Nel 2009, l’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità della CEI, la Caritas Italiana e la Consulta ecclesiale nazionale degli organismi socio-assistenziali hanno promosso il “IV Censimento nazionale dei servizi socio-assistenziali e il I Censimento delle strutture sanitarie cattoliche”. L’iniziativa si situa nella cornice della riflessione ormai da tempo avviata dalla Conferenza Episcopale attorno al ruolo delle istituzioni ecclesiali nella risposta ai bisogni sociali, in Italia.
La rilevazione ha avuto luogo nel corso del 2010, in tutte le diocesi italiane, sotto la guida del direttore della Caritas locale. I risultati sono stati elaborati tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 e sono oggi contenuti in una serie di documenti e studi, tra i quali spicca l’interessante lavoro di sintesi di Maurizio Giordano, della Consulta ecclesiale degli organi socio-assistenziali, dal titolo “IV Censimento delle opere ecclesiali: conoscenza, cura e tessitura in rete delle opere di carità”.
Il Censimento, oltre ad avere contribuito alla costruzione di un’anagrafe dei servizi socio-assistenziali e sanitari cattolici, ha perseguito ulteriori obiettivi così riassumibili: la messa in evidenza delle caratteristiche del rapporto tra i servizi e la comunità di riferimento; la verifica di pratiche innovative ma anche di eventuali carenze dell’offerta rispetto ai bisogni, l’attivazione di reti sinergiche all’interno delle diocesi; la promozione del dialogo con le autorità pubbliche [Giordano, 2011, nei riferimenti].
I servizi censiti sono stati 14.246, il 47,9% dei quali attivi al Nord, il 23, 6% al Centro e il 28,6% al Sud. Il 62,3% di essi consiste in servizi socio-sanitari e sociali non residenziali. Quest’ultimo dato è confermato dai risultati del Censimento nella Diocesi di Milano, che è tra le poche ad avere reso disponibile online un documento relativo al territorio di propria competenza (si vedano le tabelle 1 e 2 e il documento tra i riferimenti).
Tabella 1 – I servizi sanitari e socio-assistenziali nella Diocesi di Milano
Tabella 2- Assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale nella Diocesi di Milano
Tornando al contesto nazionale, per quanto riguarda i servizi sanitari, prevalgono quelli di autoambulanza, seguiti dagli ospedalieri, dalle banche del sangue e dai centri di riabilitazione. Per quanto riguarda invece i servizi socio-sanitari e sociali residenziali, i più numerosi sono le case di riposo per anziani, seguono le residenze per persone affette da disturbi nervosi o che abusano di sostanze stupefacenti, le RSA, le comunità per minori e quelle per mamme e bambini. Per quanto attiene infine l’assistenza non residenziale, i servizi più diffusi sono i centri di ascolto, seguiti da quelli di erogazione dei beni primari, dai consultori e dai centri per la vita, fino alle mense, ai centri diurni per disabili e a quelli per il sostegno allo studio dei minori. Si tratta di una rete ricca ed articolata di interventi che vedono come soggetti promotori le parrocchie (27%), le diocesi (19,0%), le associazioni di fedeli (18,1%), gli istituti di vita consacrata o società di vita apostolica (13,1%), altre realtà ecclesiali (5,5%) e soggetti della realtà civile (16,9%).
I servizi censiti sono mediamente piuttosto recenti: i due terzi esistono da non più di vent’anni. Inoltre, si registra una diminuzione progressiva dei servizi residenziali nell’ultimo decennio (dal 42,3% al 33,3%) ed un aumento di quelli non residenziali (dal 57,8% al 66,6%). Un dato probabilmente spiegabile con il tentativo di rispondere all’aspirazione degli individui che necessitano di assistenza di permanere nell’ambiente di vita. Più dell’80% dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari residenziali sono accreditati, convenzionati o autorizzati, mentre quasi il 60% di quelli non residenziali non possiedono alcuna forma di riconoscimento pubblico.
Secondo Giordano, è molto positivo, da un lato, l’aumento dei servizi non residenziali che garantiscono la modulazione degli interventi avendo come riferimento la cornice familiare e sociale dell’individuo; dall’altro, lo sviluppo di “servizi leggeri”, che favoriscono una lettura più mirata dei bisogni sociali, ed in particolare delle nuove povertà, identificando soluzioni che agiscono in una prospettiva di inclusione sociale.
Tra i tanti spunti di riflessione che il IV Censimento offre agli addetti ai lavori, e non, delle politiche sociali, è sicuramente meritevole di attenzione un passaggio dell’analisi di Giordano: «Il Censimento ha evidenziato una forte, diffusa e crescente presenza di opere caritative in vario modo dipendenti o collegate con la Chiesa: dalle 4 mila censite nel 1980 alle 11 mila del 1999 alle 14.246 del 2009, che diventano 20.730 se si sommano attività principale ed attività secondaria e si moltiplicano ulteriormente se si sommano anche le altre attività, che non sono altro che servizi aggiuntivi offerti alla cittadinanza. Esiste dunque una rete di sostegno alla persona ed alla famiglia ben radicata ed in continuo sviluppo, che conferma la naturale predisposizione del nostro mondo a farsi carico dei problemi sociali della comunità e sottolinea la sua rilevanza nel sistema di welfare italiano. Ed è questo un dato estremamente positivo. Ma qualche cautela è d’obbligo […] non si sta tornando al vecchio ruolo di supplenza a carenze statali, giustificato quando la spesa nazionale per la protezione sociale era ridotta (nel 1960, il 15% del PIL) e meno necessario oggi con una spesa pari al 26-27%? Non si rischia di entrare in una logica di capitalismo compassionevole, sia pure religiosamente ispirato e mosso da alte motivazioni? Non dobbiamo inoltre trascurare il rischio di essere utilizzati strumentalmente, quale risorsa sociale a costi contenuti in una fase di gravissime difficoltà finanziarie per lo Stato (per tutti gli Stati almeno dell’Occidente), così come – specialmente per i servizi residenziali – forte è il pericolo di una eccessiva dipendenza da finanziamenti pubblici per la quotidiana gestione con le immaginabili conseguenze di eccesso di formalismi burocratici e condizionamenti di vario genere. Salviamo la struttura, ma ne perdiamo l’anima».
Si tratta di interrogativi cruciali, ai quali è necessario fare riferimento per conoscere, capire ed interpretare il ruolo che gli enti cattolici sanitari e socio-assistenziali stanno assumendo nel generale processo di ridisegno del sistema di welfare italiano.
Riferimenti