Con il Dgr n. XI/4563, Regione Lombardia ha approvato le nuove linee guida per lo sviluppo dei Piani di Zona, dando avvio ad un nuovo ciclo di interlocuzioni tra gli attori locali. Così come in altri ambiti, anche nella zona di Cantù (seconda cittadina della Provincia di Como) sono iniziati i lavori di ascolto dei bisogni del territorio con l’obiettivo di definire gli obiettivi per la co-programmazione. La “Rete Terzo Tempo”, che coinvolge associazioni e cooperative del Comune di Cantù (di cui vi avevamo già parlato qui), partecipa attivamente a tale ciclo.
La particolarità di questo nuovo percorso di definizione degli interventi in ambito sociale è la partecipazione di un soggetto collettivo. Sebbene il territorio sia ricco di esperienze – anche decennali – promosse da enti del Terzo Settore, non era mai capitato prima di vedere tali soggetti partecipare ai Tavoli di programmazione come “rete unitaria”. Nel corso degli anni più duri della crisi economica del 2008 e della spending review non è stato possibile avviare momenti di ascolto e di co-programmazione a causa della mancanza di fondi: per questo motivo si è giunti solo nel 2022 alla riapertura del processo di dialogo con il territorio. Nel mentre il Terzo Settore ha deciso di rendersi più autonomo pensando a come sopperire alla mancanza di risorse e tavoli di confronti degli anni precedenti.
A conclusione della fase di ascolto dei bisogni territoriali, la Rete Terzo Tempo ha promosso un proprio momento di riflessione interna. In questo articolo si riportano alcuni degli spunti emersi dalle interlocuzioni tra i soggetti territoriali, per poi concludere con una riflessione sul ruolo fondamentale delle reti nell’alveo delle nuove dinamiche di sviluppo del rapporto tra il Terzo Settore e l’amministrazione pubblica locale.
Un nuovo protagonismo della Rete del Terzo Settore a Cantù
La nascita di “Rete Terzo Tempo” avviene quattro anni fa, esito dell’esigenza dei cooperatori e dei volontari del territorio di Cantù di trovare una base comune di dialogo, oltre che dalla mancata realizzazione sino ad allora di occasioni di co-programmazione dei Piani di Zona. Infatti, di fronte alla crisi economica post-2008 e le costrizioni dovute alla spending review, molte amministrazioni locali sono state costrette a limitare le occasioni di ascolto dei bisogni del territorio e di co-programmazione. Non disponendo di sufficienti risorse per ideare e innovare i servizi di welfare locale, in molti casi le amministrazioni si sono limitate a garantire i servizi minimi di assistenza. Si tratta di una parentesi critica, protrattasi per anni e che sembra essere giunta al capolinea. La crisi scaturita dalla pandemia da Covid-19 ha innescato una accelerazione senza precedenti, costringendo gli attori territoriali a rinnovare gli interventi del welfare locale per far fronte ad un numero sempre più crescente di nuovi bisogni sociali.
Tuttavia, nel corso dell’ultimo decennio, il vuoto lasciato dal settore pubblico ha favorito l’emergere della spinta autonoma e spontanea del Terzo Settore locale di riconoscersi come tale. Tale spinta è l’esito della volontà del Terzo Settore di esprimere le proprie posizioni e idee comuni, di confrontarsi sulla realtà e di poter avviare processi di cambiamento insieme. Questo gruppo di enti del Terzo Settore è quindi voluto andare oltre una logica tradizionale di programmazione dei servizi territoriali di welfare, per definire una propria area e identità che possa rendere questo riconoscibile alla società e ai cittadini.
Per tali ragioni, nel corso degli anni i rapporti tra i soggetti della rete si sono rafforzati. Ad una condivisione sempre più circolare e cadenzata delle idee dei soggetti aderenti alla rete, è corrisposta la necessità di sperimentarsi in collaborazioni più strutturate e costanti. Tra i primi esiti emersi da questo lavoro vi sono i cinque tavoli tematici (negli ambiti dedicati a minori, fragilità, formazione, volontariato e socialità) a cui si affiancano i vari sottogruppi di lavoro su temi specifici di rilevanza e/o interesse per il territorio.
La sperimentazione di questi momenti di confronto ha permesso di lavorare ad una visione condivisa e integrata degli obiettivi, del ruolo e delle funzioni della rete nella comunità di riferimento. Questi sono i presupposti alla base del (rinnovato) protagonismo della rete nei processi territoriali volti alla stesura dei nuovi Piani di Zona.
Verso il Piano di Zona
Con la nuova fase di co-programmazione, la Rete Terzo Tempo ha deciso di provare – per la prima volta – ad aderire come soggetto collettivo invece di prendere parte al processo come singoli soggetti. Quello che molti rappresentanti degli enti hanno testimoniato è che in passato ci si accostava ai tavoli di confronto sapendo poco o niente degli altri soggetti presenti e formando alleanze solo alla fine dei confronti e sugli specifici obiettivi.
L’aspetto che è stato più apprezzato dagli enti è stato quello di essere stati invitati da subito come rete dall’amministrazione locale; è stato un primo segno di riconoscimento dell’iniziativa intrapresa. La sfida, però, è stata quella di essere attivi nel processo anche come rete e quindi si saper contrattare il proprio ruolo in maniera collettiva portando la propria visione e le proprie richieste, soprattutto di riconoscimento all’interno della governance del processo.
