La povertà educativa è un tema sempre più al centro della riflessione e dell’azione di policy makers e organizzazioni del Terzo Settore, come fondazioni e ONG, che sempre più orientano la loro azione al raggiungimento dell’obiettivo quattro dei Sustainable Development Goal: Quality Education. La questione riguarda diverse fasce d’età, dalla prima infanzia all’adolescenza.
Sulla prima infanzia, uno dei dati più significativi arriva dall’ultimo rapporto curato dall’impresa sociale “Con i Bambini” e riguarda il tasso di copertura dei nidi nel nostro Paese, fermo al 23%. Una soglia molto bassa se si pensa che già la strategia europea poneva come obiettivo per il 2010 il raggiungimento di una soglia del 33%. Ma il tema è più ampio e complesso e va ben oltre la questione – pur ineludibile – della erogazione di servizi pubblici sufficienti ed efficienti. Soprattutto nel passaggio alla scuola dell’obbligo.
Le grandi differenze sulle povertà educative tra regioni, zone più o meno urbanizzate e non ultimo tra diverse situazioni socio-economiche dei nuclei familiari di provenienza dei minori raccontano un quadro che necessita un’azione multidimensionale, che lavori sui diversi fattori che bloccano la corretta evoluzione educativa di bambini e ragazzi. Con un obiettivo: liberare quella che l’antropologo Arjun Appadurai chiama “capacità di aspirare”, ovvero la possibilità di immaginare desideri e costruire progetti di vita.
La relazione tra povertà educativa e povertà materiale, e dunque contesto socio-economico della famiglia di origine, è uno dei nodi chiave di questa sfida educante integrale, sociale e pedagogica, ed è affrontata anche nell’ultimo rapporto di Save The Children “Nuotare Contro Corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia” (approfondito da Percorsi di secondo welfare qui).
Nel rapporto, emerge con chiarezza come gli adolescenti che provengono da famiglie che vivono situazione di disagio socio-economico abbiano meno possibilità di accedere a esperienze educative e culturali di rafforzamento delle proprie capabilities. Se il carattere dell’intergenerazionalità della povertà educativa (e cioè della sua “trasmissione” tra le generazioni della stessa famiglia) è ormai noto, il rapporto mette in evidenza anche come questo non sia una condizione inevitabile e anzi come siano presenti e ulteriormente attivabili percorsi di resilienza tra i minori.
In questo quadro, la valutazione dell’impatto sociale diventa questione strategica nel comprendere come contrastare il carattere intergenerazionale della povertà. La valutazione, infatti, può farsi strumento di managment prima, durante e dopo l’elaborazione di un progetto. Prima, come azione collaborativa a disegnare la misura di intervento. Durante, per monitorare l’attuazione del progetto e fornire un contributo importante a “sterzarlo” e perfezionarlo, se necessario. Dopo, per misurare l’impatto sociale raggiunto e contribuire a un rilancio delle iniziative.
Con questo spirito, Human Foundation è impegnata con diverse organizzazioni del Terzo Settore nel costruire percorsi valutativi che siano in grado di produrre evidenze rispetto all’ evitabilità della povertà educativa.
Proprio con Save The Children, Human Foundation sta realizzando la valutazione di un “Punto Luce” (un centro dedicato a promuovere la resilienza dei minori in territori periferici) presso lo Zen di Palermo. Il lavoro è iniziato a settembre 2016 e si concluderà quest’anno. Si tratta di una valutazione quali-quantitativa basata su questionari e interviste semi strutturate centrate sull’impatto sui minori, ma anche sulle famiglie e sulla comunità educante del territorio.
Altra importante organizzazione è la Fondazione “Albero della Vita”, che lavora puntando sull’accrescimento delle competenze genitoriali e sul ruolo delle famiglie. Per questa organizzazione Human sta seguendo la valutazione del programma nazionale “Varcare la Soglia”, in particolare la sua attuazione nelle città di Milano e Palermo. Oltre alla valutazione d’impatto sociale, stiamo misurando anche l’impatto economico del programma, attraverso una stima dei risparmi che l’intervento genererà in termini di prevenzione.
E sono appena partite le prime valutazioni su alcune misure avviate grazie al bando Prima Infanzia di “Con i Bambini”. Si va dall’ “arteteca” a Napoli, due ludoteche museali nelle quali saranno promosse attività ludico-ricreative per bambini e famiglie, a un progetto di educazione interculturale con la Scuola Di Donato, a Roma. Fino a due progetti, in Umbria e nelle Marche, sulla messa in rete di servizi per la prima infanzia nelle aree interne e nelle zone periurbane.
Mettere a sistema tutte queste esperienze potrà rivelarsi fondamentale per contribuire a un più generale disegno delle politiche pubbliche nazionali in tema di contrasto alle povertà educative.