I contesti produttivi e di lavoro sono solo un ambito nel quale possono avvenire azioni violente e discriminatorie contro le donne. Possono infatti diventare luoghi di prevenzione, protezione e tutela per le vittime di violenze subite in altri contesti, sia pubblici che privati. La contrattazione collettiva, specialmente a livello aziendale e territoriale, può essere uno strumento importante perché questo avvenga in maniera sistematica.
È quanto riporta il working paper “Violenza di genere: il contributo della contrattazione collettiva nella prevenzione e nel contrasto“, scritto da Chiara Altilio e Stefania Negri per ADAPT University Press. Il documento riporta come attualmente esistano numerosi contratti collettivi nazionali, accordi interconfederali, protocolli di intesa e dichiarazioni congiunte che richiamano un impegno esplicito da parte degli attori della rappresentanza nella prevenzione, gestione, contrasto e tutela contro la violenza di genere. Si tratta di documenti certamente importanti, che però rischiano di rimanere affermazioni di principio senza una effettiva implementazione nei luoghi di lavoro.
Mediante un’analisi sistematica e trasversale della contrattazione collettiva, sia aziendale che territoriale (quest’ultima nei casi in cui la contrattazione aziendale non esiste) le autrici hanno verificato l’effettivo grado di implementazione di affermazioni di principio e dichiarazioni di intenti. Nel working paper si riporta come tra il 2019 e il 2023 siano progressivamente aumentati il numero di contratti aziendali che contengono almeno una misura in materia di violenza di genere, con un incremento di 21 punti percentuali nel periodo considerato. Restano tuttavia alcuni limiti che ostacolano un ulteriore crescita dell’attenzione sul tema. Occorrerebbe affrontarli a livello nazionale dando effettiva applicazione alle tante affermazioni di principio già previste.