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Grazie a una partnership tra il Governo e l’ACRI, associazione che riunisce la Fondazioni di origine bancaria, all’inizio del 2022 è stato istituito il Fondo per la Repubblica Digitale, che ha lo scopo di rafforzare le competenze digitali e ridurre il digital divide1 nel nostro Paese, contribuendo a contrastare le disuguaglianze sociali.

Il Fondo, il cui funzionamento mutua la positiva esperienza del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, ha una dotazione di 350 milioni di euro per il periodo 2022-20262 attraverso cui finanziare bandi per ridurre il divario digitale e sociale in alcuni settori chiave. Il Fondo finora ha finanziato 23 progetti dedicati a donne e NEET e 53 iniziative che mirano a incrementare le competenze di persone ai margini del mercato o a forte rischio di sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica. È invece in corso la selezione dei CrescerAI, bando dedicato a progetti basati sull’intelligenza artificiale.

In questi giorni è stato pubblicato “Polaris”, il nuovo bando da 20 milioni di euro che sosterrà progetti rivolti alla formazione e all’orientamento di studenti e studentesse delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Il suo obiettivo è sostenere un accrescimento delle conoscenze e competenze STEM e favorire un approccio costruttivo, aperto e consapevole nella scelta dei percorsi formativi e professionali futuri.

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Il ritardo su ICT e STEM

Secondo il Report 2030 Digital Decade della Commissione Europea che fa il punto sui progressi compiuti dall’UE in tema di trasformazione digitale, come stabilito nel programma strategico per il Decennio Digitale 2030, la carenza di esperti ICT 3 e di laureati STEM4 è un fenomeno che coinvolge tutta l’Europa, ma che vede l’Italia particolarmente indietro.

Nel nostro Paese, infatti, solo il 46% delle persone fra i 16 e i 74 anni avrebbe competenze digitali di base – contro la media europea pari al 54% – e solo l’1,5% dei laureati ha scelto un percorso di studi universitari in ambito ICT. Contestualmente, la percentuale di specialisti del settore ICT e STEM sul totale dei dipendenti è pari solo al 3,9%, contro il 4,6% a livello europeo.

A questo si aggiunge il fatto che entrambi i settori sono caratterizzati da un ampio gender gap. Secondo i dati della Commissione UE le donne, infatti, rappresentano solo il 19% delle persone che si occupano di ICT, e tra le persone laureate in materie STEM solo 1 su 3 è di genere femminile. Con riguardo al nostro Paese, Eurostat evidenzia che fra i pochi laureati ed esperti in ambito ICT e STEM le donne sono pochissime: mentre gli uomini laureati in ambito STEM rappresentano il 24,5% sul totale dei laureati, questa percentuale scende al 14,5% per le donne.

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Problemi (anche) di consapevolezza

Questa mancanza di laureati e professionisti in ambito ICT e STEM è ovviamente un ostacolo allo sviluppo del sistema Paese, ma in generale appare scarsa la consapevolezza di questa problematica, soprattutto tra i giovani che devono scegliere i percorsi formativi e di studio da intraprendere.

Nonostante per le organizzazioni sia sempre più difficile trovare esperti in ambito tecnologico e scientifico, le iscrizioni ai percorsi di studio universitari non rispecchia la composizione del fabbisogno di competenze specifiche richieste dal mercato del lavoro.

I dati dicono che il 57,3% dei giovani tra i 15 e i 28 anni ignora quali siano le competenze professionali da sviluppare sia in relazione alla propria inclinazione sia con riferimento alle richieste del mondo del lavoro. Questo anche perché quasi il 40% dichiara di non aver mai fruito di alcun servizio di orientamento, il 13% ne ignora l’esistenza e un’ampia percentuale ritiene difficile il passaggio all’istruzione superiore.

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Il bando Polaris

Proprio per affrontare questa situazione il Fondo per la Repubblica Digitale investirà 20 milioni di euro nel bando “Polaris, che ha l’obiettivo di selezionare progetti che siano in grado di supportare studenti e studentesse nella fase di transizione tra diversi cicli di studi. A questo scopo il bando selezionerà progettualità rivolte a:

  • persone iscritte al secondo e al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (budget 5 milioni di euro);
  • persone iscritte al terzo, quarto e quinto anno della scuola secondaria di secondo grado (15 milioni di euro).

Le proposte potranno essere presentate da soggetti privati non profit, in forma singola o in partnership costituite da massimo cinque soggetti, a esclusione delle scuole. All’interno di ciascun progetto dovrà infatti essere coinvolta almeno una scuola e il numero di partner scolastici non rientrerà nel computo del numero massimo dei soggetti del partenariato. Potranno inoltre essere coinvolti anche enti for profit ma solo in qualità di partner per l’apporto di know-how nell’ambito dell’orientamento e formazione sulle materie STEM e per una quota massima del 20% del contributo di progetto.

I progetti presentati potranno essere sostenuti con contributi del Fondo che vanno da un minimo di 400.000 a un massimo di 1.000.000 di euro. C’è tempo fino al prossimo 7 giugno per partecipare al bando attraverso il portale Re@dy. Il bando sarà presentato nel corso di due webinar il 5 aprile e l’11 aprile.

Note

  1. Il divario esistente – per ragioni economiche, educative, infrastrutturali, sociali, demografiche e di genere – tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione (come computer, tablet, connessione internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale.
  2. Le risorse sono garantite dalle Fondazioni di origine bancaria, che possono godere di un credito di imposta variabile tra i 65% e il 75% per le risorse versate nel fondo al fine di sostenere progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale. Tali denari sono gestiti da un’impresa sociale che si occupa della redazione e la pubblicazione di bandi, l’istruttoria ex ante delle proposte di progetto, il monitoraggio la selezione e approvazione delle iniziative idonee, che rientrano cioè nell’ambito degli obiettivi di digitalizzazione previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
  3. Acronimo del termine inglese Information and Communication Technology, indica le tecnologie dell’informazione e della comunicazione che comprendono dispositivi, reti, applicazioni digitali, servizi per elaborare, memorizzare, recuperare, trasmettere e ricevere informazioni
  4. Acronimo del termine inglese Science, Technology, Engineering, and Mathematics, che raggruppa discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, oggi fondamentali per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico
Foto di copertina: Fondo per la Repubblica Digitale