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Il tema dell’impact investing, come dimostrano anche i diversi contributi sull’argomento che sono stati pubblicati sul nostro sito (Impact Investing: indice commentato ai nostri approfondimenti, Cosa ci dice il fenomeno dell’impact investing a proposito dell’impresa sociale, Il mito delle metriche, IRI Terzo Settore: non liquidiamo l’impact investing. Ibridazione passaggio obbligato, giusto per citare i più significativi), è ormai centrale nel dibattito sul futuro del welfare.

E così, seppur con un certo ritardo rispetto ad altri Paesi, finalmente anche in Italia si iniziano a vedere valide riflessioni che, oltre a definire i termini delle questioni in gioco, possono contribuire a identificare gli strumenti di finanza sociale più adeguati al nostro contesto nazionale. Un significativo apporto in tal senso è sicuramente fornito dal recente saggio “Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali”, curato da Stefano Zamagni, Paolo Venturi e Sara Rago, e pubblicato nell’ultimo numero della rivista Impresa Sociale. Con questo lavoro gli autori riflettono sulla necessità di affrontare il tema del social impact generato dalle imprese sociali alla luce del passaggio dal modello “tradizionale” di welfare state alla cosiddetta welfare society (o “civile”), in cui i cittadini sono direttamente coinvolti nel processo di pianificazione e co-produzione dei servizi.

In un contesto in cui la classica dicotomia pubblico-privato viene quindi superata attraverso l’introduzione della dimensione “civile”, ad assumere un ruolo sempre più importante è senza dubbio il terzo settore, chiamato a mutare il proprio approccio passando dall’essere re-distributore a co-produttore di servizi di welfare. Una metamorfosi che, necessariamente, richiede anche cambiamenti importanti sul fronte del finanziamento, che per le organizzazioni non profit risulta sempre meno legato a risorse pubbliche ed è sempre più orientato verso il reperimento di fonti alternative, di natura mista pubblico-privata o totalmente privata. 

Un cambiamento in atto che comporta inevitabili conseguenze sulla necessità di implementare strumenti per la valutazione dell’impatto proprio da parte delle realtà del terzo settore. Come infatti è possibile mostrare agli investitori gli effetti del proprio operato se questo va ad interessare un ambito, quello delle politiche di welfare, in cui la misurazione risulta spesso complessa a causa delle numerose variabili in gioco? Il saggio intende approfondire proprio il tema della valutazione dell’impatto delle imprese sociali a partire dalla definizione di nuove modalità di produzione di valore aggiunto, evidenziando come l’utilizzo di elementi legati al concetto di impatto siano strategici per generare valore.

Nella prima parte del proprio lavoro gli autori offrono un’ampia ricognizione di metodologie e strumenti di misurazione dell’impatto sociale già esistenti a livello internazionale e, nella seconda, formulando una proposta di metodologia, la Social Enterprise Impact Evaluation (SEIE), pensata specificamente per le imprese sociali. Attraverso una griglia composta da sette dimensioni – sostenibilità economica, promozione di imprenditorialità, democrazia e inclusività della governance, partecipazione dei lavoratori, resilienza occupazionale, relazioni con la comunità e il territorio e conseguenze sulle politiche pubbliche – declinate a loro volta in diversi in indicatori, viene quindi a configurarsi uno strumento prezioso per le realtà imprenditoriali chiamate ad affrontare questo passaggio fondamentale per il nostro sistema di protezione sociale.


Riferimenti

Scarica il paper "Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali"