Abbiamo chiesto al direttore generale della Fondazione Welfare Ambrosiano, Romano Guerinoni, di spiegarci come funzionerà il progetto "Microcredito Milano", e quali iniziative sono allo studio per il futuro della Fondazione.
A chi si rivolge il progetto di microcredito?
La finalità della Fondazione è di assistere i lavoratori “milanesi”: milanesi sono tutti coloro che lavorano nell’area, non solo i residenti. Lavoratori e lavoratrici che sono in una condizione di difficoltà temporanea che potrebbe però condurli a una situazione di povertà. I disoccupati di lungo corso devono, a nostro avviso, continuare ad essere seguiti in una logica di welfare assistenziale. La Fondazione è stata invece creata allo scopo di “intercettare” il rischio di lavoratori e disoccupati di breve periodo. Il target della Fondazione è costituito da tutti coloro che stanno vivendo situazioni come la cassa integrazione, o che sono meno tutelati a causa di contratti “deboli”, e i giovani disoccupati che vogliano realizzare un’attività di natura imprenditoriale.
I problemi economici di natura eccezionale e temporanea che molti lavoratori stanno sperimentando non possono essere sottovalutati perché spesso hanno ricadute drammatiche per l’intero nucleo familiare. Si pensi ad esempio a una famiglia monoreddito in cui il calo di reddito costringe a fare scelte difficili riguardo all’istruzione dei figli, scelte che ne condizioneranno il futuro e che probabilmente non sarebbero state fatte in altro momento.
Come opera la rete di sportelli sul territorio? Quali sono le modalità di intervento?
L’iter è il seguente:
• Ascolto e presa in carico
• Valutazione di sostenibilità
• Emissione della garanzia
• Concessione del prestito.
La rete di sportelli costituita sul territorio prende in carico la persona, la accoglie emettendo una sorta di fidejussione morale, scommettendo cioè sulla volontà del soggetto di impegnarsi per risolvere il proprio problema. La logica attiva è fondamentale: il nostro slogan è “ti aiutiamo ad aiutarti”, per sottolineare la necessità di un impegno del beneficiario a progettare in prima persona il proprio percorso.
Gli operatori di sportello, benchè già abituati a compiti di ascolto e accoglienza, hanno frequentato due giornate di corso di formazione. I volontari svolgono inoltre una funzione di orientamento, indirizzando le persone al tipo di assistenza più adeguato alle esigenze di ciascuno.
La rete è affiancata da Vo.b.i.s., un’associazione di volontariato che effettua valutazioni di sostenibilità. La valutazione di sostenibilità si sostituisce a quella di bancabilità degli istituti di credito.
Dopo la valutazione di Vo.b.i.s., la Fondazione emette una garanzia dell’80%. La persona può quindi rivolgersi alle banche convenzionate, che sono al momento Intesa Sanpaolo, Banca Prossima, Banca Popolare di Milano e Banca Popolare Commercio e Industria, per ottenere il prestito. Purtroppo l’idea iniziale di un accordo quadro con l’ABI, cui poi le singole banche potessero aderire, è fallito dopo mesi di colloqui e abbiamo dovuto rivolgerci ai singoli istituti. Il proposito rimane comunque quello di coinvolgere tutte le banche interessate.
Come funziona la valutazione di sostenibilità?
La consulenza dei volontari di Vo.b.i.s., che per il progetto della Conferenza Episcopale hanno già seguito circa 1200 famiglie, consiste nel “misurare” tutte le variabili, come la storia professionale, la condizione di reddito attuale, la situazione familiare, il contesto sociale e le relazioni sul territorio, per valutare, con l’utilizzo di una griglia di criteri il più possibile flessibili, se il destinatario del prestito riuscirà grazie ad esso a risolvere il proprio problema economico.
Vo.b.i.s., Volontari Bancari per le Iniziative nel Sociale, costituita nel luglio 2009, ha proprio come missione l’inclusione finanziaria dei soggetti non bancabili. L’associazione sta già lavorando insieme ad Intesa Sanpaolo al progetto della Conferenza Episcopale Italiana “Prestito della Speranza”, che ha portato alla costituzione di un fondo di 30 milioni di euro per garantire prestiti bancari destinati alle famiglie che abbiano perso il reddito durante questo periodo di grande crisi economica e finanziaria.
