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Negli ultimi anni, a causa delle mutate condizioni economiche e sociali, la contrattazione sociale territoriale – cioè quella realizzata a livello locale fra istituzioni, sindacati e associazioni – ha assunto una notevole rilevanza nel nostro Paese. Con lo scopo di mappare la diffusione del fenomeno, le principali sigle sindacali hanno istituito degli osservatori che si occupano di raccogliere e analizzare i contratti stipulati nei territori italiani.

A riguardo, qualche tempo fa vi abbiamo proposto l’analisi realizzata dall’Osservatorio Sociale della Cisl. In questo articolo, presentiamo il Rapporto realizzato al termine del 2017 da Cgil e Spi (Sindacato Pensionati Italiani) – in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio – e prodotto grazie ai dati acquisiti dalle strutture territoriali delle associazioni.

L’ottavo rapporto di Cgil sulla contrattazione sociale territoriale

Come detto, la contrattazione sociale territoriale rappresenta una pratica sempre più importante nel nostro Paese. Il suo punto di forza risiede nel fatto che, partendo da un contesto locale, questo tipo di contrattazione riesce a intercettare i bisogni e le necessità sociali di un determinato territorio. Inoltre, se si considera il ruolo del sindacato, tale forma di contrattazione consente di mettere in moto nuove forme di relazione, dialogo e rappresentanza sia “verso l’alto” (con le istituzioni e gli enti locali), sia “verso il basso” (cioè verso i cittadini e i lavoratori).

Per quanto riguarda il rapporto che qui analizziamo, l’Osservatorio sulla contrattazione sociale Cgil e Spi può attualmente contare su oltre 5.600 documenti, tra accordi (che sono oltre il 70% del totale), verbali e piattaforme negoziali. Secondo quanto riportato, questi documenti riguardano soprattutto il livello comunale: gli accordi, i verbali e le piattaforme negoziali del 2016 che si collocano a questo livello rappresentano infatti ben il 87,7% del totale (Figura 1). Il livello intercomunale, sul quale agiscono enti con prerogative chiave soprattutto per la gestione dei servizi sociali, della programmazione territoriale e delle relazioni associative delle amministrazioni risulta assai meno presente (6,8%). Infine, i documenti di livello regionale si attestano al 4,3% del totale dei documenti analizzati.


Figura 1: Livello di contrattazione


Fonte: Rapporto sulla contrattazione sociale territoriale Cgil 2017

Le parti coinvolte negli accordi

Sotto il profilo dei dati, si osserva un generale aumento dei documenti siglati con il contributo di più parti. Nel 2016, si consolida la tendenza a una diminuzione degli accordi con due parti coinvolte (28,8%, contro il 52,2% del 2013), generalmente amministrazioni comunali e Cgil Cisl Uil, oppure Spi Fnp Uilp (cioè le Federazioni dei pensionati delle tre maggiori sigle sindacali italiane). Parallelamente crescono gli accordi in cui sono coinvolte tre parti (60% nel 2016, contro il 36% nel 2013) che generalmente coinvolgono i Comuni, la componente confederale e quella dei pensionati. Minor peso continuano ad avere gli accordi che chiamano in causa un numero maggiore di soggetti: solo il 11,3% degli accordi del 2016 vede infatti la sigla di quattro o più parti.

In linea di massima, i soggetti coinvolti in misura maggioritaria sono le amministrazioni comunali e le sigle di rappresentanza dei pensionati. Per quanto riguarda i sindacati, negli ultimi anni si è assistito ad un forte incremento della loro azione sul piano della contrattazione sociale territoriale: come si può notare dalla Figura 2, negli ultimi anni la loro partecipazione a queste forme negoziali è aumentata di oltre il 25%.

Appare molto meno frequente il coinvolgimento di soggetti istituzionali sovracomunali (10,9% nel 2016), come Regioni, Province, Unioni dei comuni e Unioni montane, Consorzi dei servizi sociali e Ambiti territoriali sociali. Residuale infine il ruolo degli altri soggetti del territorio, dalle parti datoriali al Terzo settore (tra il 2% e il 3% negli anni considerati).


Figura 2: Soggetti coinvolti nella contrattazione

Fonte: Rapporto sulla contrattazione sociale territoriale Cgil 2017


Le differenze territoriali

Le dinamiche legate alla contrattazione sociale territoriale evidenziano una profonda differenza tra Nord e Sud. L’area geografica in cui si concentra oltre la metà dell’attività negoziale italiana è il Nord-Ovest (Figura 3). In questa zona sono stipulati con grande continuità temporale circa il 50%-55% di tutti gli accordi del nostro Paese. Si registra un’elevata diffusione della contrattazione anche nel Nord-Est (principalmente Veneto ed Emilia Romagna), in cui vi sono quasi il 30% dei contratti totali.

