Si è svolta questa mattina la sessione conclusiva delle Giornate di Bertinoro dell’Economia Civile 2015, dedicata al tema “Generare e misurare l’impatto sociale”, cui hanno partecipato Luigino Bruni, Università LUMSA di Roma, Mario Calderini, Politecnico di Milano, Elena Casolari, AD Fondazione ACRA-CCS, Maurizio Gardini, Presidente Confcooperative, e Tiziano Vecchiato, Direttore della Fondazione Zancan. Stefano Zamagni, coordinatore della sessione, ha spiegato che “la necessità di soffermarsi sul tema dell’impatto sociale generato dalle imprese sociali nasce dalla fase di passaggio che il Terzo settore italiano sta attraversando e che si lega inevitabilmente alla transizione da welfare state a welfare society, due modelli di welfare che si basano su principi differenti: quello redistributivo il primo, quello di sussidiarietà il secondo”.
Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali
Durante la sessione è stata presentata la pubblicazione “Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali” curata da Paolo Venturi e Sara Rago di AICCON. Come ha spiegato Zamagni, supervisore scientifico del volume, la questione della valutazione dell’impatto sociale, oltre a legarsi alla necessità di trovare una risposta italiana all’orientamento in materia come richiesto dal livello europeo, ha assunto una grande rilevanza per il nostro Paese e ne assumerà sempre di più nei prossimi mesi. Nella Riforma del Terzo settore, infatti, il concetto di impatto sociale verrà legato al tema delle modalità di affidamento dei servizi sociali ai soggetti del Terzo settore: da qui la necessità di individuare strumenti adeguati per misurare tale impatto.
E sul fronte degli strumenti il volume di Venturi e Rago certamente non delude. La pubblicazione analizza oltre 40 modelli di valutazione dell’impatto sociale, a partire dai quali AICCON ha selezionato sette dimensioni imprescindibili per osservare, misurare e valutare il valore aggiunto e l’impatto generato dalle imprese sociali: sostenibilità economica, democrazia e inclusività della governance, partecipazione dei lavoratori, resilienza occupazionale, relazioni con la comunità e il territorio, conseguenze sulle politiche pubbliche e promozione dell’imprenditorialità. A partire dalle dimensioni elencate, il documento presenta i relativi modelli di indicatori utili a definire una metrica di misurazione dell’impatto.
“Ai tempi del welfare state era sufficiente rendicontare, nell’era del welfare generativo è indispensabile valutare”. Così Paolo Venturi, Direttore di AICCON, ha sintetizzato l’orizzonte verso il quale dovrà muoversi il nostro Paese perché “la valutazione dell’impatto sociale è una priorità per tutti quei soggetti orientati a misurare il proprio valore aggiunto sociale”.
Gli interventi della sessione conclusiva
La sessione conclusiva delle GdB2015 è stata aperta dall’intervento di Tiziano Vecchiato, che ha sottolineato come nel nostro Paese ci si approcci al welfare con sistemi del secolo scorso. Tuttavia per sviluppare modelli innovativi non si può fare "misurazione di impatto senza fare prima la misurazione di outcome: è necessario misurare il beneficio generato per i diretti beneficiari per poter poi misurare il beneficio per l’intera comunità." In quest’ottica sono necessari "criteri multiassiali e metriche integrate: come uno spartito musicale che mette insieme codici diversi, la sfida della valutazione deve essre quella di concertare le metriche e farle suonare insieme".
Elena Casolari ha invece posto l’attenzione sull’individuazione delle metriche di valutazione dell’impatto sociale che "non dovrebbero essere complesse o costose, ma semplici e utili all’imprenditore sociale". Secondo Mario Calderini, invece, per misurare l’impatto sociale bisogna "individuare delle linee guida e non degli indicatori sintetici”, senza aver paura di guardare anche al di fuori del recinto Terzo settore.
A proseguire il confronto Luigino Bruni, che ha posto l’accento sull’evoluzione dell’impresa e sul ruolo sempre più pesante assunta dalla stessa sul fronte dell’impatto sociale: "In passato la vita buona coincideva con la politica, col metodo democratico, con la capacità di creare confronto tra le persone. Oggi invece il paradigma è diventato quello della grande imprese capitalista e la vita buona è quella mediata da valori “seri” delle aziende: produttività, efficienza, merito". "Nel giro di 30 anni" ha sottolineato Bruni "da luogo dello sfruttamento l’impresa è diventata il luogo dell’eccellenza umana". Maurizio Gardini in chiusura di sessione ha sottolineato come vada alzato il livello di attenzione: "nel momento in cui i principi del nuovo sviluppo tendono a delle derive che vanno in una direzione molto distante da quelli che sono modelli per una società più giusta e più equa – spiega – senza coesione sociale l’economia del dopo crisi rischia di consegnarci ulteriori diseguaglianze”.
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