Quali scelte sono state fatte per quanto riguarda l’erogazione dei prestiti?
Il credito erogato va da un minimo di 2.000 a un massimo di 20.000 euro, con una distinzione di trattamento tra credito sociale e credito per l’impresa. Il primo caso è quello del sostegno al reddito per le famiglie in difficoltà, mentre il secondo si riferisce ai prestiti richiesti per la realizzazione di un piano imprenditoriale o di sostegno all’impresa. Questa distinzione è stata richiesta dalle banche al fine di mantenere la differenziazione del rischio tra i due tipi di credito, che implica l’utilizzo di un tasso più alto per il credito d’impresa (6,50% contro il 4% del credito sociale). Per quanto riguarda il credito sociale saremmo propensi a non andare oltre i 10.000 euro. Si tratta però di un orientamento dettato dal buonsenso, che non è stato incluso negli accordi con le banche per non creare un conflitto di sensibilità tra i soci.
La particolarità della garanzia offerta deriva da una convenzione stipulata con la Fondazione Lombarda Antiusura. Vista la rilevanza dell’iniziativa per combattere l’usura, la Fondazione ha deciso di contribuire contro-assicurando la garanzia iniziale dell’80% per un ulteriore 30%, aumentando così di fatto il credito a disposizione, che arriva quindi a 5.200.000 euro.
Come continuate a monitorare la situazione dei beneficiari e a gestire i rapporti diretti con le persone?
Il progetto è gestito tramite una piattaforma informatica realizzata ad hoc, che ci consente anche di monitorare i risultati. Il rapporto con la persona è invece sempre gestito attraverso la rete, direttamente dai volontari degli sportelli.
Il limite della rete, che speriamo di risolvere presto con il coinvolgimento delle associazioni del Terzo settore, è che 14 dei 16 sportelli attivi sul territorio del Comune di Milano sono gestiti dai soci: 13 sono delle organizzazioni sindacali e uno, orientato principalmente al credito d’impresa, è di Formaper, azienda speciale della Camera di Commercio. Gli altri due sono invece della cooperativa La Strada e delle Acli. Speriamo nell’ingresso di altre cooperative. Inizialmente avevamo sperato anche di coinvolgere la Caritas, che però è già impegnata con il progetto del “Prestito della Speranza” e con il Fondo Famiglia-lavoro del Cardinale Tettamanzi. La priorità rimarrà, anche per i prossimi mesi, quella di ampliare la rete degli sportelli. Abbiamo avviato una campagna di comunicazione tramite stampa, internet e social network per fare conoscere l’iniziativa non solo ai cittadini ma anche alle organizzazioni che potrebbero essere interessate a partecipare.
Perché si è deciso di puntare sul microcredito come prima iniziativa?
Il microcredito è una sfida anche a livello culturale: molti si rivolgono a noi convinti che l’iniziativa si ispiri ad un principio di gratuità, che abbia fini assistenziali. Noi invece non possiamo fare questo, dobbiamo assicurare al progetto la sostenibilità di lungo periodo. Chi si rivolge alla Caritas, ad esempio, è molto spesso in una situazione disperata ed ha bisogno di un aiuto immediato e senza condizioni. La Fondazione nasce invece per aiutare coloro che hanno una situazione di “normalità” e sono caduti in difficoltà a causa di un avvenimento destabilizzante.
Vi siete ispirati a qualche modello di progetto già esistente?
Ho osservato con attenzione un’iniziativa della Caritas realizzata nell’area di Vicenza. Un’esperienza di microcredito che ha permesso l’erogazione di più di 600 prestiti appoggiandosi alle casse rurali e alle cooperative sul territorio. In quel caso la valutazione di sostenibilità veniva fatta dagli stessi volontari, mentre noi abbiamo preferito appoggiarci all’associazione Vo.b.i.s.
Anche il Prestito della Speranza della Conferenza Episcopale Italiana è stato un modello, anche se è molto più indirizzato verso richieste di assistenza, provenienti nell’80% dei casi da famiglie straniere. Abbiamo studiato queste realtà per il progetto di microcredito, sempre tenendo conto della difficoltà di cogliere appieno le esigenze degli abitanti di una città complessa come Milano.
