Sostegno, fiducia, confronto e riconoscimento reciproco. Queste sono le parole chiave con cui i Family Mentor del progetto ‘InRete’ descrivono gli aspetti fondamentali del proprio lavoro. Un lavoro fatto di relazioni, di dialogo e di collaborazione con insegnanti, assistenti sociali, educatori, operatori della salute e soprattutto con le famiglie dei minori in condizioni di temporanea o evolutiva fragilità – principali beneficiari del progetto. A queste famiglie, collocate nella cosiddetta ‘fascia grigia’ e per questo spesso non intercettate dai servizi che si occupano del disagio conclamato o cronico, sono rivolti interventi educativi che spaziano da attività ludico-ricreative, laboratori di didattica alternativa, di scoperta delle emozioni, al supporto allo studio individuale o di gruppo, fino alla destinazione di ‘doti’ per poter accedere ad altre risorse sul territorio.
Cosa fa il Family Mentor
L’introduzione di un operatore famigliare territoriale, il Family Mentor per l’appunto, rappresenta un elemento di innovazione nella definizione delle strategie di contrasto alla povertà educativa nel territorio di Forlì e comprensorio, in Emilia-Romagna. Questo territorio è caratterizzato da una significativa presenza di servizi rivolti ai minori e da buone prassi di collaborazione tra le diverse agenzie educative pubbliche e private, consolidate nel tempo, anche grazie al sostegno della locale Fondazione Cassa dei Risparmi.
Il Family Mentor si pone al centro di queste reti per facilitare la costruzione di un progetto della famiglia per i propri bambini e ragazzi, nel quale l’operatore favorisce l’emersione dei talenti ma anche delle criticità, e sostiene l’evoluzione della famiglia stessa, moltiplicando le opportunità di accesso ai servizi citati. L’attivazione di una cabina di regia territoriale consente poi di costruire prassi condivise ed essere riconosciuti come figura unica nei vari territori, pur mantenendo la specificità di ciascuno.
Le valutazioni fatte in questi anni hanno permesso di fare ‘un passo avanti’ – per citare il nome del bando promosso dall’Impresa Sociale Con I Bambini che finanzia il progetto InRete – e spostare il focus dall’implementazione di servizi educativi centralizzati alla sperimentazione di azioni diffuse di sviluppo delle famiglie, sviluppando le relazioni già esistenti in particolare con insegnanti e dirigenti scolastici, operatori sociali e sanitari al fine di innescare nuovi processi generativi che mettano al centro la capacità di costruire percorsi integrati che potenzino ogni attore.
InRete: un ponte tra famiglia, scuola e servizi territoriali
Avviato nel luglio 2020, il progetto InRete vede coinvolto un ampio partenariato promosso dal Consorzio Solidarietà Sociale Forlì-Cesena: cinque cooperative sociali del territorio – L’Accoglienza, Domus Coop, Paolo Babini, DiaLogos, Salvagente – e la Fondazione Buon Pastore della Caritas diocesana, oltre al Comune di Forlì, quasi tutti gli Istituti Comprensivi e alcune scuole Secondarie di secondo grado del territorio.
Tra gli obiettivi principali:
- Sostenere lo sviluppo di abilità e competenze nei minori tra i 6 e i 17 anni per contrastare fattori di disagio scolastico e di povertà educativa;
- Rafforzare le capacità genitoriali nell’affrontare situazioni di fragilità familiare utilizzando al meglio le risorse a disposizione
Per raggiungerli, struttura del progetto comprende tre macro-azioni.
Scuola “InRete” (attività invernale secondo il calendario scolastico) e Chi ben (ri)comincia (attività estiva) (Fig.1), mirano ad aumentare il successo relazionale e scolastico di bambini e ragazzi accompagnandoli nella scoperta di talenti e competenze attraverso opportunità di apprendimento a tutto tondo che valorizzano le abilità di ognuno, all’interno del percorso scolastico e in relazione al gruppo di pari o nelle comunità di appartenenza.Ragazzi di famiglie migranti o con difficoltà linguistiche, con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) o con disabilità hanno la possibilità di usufruire di risorse specifiche, adeguate alla situazione in cui si trovano.
L’attivazione del Family Mentor è l’azione continuativa già descritta: ogni operatore lavora in uno o più quartieri, in una o più vallate così da diventare il punto di riferimento per la raccolta delle segnalazioni e l’attivazione dei vari soggetti della comunità educante, rimanendo in collegamento con gli altri operatori attraverso la cabina di regia e l’utilizzo di strumenti digitali. L’operatore e la famiglia stendono un patto educativo e ne monitorano l’andamento, viene compilata una scheda minori e valutato periodicamente il grado di raggiungimento degli obiettivi in base a indicatori concreti di esito. Ogni fase è dettagliatamente documentata, ai dati quantitativi raccolti con gli strumenti studiati ed implementati man mano si affianca una lettura qualitativa, che permetta di dare voce alle storie singole di ciascuno.
Da ultimo il progetto, come tutti i progetti dei bandi di Con I Bambini, prevede un monitoraggio costante e la valutazione dell’impatto ad opera di un ente valutatore esperto, che nel nostro caso è AICCON. A due anni dalla chiusura di Inrete, nel 2026 verrà fatta una rilevazione per raccogliere dati sull’effettivo cambiamento operato dal progetto in base agli indicatori stabiliti. In collaborazione con gli attenti esperti dell’ente si sta costruendo un impianto valutativo che possa restituire sia gli aspetti del cambiamento concreto e quantificabile, importantissimo, ma anche gli aspetti meno tangibili, legati alle percezioni e alla vita quotidiana delle persone, altrettanto importanti e forieri di indicazioni preziose.