La rete è stata invitata a partecipare alla fase di analisi e comprensione dei bisogni sociali locali. La suddivisione in tematiche è stata la seguente: adulti con disabilità, vulnerabilità e gravi marginalità, anziani, famiglie con minori. Per ciascuna tematica sono stati previsti tre o quattro incontri e la conduzione tripartita ha coinvolto un rappresentante dei servizi sociali del Comune, uno dell’Ufficio di Piano e uno del Terzo Settore. Durante gli incontri ai partecipanti è stato chiesto di esprimersi sui problemi più rilevanti, sui bisogni più impellenti e di individuare possibili soluzioni. Le informazioni raccolte sono poi confluite in un documento generale che sarà la base di partenza per la programmazione degli interventi.
L’importanza di esserci
A conclusione di questa prima fase di ascolto dei bisogni del territorio, il gruppo di enti di Rete Terzo Tempo coinvolto nel processo ha deciso di confrontarsi per discutere di questa nuova esperienza. Per sviluppare un proprio ragionamento di analisi, la rete ha scelto di svolgere un focus group proprio sul tema della partecipazione alla fase di ascolto. Circa quindici referenti, in rappresentanza di una decina di enti del Terzo Settore (ma che rappresentano solo una parte della rete, ovvero, quella che si è resa disponibile ed interessata a co-programmare i Piani di Zona) si sono riuniti per valutare questa prima esperienza collettiva di confronto con l’ente pubblico.
Gli spunti emersi dal focus hanno rivelato una nuova consapevolezza del gruppo rispetto alle proprie visioni dei problemi e delle tematiche sociali. Questa è frutto di una condivisione di idee all’interno degli spazi di confronto dalla rete, come ad esempio l’assemblea generale o i gruppi di lavoro. Tali momenti di condivisione hanno permesso anche di pensare alle potenziali collaborazioni per attuare gli interventi sociali, prima ancora di sedersi al tavolo per elaborare del Piano di zona. Ulteriormente, Rete Terzo Tempo si propone di mettere a disposizione proprie risorse e progetti avviati per poter migliorare le collaborazioni per implementare gli interventi di welfare locale.
La Rete Terzo Tempo ha molto apprezzato la riapertura del dialogo per la definizione dei Piani di Zona perché questo significa un ritorno alla collaborazione con il pubblico nella definizione degli interventi e al pensare quali innovazioni possono essere portare alla comunità. La rete ritiene che su questa strada si possa solo che migliorare pensando a nuove forme di definizione partecipata dei bisogni e di ascolto del territorio. In maggior modo, la rete ha posto il tema di come la partecipazione del Terzo Settore possa e debba avvenire già dalle primissime fasi, come ad esempio quella che prevede la definizione degli ambiti di azione, che in questa tornata sono stati presentati agli enti come già definiti e decisi. In aggiunta, non è stato ancora definito il ruolo del Terzo Settore nelle future fasi di attuazione e monitoraggio del Piano di Zona, questo lascia i soggetti partner con alcuni dubbi e si auspica che la partecipazione possa essere effettiva.
Un ruolo più centrale nello sviluppo del welfare locale
Alla fine di questa prima fase del percorso, quello che è emerso chiaramente è che il lungo lavoro di consolidamento della Rete Terzo Tempo ha portato come frutto la volontà di avere un ruolo sempre più cruciale nella definizione del welfare locale. Il cammino che ha portato il gruppo di enti del Terzo Settore a capire che solo attraverso una costante collaborazione e la creazione di un soggetto collettivo si possa arrivare a definire una propria presenza nella società è stato lungo. Nei 4 anni ci si è interrogati su come governare una rete, favorendo l’inclusione di tutti ma senza appesantire con una struttura troppo formale e burocratica. La rete si è sperimentata in diverse attività, come l’organizzazione di un proprio festival e l’attivazione di corsi di formazione sul volontariato. L’aver generato dei propri gruppi tematici ha favorito un ragionamento più approfondito su questioni specifiche (minori, fragilità, socialità e formazione). Questo bagaglio di esperienze comuni che hanno trovato un cappello al di sotto del quale poter stare si è maggiormente espresso nel percorso per il Piano di Zona, avendo avuto qui la possibilità di portare temi propri e considerazioni sull’evoluzione futura.
La funzione della rete è stata quella di generare all’interno del Terzo Settore del territorio di Cantù una nuova volontà di riconoscimento e disponibilità ad un ruolo attivo e sullo stesso piano rispetto agli altri attori, ovvero l’ente pubblico e l’Azienda speciale per la gestione del piano. L’esperienza della Rete Terzo Tempo ha portato a comprendere come si voglia generare una nuova logica di collaborazione e condivisione che possa portare ad una crescita collettiva come settore andando oltre una visione meramente autoreferenziale. Questo è soprattutto chiaro nella volontà di avere un ruolo sempre maggiore e di responsabilità, come rete, nei prossimi passaggi del Piano di Zona.
In generale, la lezione che si può trarre da questa esperienza è quella di una crescente necessità per il Terzo Settore di creare alleanze al proprio interno per mettere in circolo risorse e idee, condividere visioni e affermare la centralità delle logiche cooperative e mutualistiche, anche alla luce della riforma del Terzo Settore. Avendo oggi ben chiara quale sia l’identità, gli enti del Terzo Settore devono collaborare per rafforzare logiche e dinamiche sinergiche che possano favorire un ruolo di maggior rilievo e responsabilità nelle trasformazioni del welfare locale.