Sono anche in contatto con Permicro, società specializzata in microcredito con grande esperienza in tema di microfinanza, microcredito finalizzato all’attività imprenditoriale. Anche per loro il microcredito sociale è un’attività relativamente nuova, ma che fino ad ora, con un basso tasso di insolvenza, ha dato risultati positivi.
Quale differenza c’è tra il vostro progetto di microcredito e quello già in atto del “Prestito della Speranza"?
Le modalità sono piuttosto simili, però noi siamo meno rigidi nella definizione del nucleo familiare. Questa scelta, che manifesta la volontà di offrire delle possibilità anche a genitori separati e coppie non sposate, rispecchia l’orientamento laico dei soci della Fondazione.
Come si ricompongono le sensibilità dei soci della Fondazione?
È nel Consiglio di Indirizzo che i soci discutono le diverse visioni. I sindacati privilegerebbero iniziative per i lavoratori dipendenti, la Camera di Commercio vorrebbe invece promuovere la creazione di nuove imprese, mentre il Comune cerca soluzioni più generali per i problemi della cittadinanza. Purtroppo i fondi sono limitati e non si può agire in un’ottica assistenziale, ma il compromesso fino ad ora è stato raggiunto. Il Comitato tecnico-scientifico partecipa spesso alle riunioni per fornire il proprio parere circa i diversi progetti in discussione.
Quali sono questi progetti per l’impiego dei fondi ancora a disposizione?
Diverse sono le iniziative allo studio. Il Comitato tecnico-scientifico, composto attualmente da esponenti delle istituzioni e del mondo accademico, e che vorremmo continuare ad allargare con nuovi membri, sta studiando diverse soluzioni in tema di welfare sanitario. Abbiamo anche in programma audizioni con casse mutue e fondi di assistenza per conoscere esperienze significative. La Fondazione può e deve diventare un laboratorio per l’innovazione sociale, un luogo per lo scambio di esperienze e pratiche e lo studio di soluzioni originali.
Anche i soci hanno avanzato delle proposte?
I sindacati hanno proposto un sistema di prestito per la ristrutturazione del debito delle famiglie nel momento in cui il lavoratore dipendente si trova in difficoltà economica, magari perché cassintegrato. Temo purtroppo che se pubblicizzassimo un’iniziativa così ambiziosa saremmo travolti dalle richieste. Bisogna sempre ricordare che il nostro budget è limitato, non possiamo offrire aiuti così sostanziosi.
Alcune associazioni di lavoro autonomo ci hanno contattato per esporci il problema dei giovani lavoratori a partita iva che si trovano spesso a dover anticipare, per il versamento delle tasse, somme non ancora incassate. Non avendo garanzie reali non possono rivolgersi alle banche, e potrebbero beneficiare di un’iniziativa di sostegno.
Un fenomeno abbastanza frequente nell’area milanese è quello dell’indennità di cassa integrazione a requisiti ridotti. Si potrebbe esplorare la possibilità di un’integrazione per i lavoratori che la percepiscono, sempre nell’ottica di diventare promotori di un progetto più ampio che possa vedere l’aggregazione di altri soggetti. Una cassa mutua richiederebbe senza dubbio altri soggetti disponibili a sostenere l’iniziativa.
Avete l’ambizione di essere qualcosa di più di un mero erogatore di prestiti. Chi lavora allo sviluppo della progettualità propria della Fondazione?
La Fondazione ha promosso anche tre dottorati di ricerca finanziati da Fondazione Bracco, Banca Popolare di Milano e A2A per approfondire i temi della povertà urbana, in chiave comparata e con focus sui soggetti più deboli come le donne immigrate e i giovani, e sul microcredito, il suo funzionamento, i soggetti che vi si rivolgono e l’impatto dell’iniziativa sul territorio. Questi lavori ci serviranno non solo ad approfondire le tematiche ma anche a valutare i risultati del progetto.
Approfondimenti sul nostro sito:
Intervista all’assessore Cristina Tajani
Fondazione Welfare Ambrosiano e microcredito: come nasce e come funziona