A Pavia, nel cuore del Nord industrializzato, la politica industriale provano a farla la diocesi e la Confindustria locale. È un’iniziativa dal basso che punta innanzitutto a creare sinergie tra le Pmi della zona per poi indirizzarle verso processi di aggregazione, il tutto in un territorio che ne ha proprio bisogno visto che il 96 per cento delle aziende è sotto i 9 addetti. Ma è anche uno sforzo che cerca di cucire economia e territorio non lasciando soli gli imprenditori e mobilitando al loro fianco la comunità. Il debutto di «Made in Pavia» – così si chiama il progetto – è previsto per venerdì 19 dicembre, e tutto si svolgerà non in una sala confindustriale o della Camera di Commercio bensì nel complesso della Chiesa del Sacro Cuore, che oltre ad essere luogo di culto vanta un salone espositivo adiacente. L’ideale per ospitare gli stand delle aziende.
A proporre l’insolita location è stato don Franco Tassone, il responsabile della pastorale del lavoro della diocesi di Pavia e la sua proposta è stata entusiasticamente approvata dagli altri. Perché, come hanno riconosciuto gli imprenditori locali, «qui la Chiesa sa dare insegnamenti di modernità e di concretezza». Don Tassone è un caterpillar, è difficile da fermare ma è anche vero che il suo superiore, il vescovo di Pavia monsignor Giovanni Giudici, oltre ad essere stato un allievo del cardinale Martini, ha studiato alla Bocconi, dove si è laureato in lingue.
L’insolita partnership Chiesa-Confindustria è iniziata nei primi mesi del 2014 quando la Curia, prendendo a prestito un progetto della Cisl per la riqualificazione degli edili disoccupati, bussò a casa degli industriali dando inizio così a una collaborazione che sarebbe andata ben oltre. Don Tassone, insieme al responsabile delle relazioni sindacali, Fabrizio Raina, decise di iniziare un viaggio di ricognizione nella realtà produttiva pavese, dove non si contano le imprese che hanno dovuto chiudere per la recessione e l’ultima delusione è stata rappresentata dal mancato passaggio della ex Merck (farmaceutici) al gruppo Zambon.
La strana coppia del prete e del confindustriale ha girato almeno 15 medie aziende, inizialmente per mettere a conoscenza i titolari del progetto di riqualificazione degli edili e poi via via per capire meglio le loro esigenze e metterle a fuoco anche in chiave di proposta. Politiche sociali a braccetto di quelle industriali. Rispetto ad altre zone del triangolo lombardo-emiliano-veneto Pavia non vanta i distretti, le singole eccellenze non si sono date una vera specializzazione produttiva e non hanno germinato nel territorio esperienze diffuse. Per questo motivo la provincia è più indietro rispetto alle altre nelle politiche di innovazione e dell’export. Ci sono aziende brillanti in diversi settori ma anche le realtà migliori lavorano quasi esclusivamente sul mercato interno, parlano poco tra loro e non dialogano, ad esempio, con l’università. Così il gruppo più grande della zona è il riso Scotti mentre le medie hanno sofferto più delle altre.
Il progetto di «Made in Pavia», pur giovandosi dell’apporto celeste, non potrà risolvere tutti questi problemi ma può rappresentare un passo nella giusta direzione. Un passo che ha incontrato il favore di Davide Caprioglio della Colmegna (edilizia, 8 milioni di fatturato, 65 dipendenti) che insieme a 11 colleghi ha dato vita alla prima rete d’impresa. La Confindustria ha messo al servizio la struttura nazionale coordinata dal vice-presidente Aldo Bonomi e così il progetto ha potuto prendere corpo. La rete inizialmente metterà insieme aziende di differenti settori che potranno decidere assieme gli acquisti di elettricità, gas e telefonia. È prevista poi la sperimentazione di un servizio comune di e-commerce. Il secondo step prevede la nascita di altre reti di impresa, almeno una per ciascuna specializzazione produttiva (alimentare, casa e meccanica). «Pensiamo che si possa fare business restando a Pavia, bisogna solo motivare gli imprenditori. E abbiamo trovato nella diocesi un partner straordinario» conclude il direttore della Confindustria, Francesco Caracciolo.
Questo articolo è stato pubblicato anche sul Corriere della Sera del 15 dicembre 2014