alcune evidenze preliminari emerse attraverso la survey e il focus group con riferimento alle valutazioni espresse da studentesse e studenti circa la didattica innovativa.
La survey agli studenti
La survey ha raccolto 3.126 risposte provenienti da 6 scuole ed evidenzia un giudizio sulle pratiche di didattica innovative che è generalmente positivo (Grafico 1). Oltre il 50% degli studenti e delle studentesse ritiene che la didattica innovativa abbia avuto un impatto prevalentemente se non del tutto positivo sull’interesse per l’oggetto di studio. Il 63% dichiara che questo tipo di didattica ha un effetto prevalentemente o del tutto positivo sulla comprensione dell’oggetto di studio e un effetto nettamente positivo sulle relazioni (tra studenti e tra insegnanti e studenti).
Interessante, il dato per il quale il 20% dei rispondenti ritiene che la didattica innovativa abbia avuto un impatto negativo sulla loro propensione a intraprendere un percorso STEM. Apparentemente questo dato potrebbe essere letto come un segnale di scoraggiamento verso tali percorsi di studio ma va sottolineato – e qui c’è un elemento interessante emerso nel corso dell’analisi – che le materie in cui i metodi e gli strumenti della didattica innovativa sono usati più spesso sono lettere e lingue straniere. Questo dato potrebbe allora essere letto, invece, come un esito positivo della didattica innovativa nell’aumentare l’interesse per le materie in cui è impegnata che, come detto, sono perlopiù materie non-STEM.
Anche i giudizi sull’adeguatezza degli strumenti di didattica innovativa sono tendenzialmente positivi (o per lo più neutri) (Grafico 2). Tuttavia, quasi il 30% dei rispondenti dà un giudizio prevalentemente o del tutto negativo rispetto alla preparazione degli insegnanti e il 18% rispetto alla scuola. Gli studenti e le studentesse hanno dunque più fiducia nella propria preparazione e negli strumenti personali a loro disposizione piuttosto che in quelli offerti dalle istituzioni scolastiche.
L’analisi multivariata – che permette cioè di analizzare simultaneamente più variabili interagenti – sulle caratteristiche che influenzano il giudizio sulla didattica innovativa evidenzia diverse cose interessanti. Ad esempio, avere entrambi i genitori laureati aumenta la probabilità che il giudizio sull’effetto della didattica innovativa sia positivo. Stessa cosa avviene col fatto di avere voti alti in matematica e italiano, un risultato che peraltro è fortemente determinato dalla condizione socio-economica degli studenti e delle famiglie di origine (chi è più avvantaggiato ottiene in media voti più alti). O, ancora, non avere mai o quasi mai un posto tranquillo dove studiare diminuisce la probabilità che il giudizio sia positivo. Questi dati suggeriscono, di nuovo, l’importanza della condizione socio-economica di partenza sul giudizio sulla didattica innovativa e probabilmente sui benefici che studenti e studentesse riescono a trarne o riferiscono di trarne.
I Focus group con gli studenti
Guardando agli esisti dei focus group realizzati nel corso del progetto, emerge come per la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze coinvolti il superamento della tradizionale lezione frontale aiuti a rendere la vita in aula “meno pesante” e “alleggerita”.
Oltre a questo, secondo i ragazzi e le ragazze, uno dei principali pregi delle metodologie innovative risiede nella possibilità di costruire e fortificare le relazioni tra pari. In queste situazioni, infatti, l’apprendimento non avviene solo in maniera verticale (dal docente allo studente) ma soprattutto in modo orizzontale, ossia attraverso il confronto con i propri compagni di classe. In sostanza, emerge una percezione individuale della didattica innovativa quale strumento utile alla fortificazione della propria identità e sicurezza personale.