Nelle Regioni del Centro la tendenza complessiva evidenzia un leggero ma progressivo calo nel corso degli anni più recenti: nel 2016 solo il 15% dei contratti sono stati realizzati in questa area. Il Sud e Isole, invece, rappresentano una lacuna considerevole: secondo il Rapporto non è stato infatti possibile acquisire un numero congruo di documenti che consenta di fornire un quadro rappresentativo dell’attività negoziale effettivamente svolta nel Mezzogiorno. Ad ogni modo, secondo i dati raccolti, gli accordi stipulati nel Sud Italia non sarebbero più del 4% del totale.

Figura 3: Contrattazione sociale territoriale per area geografica

Fonte: Rapporto sulla contrattazione sociale territoriale Cgil 2017

I destinatari delle iniziative

Per quanto riguarda i destinatari delle misure, nel corso del 2016 (Figura 4), quasi la totalità degli accordi (94,5%) ha previsto almeno un intervento a favore della totalità dei cittadini del territorio. Gli interventi a favore degli individui e delle famiglie in condizione di povertà sono presenti in circa i tre quarti degli accordi (76,4%).

Gli anziani sono citati, in quanto destinatari di misure negoziate o linee di intervento, nel 65,6% degli accordi. Naturalmente, gli anziani beneficiano di una consistente attenzione trasversale nella contrattazione sociale, soprattutto per la componente più fragile – cioè disabili e non autosufficienti, i quali sono presenti rispettivamente nel 47,8% e 40,8% degli accordi.

Un’altra componente tradizionale dei destinatari è costituita dai minori: circa il 50% degli accordi conta infatti almeno un intervento a loro dedicato. I destinatari in difficoltà occupazionale (lavoratori in contesti di crisi, inoccupati e disoccupati) oscillano tra il 10% e il 30% degli accordi, con un aumento concentrato soprattutto tra i soggetti più al margine del mercato del lavoro (disoccupati e inoccupati).

Una specificità del 2016, riguarda la crescita delle azioni a favore di imprese e del Terzo Settore (entrambi si attestano al 33% circa). Risultano in crescita anche i riferimenti a immigrati, giovani e donne (presenti tra il 15% e il 25% degli accordi).


Figura 4: I destinatari delle misure

Fonte: Rapporto sulla contrattazione sociale e territoriale Cgil 2017

Gli interventi concretamente realizzati

Come è stato osservato, la voce di gran lunga più presente tra i destinatari è quella che si riferisce a cittadini e famiglie. Le prestazioni che più spesso sono destinate a questa area di beneficiari sono quelle riguardanti l’ambito fiscale e tributario – come ad esempio la definizione di aliquote e procedure generali per le tariffe di rifiuti, trasporti, Tasi e Imu – e l’ambito sociale, socio-sanitario e assistenziale. Sono invece meno frequenti le misure nel campo delle politiche culturali e abitative.

Le misure a favore degli anziani sono particolarmente concentrate nell’area dei servizi socio-sanitari e assistenziali. A riguardo, preponderanti sono i servizi residenziali e domiciliari, i servizi per la non autosufficienza e le iniziative di prevenzione sanitaria. Verso gli anziani sono inoltre molto diffusi interventi in campo sociale (come le iniziative di socializzazione, centri di aggregazione, turismo sociale e attività sportive), le politiche di natura fiscale, quelle per il contrasto alla povertà e le iniziative di social housing.

Le prestazioni rivolte alle famiglie e agli individui in condizioni di povertà riguardano soprattutto la dimensione sociale e dell’assistenza (come percorsi di reinserimento e inclusione lavorativa), le esenzioni e le agevolazioni fiscali relative soprattutto al costo dei servizi locali e le dinamiche abitative (contributi per l’affitto e sui servizi di locazione). Anche per i disoccupati gli interventi sono molto simili: come prevedibile, per questa specifica categoria quasi il 70% degli accordi riguarda le politiche del lavoro.

In merito alle misure per i minori, risultano diffusi soprattutto interventi concernenti l’ambito educativo e dell’istruzione. In merito, gli accordi territoriali fanno riferimento in modo particolare a azioni per il diritto allo studio. Non mancano però le iniziative a sostegno della conciliazioni vita-lavoro destinate ai genitori, misure per il sostegno fiscale delle famiglie e azioni in ambito sociale e sanitario.

Infine, secondo i dati dell’Osservatorio Cgil, gli accordi rivolti a giovani, donne e immigrati (soggetti che sono stati inclusi nella stessa categoria dal rapporto qui descritto) prevedono in gran parte misure dedicate ai temi dell’inserimento lavorativo, dell’inclusione e dell’orientamento e (nel caso delle donne) del contrasto alla discriminazione e alla violenza.

Riferimenti

Rapporto sulla contrattazione sociale e territoriale Cgil 2017