Discutere oggi di imprenditorialità e risposte ai bisogni sociali emergenti, vuol dire innanzitutto porre una questione di futuro. È proprio nella costruzione di un rapporto dialettico con esso che si determina la forma del legame tra l’elemento del rischio e quello della strategia, due dei principali cardini a partire dai quali ogni impresa stabilisce la direzione del proprio agire.
Guardando specificatamente al mondo della cooperazione sociale, quello che si osserva oggi è un crescente schiacciamento sul presente, a causa delle urgenze derivate dalla gestione quotidiana che rende queste organizzazioni affette da un pericoloso corto-termismo, cioè l’incapacità di fare progetti sul lungo termine, di accogliere il rischio e di adottare un approccio maggiormente sperimentale ed esplorativo.
Di conseguenza, proprio in un momento come quello attuale dove vi sarebbe la necessità di costruire proposte trasformative di lungo periodo e immaginare percorsi inediti per la prossima generazione di cooperative e cooperatori, si finisce per rimanere cristallizzati in prassi organizzative divenute sterili.
Con la ricerca “La cooperazione sociale in trasformazione. Luoghi, strategie e percorsi per governare il cambiamento”, finanziata da Fon. Coop e che ha visto il coinvolgimento di un gruppo di sei cooperative sociali della regione Marche, AICCON ha cercato di approfondire un aspetto specifico della condizione appena accennata, ovvero come viene affrontato e governato il cambiamento.
L’importanza del cambiamento
La ragione deriva dal fatto che è proprio il cambiamento ad essere il principale oggetto del management odierno, e il tema che più condiziona la capacità progettuale delle organizzazioni.
Tra le realtà incontrate nella realizzazione della ricerca però la prospettiva è chiara e univoca: «la nostra intenzione è quella di riscoprire la vocazione imprenditoriale che fin dalla sua nascita ha contraddistinto la cooperazione, ma che abbiamo un po’ perso nell’ultimo decennio, abituati a nutrirci in una relazione con il soggetto pubblico che ci ha fatto dimenticare cosa vuole dire rispondere ai bisogni trasformando il contesto sociale. […] Seppur abbiamo provato a tenere vivo questo approccio ci accorgiamo che per riuscire a rispondere alle sfide all’orizzonte e riuscire a restare sul mercato, dobbiamo fare un cambio di passo».
Nel momento in cui si intende passare dall’analisi alla formulazione di proposte operative per favorire questo «cambio di passo», è indubbio che bisogna essere consapevoli di come le peculiarità di ogni territorio e organizzazione rendono impossibile la definizione di ricette o modelli validi universalmente. La ricerca ha inteso dunque far emergere direzioni comuni di lavoro ed elementi che rappresentano sia un freno, sia uno stimolo per l’innovazione.
Gli ostacoli per un nuovo sviluppo organizzativo
La consapevolezza da cui si sono prese le mosse è il fatto che il tema della gestione del cambiamento non rappresenta solamente una questione di management o assetti organizzativi, ma coinvolge anche la dimensione valoriale e di senso di queste organizzazioni. Porre una questione di futuro, significa dunque rimettere in discussione il rapporto tra le attività e l’identità cooperativa.
Dal punto di vista degli ostacoli, attraverso i momenti di confronto con le cooperative coinvolte, ne sono emersi tre in particolare:
- una cultura organizzativa di carattere “conservativo”, che traduce il desiderio di tutela della cooperativa in termini di maggiore chiusura su se stessa e di scommessa unicamente su una sola tipologia di attività, tendenzialmente la stessa realizzata tradizionalmente dall’organizzazione.
- La gestione quotidiana, che nella maggior parte dei casi crea un ingolfamento della macchina decisionale interna e porta l’intera dirigenza ad essere assorbita da questioni che lasciano poco tempo alla progettazione, ricerca e innovazione.
- Una fragilità sul piano del lavoro che si traduce in due aspetti: per un verso nella mancanza di competenze o luoghi di conoscenza legate a quelli che sono i potenziali nuovi mercati e settori in cui sarebbe possibile investire; per l’altro la scarsa attrattività per figure altamente specializzate che potrebbero generare cambiamenti interni molto significativi.
Itinerari per la costruzione di cooperative in cerca di potenzialità
Dal punto di vista invece delle azioni da mettere in campo per vincere tali ostacoli, le possibilità emerse sono davvero molteplici e tutte riportate nel report finale. Qui preme evidenziare solamente come le principali possano essere raccolte all’interno di quattro riferimenti a cui corrispondono quattro possibili direzioni di lavoro condivisibili:
- l’apertura organizzativa, che può essere declinata in due modi: quello dell’esplorazione di collaborazioni con imprese for profit o quello della costruzione di una rete tra cooperative per lavorare in maniera congiunta su specifiche aree o progettualità.
- La creazione di spinoff attraverso la costituzione di nuove imprese o associazioni volti all’esplorazione di mercati differenti o all’ingaggio di community. Qui l’obiettivo è l’istituzione di un percorso per la differenziazione delle attività della cooperativa utile al rafforzamento della sostenibilità.
- La valorizzazione dei luoghi concepiti come dispositivi per l’aggregazione di risorse, l’intercettazione di nuovi utenti o domanda pagante, l’attivazione di reti territoriali o il coinvolgimento della comunità. In questo caso la dimensione di luogo diventa una risorsa per l’attivazione di ecosistemi che possono offrire un più solido radicamento all’organizzazione e il suo inserimento in nuovi circuiti di creazione di valore.
- Il ripensamento del legame con le proprie comunità di riferimento attraverso la realizzazione di un lavoro culturale e di accreditamento sul territorio che ambisca a superare il tradizionale perimetro per soli addetti ai lavori e permetta l’avvio di un dialogo con una platea sempre più vasta di pubblici. L’elemento conversazionale e di mutuo riconoscimento diventano fattori cruciali per l’emergere di occasioni di collaborazione inedite.
Verso il “terzo tempo della cooperazione”
L’ingresso in quello che possiamo definire il “terzo tempo delle cooperazione” comporta dunque il dover fare i conti con logiche di cambiamento e trasformazioni del contesto sociale che costringono le cooperative a sviluppare non semplicemente strategie di carattere adattivo, ma soprattutto di carattere trasformativo, cioè volte a governare il cambiamento e non essere governati da esso. All’interno di questo quadro, bisogna perciò prendere consapevolezza di come l’innovazione non rappresenti più una prassi volta a rispondere a condizioni di eccezionalità, divenendo piuttosto l’approccio con cui quotidianamente immaginare il futuro.