Percorsi di secondo welfare presenta il nuovo working paper della collana 2WEL. In “Effetti e ostacoli delle pratiche di conciliazione vita-lavoro: dalla valutazione delle politiche allo studio delle organizzazioni”, l’autrice rende conto di quella letteratura, per lo più internazionale, che rispetto alle misure di conciliazione vita-lavoro si è spinta al di là della loro descrizione per entrare nell’ambito della valutazione della loro efficacia, con particolare attenzione agli effetti della “cultura organizzativa”, suggerendo alcune possibili prospettive di ricerca.
L’autrice
Camilla Gaiaschi è dottoranda in sociologia all’Università degli Studi di Milano. Attualmente sta conducendo una ricerca su genere e carriere mediche nell’ambito del progetto europeo S.T.A.G.E.S. (Structural Transformation to Achieve Gender Equality in Science) presso l’Università degli Studi di Milano. Ha pubblicato Oltre il modello dual earner-dual carer: dalla conciliazione condivisa per tutt* alla conciliazione condivisa fra tutt*, «AG-About Gender», 3, 2014, n. 6. Da maggio 2014 collabora con Percorsi di secondo welfare per il quale ha pubblicato una serie di articoli online sui temi delle pratiche di conciliazione vita-lavoro aziendali e delle pari opportunità. Dal 2010 è giornalista professionista. Collabora con il «Corriere della Sera» e in particolare con i blog «La nuvola del Lavoro» e «La 27a Ora» del Corriere.it sui temi del lavoro, del welfare e delle pari opportunità.
Abstract
L’esistenza di una politica di welfare da sola non basta per garantirne l’efficacia. Questo è vero anche per tutte quelle politiche che intendono favorire la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro. Il presente working paper intende rendere conto di quella letteratura, per lo più internazionale, che rispetto alle misure di conciliazione vita-lavoro si è spinta al di là della loro descrizione per entrare nell’ambito della valutazione della loro efficacia, e più in particolare dell’analisi dei fattori che ne favoriscono o ne impediscono l’utilizzo e dell’individuazione degli effetti sui potenziali beneficiari. L’obiettivo del presente contributo è triplice: rendere visibile in Italia un filone di ricerca pressoché sconosciuto; riflettere sui limiti e sulle sfide metodologiche che la valutazione delle pratiche di work-life balance comporta; fare luce sulla «cultura organizzativa», intesa come quel set di norme e valori condiviso all’interno di un’azienda che funge da facilitatore o da ostacolo al successo delle politiche e che pertanto non può non essere preso in considerazione nell’ambito di un processo di valutazione. Sulla base dei risultati finora raggiunti dalla letteratura, verranno suggerite alcune possibili prospettive di ricerca.