Tutti gli studenti e le studentesse coinvolti nei focus sono concordi nel sostenere che la didattica innovativa non può prescindere da quella tradizionale. Sebbene per alcuni sia “più comoda” la lezione frontale, in generale, i ragazzi e le ragazze riconoscono la necessità di essere accompagnati dal corpo docente non solo nell’apprendimento dell’uso dei device digitali o delle piattaforme, ma anche nelle materie da loro insegnate: un buon bilanciamento tra didattica innovativa e tradizionale sembra perciò essere la soluzione migliore da perseguire.
Inoltre, secondo i partecipanti ai focus, gli strumenti digitali in aula (in particolare i tablet usati durante le lezioni) portano inevitabilmente a distrarsi ma, allo stesso tempo, aiutano a responsabilizzarsi e a sviluppare competenze utili a gestire dinamiche di overstimolation tipiche del nostro tempo.
I focus hanno poi evidenziato una certa ambiguità rispetto a quale metodologia (innovativa o tradizionale) sia più utile per spronare e sostenere le persone meno motivate e più a rischio di abbandonare il percorso educativo.
Se da un lato la didattica frontale sembra essere in grado di spronare di più perché aiuta a individuare chiaramente cosa si deve fare per raggiungere gli obiettivi durante l’anno scolastico, le attività di gruppo e il peer-to-peer sono meno efficaci da questo punto di vista ma permettono ai compagni e alle compagne di classe di aiutarsi a vicenda e di supportare così coloro che incontrano maggiori difficoltà nel lavoro individuale. Su questo punto tuttavia, i focus hanno anche evidenziato una certa fatica da parte degli studenti con migliori rendimenti che si prendono carico di quelli più fragili e una tendenza a colpevolizzare coloro che rimangono indietro. Le complessità strutturali del sistema scolastico e del background socio-economico sono perlopiù appiattite sulla (mancanza di) motivazione individuale.
Digitale si o no? Riflessioni (non) conclusive
I risultati preliminari di Nova Schol@ mettono in luce la complessità del tema analizzato. Potremmo dire che le evidenze che emergono sull’innovazione della didattica attraverso il digitale sono “scivolose” dal momento che, se da un lato, sembrano prevalere gli impatti positivi, dall’altro, tali impatti sono spesso accompagnati da criticità.
Didattica digitale per includere e innovare: il progetto Nova Schol@
Inoltre, anche se emerge in maniera piuttosto netta una valutazione positiva della didattica digitale (in particolare come strumento utile ad aumentare l’interesse e la comprensione per le materie studiate), molto più complesso è il ruolo che essa può giocare a sostegno dei ragazzi più fragili perché con rendimenti più bassi. I giudizi positivi su tale didattica infatti provengono perlopiù da studenti e studentesse con background economici migliori e i focus group evidenziano come questo tipo di didattica spesso renda più complesso individuare chiaramente quello che è necessario fare per ottenere risultati adeguati e sufficienti a evitare le ripetenze.
Evidenze di questo tipo, tuttavia, non sembrano legarsi a vizi della nostra analisi. Un recente rapporto pubblicato da Unesco evidenzia infatti un effetto positivo delle tecnologie per l’educazione sugli obiettivi di apprendimento; ma chiarisce che, le valutazioni finora effettuate incorrono in dei limiti dati dall’area geografica, dagli scopi della materia e dalla durata degli interventi oggetto d’analisi – e possono inoltre essere influenzate da altri fattori pedagogici che è complesso isolare dall’analisi. Il volume che pubblicheremo tra pochi mesi, e che sistematizzerà le tante informazioni raccolte nel corso di Nova Schol@, ci dirà se e quanto queste prime evidenze saranno confermate. E quanto effettivamente la digitalizzazione della scuola italiana può essere un fattore inclusivo per chi la frequenta.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito di Nova Schol@. È una ricerca di Percorsi di secondo welfare, sostenuta da Bolton Hope Foundation, che studia l’innovazione digitale della didattica e come questa può favorire l’inclusione sociale. Dentro e fuori la scuola. |