C’è addirittura una quarta via per l’impresa sociale in Italia? E’ l’interrogativo che emerge scorrendo il testo della delega al governo per la riforma del Terzo settore che, nel suo articolato, prevede anche il riordino dell’istituto giuridico relativo a quelle imprese che perseguono obiettivi di “interesse generale”.
La terza via è quella che colloca l’impresa sociale nel bacino delle istituzioni non profit – o, significativamente, Terzo settore – che sviluppano, soprattutto grazie alla cooperazione sociale, un modello in grado di produrre “in via stabile e continuativa” beni di “utilità sociale” in alcune nicchie del welfare.
La quarta via, invece, è un’opzione di sviluppo basata sulla ricerca di fertilizzazione incrociata tra attori non profit e imprese di capitali, dando vita a piattaforme cooperative da cui scaturiscono nuove imprese ibride. Non la separatezza tra organizzazioni che alimentano circuiti di redistribuzione come imprese di capitali che destinano parte del surplus a fondazioni che finanziano soggetti non profit e pubbliche amministrazioni che allocano risorse per beni di interesse collettivo come stazioni appaltanti. Si tratta piuttosto di sistemi economici che individuano come elemento costitutivo il valore sociale, soprattutto su scala locale.
La prospettiva della «quarta via»
Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, Sole 24 Ore, 18 maggio 2015