Secondo Welfare collabora con Buone Notizie del Corriere della Sera alla realizzazione di inchieste che descrivono i grandi cambiamenti sociali in atto in Italia. Nel numero del 15 novembre 2022 si approfondisce il legame tra NFT, arte e filantropia. Nell’articolo che segue, Paolo Riva approfondisce come alcune organizzazioni di Terzo Settore stiano iniziando a usare questi strumenti, ma come sia meno semplice di quanto sembri. Nel commento, invece, Giulia Greppi descrive l’impatto ambientale generato dagli NFT e la necessità di individuare forme più efficienti per rendere questo tipo di raccolta fondi davvero sostenibile.
La nuova frontiera del fundraising digitale per gli enti del Terzo settore? Potrebbe essere racchiusa in tre lettere: Nft. Lo scorso anno è cresciuto in maniera sproporzionata, arrivando a generare un giro di affari di circa 40 miliardi di dollari. Un entusiasmo enorme che, secondo la direttrice dell’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano Valeria Portale, “ha spinto anche molti attori non profit a guardare a questa tecnologia“.
Cosa sono gli NFT?
La sigla Nft sta per Non fungible token, un certificato che identifica in modo univoco un prodotto digitale di qualsiasi tipo, da un’opera d’arte vera e propria a un video o una foto, una copertina o un murales. Questi certificati vengono acquistati su dei mercati digitali grazie alle criptovalute e sono legati alla blockchain, un registro digitale condiviso in cui si tracciano le transazioni di da ti in modo che non possano venire alterati.
NFT e fundraising digitale
È un sistema potenzialmente sicuro, trasparente e verificabile che si sta diffondendo sempre più. Certo, considerato il livello non elevato delle competenze digitali medie in Italia, acquistare o vendere un Nft non è un’operazione alla portata di chiunque, ma nel mondo lo scorso anno i possessori di criptovalute che lo hanno fatto sono stati più di 28 milioni. Un bacino di potenziali donatori in cui tante organizzazioni non profit, in particolare nel mondo anglosassone, hanno cercato di pescare.
Tramite Nft, nel 2021 nel mondo, sono stati donati almeno 12 milioni di dollari a organizzazioni filantropiche, nei modi più svariati. Il Wwf ha creato una serie di Nft legati ad alcuni animali in pericolo, chiamati appunto Non fungible animals. Fondazione Vodafone ha battuto all’asta l’Nft del primo sms della storia per Unhcr, mentre il fondatore di Twitter Jack Dorsey ha fatto lo stesso con il primo tweet di sempre, per l’ong Give Directly. Gli Nft sono stati usati anche per sostenere l’Ucraina dopo l’invasione russa, grazie a iniziative di raccolta fondi promosse da artisti e musei.
La situazione dell’Italia
Anche in Italia c’è chi ha già sperimentato. La Fondazione Francesca Rava è stata coinvolta in due aste di Nft.
“È stata l’occasione per parlare a un pubblico per noi nuovo, quello degli appassionati d’arte che già usano questi strumenti” spiega la presidente Mariavittoria Rava, per la quale “le nuove opportunità di fundraising vanno sempre colte“. E questa tecnologia ne offre diverse. “Gli Nft possono essere realizzati in vari modi“, riprende Portale.
“Quelli non trasferibili – prosegue la direttrice dell’Osservatorio Blockchain – sono adatti per i donatori più fedeli, perché così ottengono dei certificati personali ed esclusivi. Gli Nft trasferibili, invece, possono garantire agli enti non profit delle donazioni ogni volta che vengono rivenduti, innescando circoli virtuosi in grado di raggiungere anche persone che solitamente non donano”. Tenersi stretti i propri donatori e trovarne di nuovi sono due obiettivi fondamentali per qualsiasi ufficio di fundraising. Ma non solo.
Grazie a dei progetti con Nft ci sono stati casi di associazioni e fondazioni che hanno coinvolto testimonial o collaborato con aziende, come ha fatto ActionAid con Adidas e Foot Locker per garantire l’accesso alla tecnologia ai giovani con meno opportunità. Non stupisce, quindi, che il Terzo Settore guardi con interesse al mondo delle criptovalute in generale degli Nft nello specifico. Negli Usa sono nate alcune piattaforme che supportano le organizzazioni di beneficenza in questi ambiti
The Giving Block, che segue già oltre duecento realtà, è una di queste. “Per usare gli Nft come strumento efficace di raccolta fondi – spiega la responsabile comunicazione Mariah Terry – le organizzazioni non profit devono innanzitutto poter accettare le criptovalute“. E qui iniziano le complicazioni.
Rischi e criticità
In Italia, per ora, nella stragrande maggioranza dei casi gli Enti del Terzo Settore che sono ricorsi agli NFT hanno ricevuto delle donazioni in euro, appoggiandosi a realtà specializzate che hanno gestito tutta la parte relativa alle transazioni digitali. È stato così anche per la Fondazione Francesca Rava. “Il sostegno esterno è stato fondamentale. Bisogna assolutamente averlo“, dice la presidente Mariavittoria Rava. Senza esperti al loro interno o come consulenti o come fornitori , le organizzazioni del Terzo Settore possono incontrare problemi legali, fiscali, di conoscenze e competenze.
Secondo Portale dell’Osservatorio Blockchain, “la tecnologia non è buona o cattiva in sé , è uno strumento“, che va conosciuto “per capire cosa posso farci“. A suo parere gli Nft possono essere strumenti utili se li si usa con un chiaro obiettivo in testa, non “perché vanno di moda“. E l’anno scorso di moda lo sono stati parecchio. Ora, invece, il mercato degli Nft e, più in generale, quello delle criptovalute sembrano vivere un momento di difficoltà. “Dopo un hype esagerato, ora siamo in un momento di razionalizzazione: a proseguire – ipotizza Portale – saranno i progetti Nft che hanno più senso e più logica“.
È quello che vorrebbe fare Mariavittoria Rava: “Vogliamo continuare in questa direzione, pur sapendo che ci vuole pazienza. Vanno investiti tempo, competenze, relazioni. Se un ente non è strutturato, gli Nft rischiano di essere una perdita di tempo“.
Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 15 novembre 2022 ed è qui riprodotto previo consenso dell’autore.