Il ruolo, sempre più definito, del Family Mentor
In questi due anni di progetto InRete, la figura del Family Mentor ha mostrato le sue potenzialità e la sua efficacia, diventando una figura nodale per la connessione fra le famiglie, il mondo scolastico e la comunità di riferimento.
Stiamo parlando di professionisti del Terzo Settore (educatori, pedagogisti, psicologi) che già lavoravano in maniera sinergica col territorio ma la cui identità è stata rafforzata dall’investitura ricevuta col titolo di Family Mentor. Ed è proprio questo ciò che sono: mentori, cioè guide che accompagnano alla scoperta, persone amiche ed esperte capaci di tenere in equilibrio formalità ed informalità, operatori con in mano la valigetta degli strumenti e nel cuore il caldo della relazione.
Recentemente il gruppo dei Family Mentor ha sentito il bisogno di lavorare per costruire un profilo di competenze e cercare di rendere replicabile ed esportabile l’esperienza. Ne è scaturito un percorso formativo-esperienziale realizzato con il supporto di due esperte: Monica Ruffato, educatrice e pedagogista, conduttrice dei tavoli di comunità di pratiche di CIB e Federica Bruno, psicologa e psicodrammatista, facilitatrice teatrale secondo il metodo di coscientizzazione del Teatro dell’Oppresso).
Quello che è emerso dal dinamico percorso fatto è che si tratta di un ruolo che si valorizza e si rafforza proprio nel lavoro di rete con gli altri Family Mentor. Il modello si costruisce insieme, mettendosi in discussione, scambiando prassi ed interrogandosi costantemente, senza mai cristallizzarsi in una forma compiuta.
Come hanno sottolineato Monica e Federica: ”La condivisione delle esperienze è centrale per ampliare lo sguardo, questo confronto produce una ricchezza profonda, una grande creatività e flessibilità. I Family Mentor agiscono sui territori come fa l’acqua: irrigando senza inondare”. Ed è proprio questa la sensazione, si sta irrigando, permettendo a questa comunità di divenire più fertile. Perché questo accada, tuttavia, “servono fiducia, coraggio, apertura, flessibilità, confronto e riconoscimento sia all’interno delle nostre organizzazioni, sia all’esterno, da parte delle istituzioni”.
Le aspettative crescenti su questa figura
Le consegne di lavoro con cui ci si è lasciati alla fine del percorso con le esperte sono essenzialmente tre:
- continuare a costruire luoghi di scambio dinamico e vitale tra Family Mentor in cui far entrare, con le stesse modalità coinvolgenti e calde, anche referenti istituzionali;
- narrare e lasciare traccia significativa delle storie che vivono dietro e dentro al progetto;
- gettare ponti sul futuro, interpretando i tempi e generando visioni capaci di orientare i passi delle politiche verso il bene comune.
Propositi in linea con il pensiero di Marco Rossi-Doria, presidente dell’Impresa Sociale Con I Bambini: “sostenere progetti educativi significa tentare di compensare i condizionamenti negativi che impediscono a bambini e ragazzi di esprimere le proprie capacità e, al tempo stesso, far scoprire parti ancora nascoste, promuovendo talenti; è questo ciò a cui si deve pensare se si vuole realmente investire sul futuro del nostro Paese“.
Verso una comunità educante
Mentre si progetta si vola alto, soprattutto se la progettazione si fa tra colleghi che hanno mani, testa e cuore, ci si dà il tempo di sognare, di seguire delle visioni. Non a caso la fase di concretizzazione successiva la chiamiamo ‘messa a terra’, ma stiamo sempre ben attenti che la terra non ricopra i sogni, ma semplicemente permetta che vi si adagino perchè germoglino piante vere, vive. Il sogno è il solito, il bene comune, fatto bene, fatto insieme, perché diventi futuro possibile e ciascuno abbia il suo ruolo e possa dare e ricevere. Ci facciamo reciprocamente l’augurio con di “continuare ad organizzare la speranza”, lavorando in modo appassionato, positivo e, ovviamente, in rete.
Nei prossimi anni lo faremo grazie al bando ‘Comunità educanti’, promosso da Con i Bambini per realizzare un’azione di sistema a livello nazionale per affrontare in modo efficace il fenomeno della povertà educativa e per innovare i processi di sviluppo del Paese partendo davvero dai giovani e da tutto ciò che ruota attorno ad essi, nell’ottica di una responsabilizzazione collettiva rispetto ai processi educativi e di crescita.
Il Consorzio Solidarietà Sociale, cinque cooperative sociali e il Comune di Forlì hanno partecipato con il progetto “Relazioni Generative“, che è risultato tra i 152 vincitori. Si pone l’obiettivo di rafforzare la comunità educante del territorio inaugurando una tempo di vera co-programmazione educativa, per garantire sempre meglio interventi efficaci e sostenibili nel tempo. Le azioni previste mirano a stimolare la partecipazione attiva dei minori, delle famiglie e dei diversi attori territoriali, attraverso attività laboratoriali di ascolto e progettazione e per realizzare accordi e patti educativi di comunità che pongano le basi per scelte e prassi davvero condivise tra soggetti diversi ma in vario modo interessati alla crescita dei bambini e dei ragazzi.
“Relazioni Generative” speriamo ci consentirà di infrastrutturare ancora di più il lavoro fatto finora grazie ai Family Mentor.