Autrici

Beatrice Magni –  ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università degli Studi di Milano, dove insegna Filosofia politica. Tra i suoi temi di ricerca vi sono: teorie, problemi e pratiche del pluralismo, il conflitto politico come ambito di giustificazione e fondazione della sfera pubblica, criteri di cittadi- nanza critica, questioni di giustizia e di ingiustizia.

Francesca Pasquali – assegnista di ricerca in Filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università degli Studi di Milano. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente su questioni di carattere metateorico e metodologico nel campo della filosofia politica, quali la tensione tra desiderabilità e praticabilità dei modelli normativi, il confronto tra teorie idealiste e realiste, il rapporto tra fatti e principi e la relazione tra approcci normativi ed empirici.

Abstract 

Le critiche avanzate nei confronti del modello tradizionale di welfare state ne evidenziano sia l’insostenibilità in termini economici sia gli effetti perversi che produce o può produrre: occorre quindi ripensare tale modello. Il paper ripercorre le ragioni di carattere normativo a sostegno dell’intervento pubblico nel settore del welfare, sottolineando che, dal secondo dopoguerra in poi, l’erogazione di servizi sociali non risponde più a istanze umanitarie, ma diventa a pieno titolo una questione di giustizia. L’intervento pubblico nel settore del welfare è infatti giustificato attraverso il richiamo a diritti sociali o a diritti di cittadinanza e le politiche sociali assumono la funzione di controbilanciare i rischi legati ai cicli vitali, alla malattia e all’economia di mercato, rischi rispetto ai quali gli individui non sono responsabili e dai quali devono quindi essere protetti. Inoltre, l’intervento pubblico nel welfare trova una giustificazione nella sua capacità di far fronte ai fallimenti del mercato, garantendone l’efficienza e preservandolo come sfera di libertà all’interno della quale gli individui possono esercitare la propria autonomia. Le politiche sociali sono state giustificate anche con riferimento a finalità redistributive ed egualitarie o alla necessità di sottrarre alcuni ambiti, quali la sanità o l’educazione, alla logica del mercato per assicurare l’uguaglianza delle opportunità. Questi sono gli ingredienti normativi da tenere presenti nel ripensare il welfare state alla luce di una duplice esigenza: 1) rispettare limiti di spesa che sono oggi più ristretti, 2) mettere a punto modalità di erogazione dei servizi sociali che evitino gli esiti perversi di cui sopra, quali la deresponsabilizzazione e lo stato di dipendenza dei beneficiari di politiche sociali. Come il paper segnala, ci sono punti di tensione sia tra i diversi principi normativi su cui la giustificazione del welfare state si fonda (libertà e uguaglianza), sia tra le varie finalità che persegue (soddisfare bisogni e garantire l’efficienza del mercato), così come tra i differenti valori che promuove (giustizia e solidarietà). Tali tensioni rendono il welfare state particolarmente vulnerabile alle critiche, ma questo non significa che non sia possibile rintracciare criteri e valori condivisi o condivisibili, che ne giustifichino la persistenza. Il welfare state rappresenta il tentativo di trovare un equilibrio tra valori e principi propri della tradizione pubblica delle società liberali e democratiche, dalla libertà all’uguaglianza, dalla solidarietà all’efficienza. Si tratta, dunque, di trovare nuovi fondamenti teorici e normativi e un nuovo punto di equilibrio, capace di configurare una nuova forma e formula di welfare state, alla luce delle sfide che deve e dovrà affrontare.