Sino ad ora, nell’emergenza da Covid-19, il Governo ha adottando misure di protezione del reddito delle famiglie e a sostegno delle imprese. Ammortizzatori sociali in deroga, bonus per i nuclei familiari, moratoria del rimborso dei debiti bancari, garanzia pubblica sui nuovi finanziamenti e spostamento in avanti delle scadenze fiscali sono tutti interventi sacrosanti nella situazione che stiamo vivendo. Per reagire alla devastazione causata dalla pandemia, tuttavia, i trasferimenti monetari da soli non sono sufficienti. Servono nuove politiche in grado di cambiare la traiettoria di sviluppo della società, i cui limiti erano già evidenti prima del Coronavirus.
Per tale ragione in queste ore 600 imprenditori sociali hanno sottoscritto l’appello "Ricostruiamo il Paese! Proposte – a costo zero – per rafforzare le infrastrutture sociali" nel quale vengono presentate al Governo e alle forze politiche 6 misure, semplici ed immediatamente applicabili. Il Terzo settore ed il civismo sociale hanno avuto un ruolo chiave nella gestione dell’emergenza sanitaria dimostrando flessibilità, capacità innovative e competenze gestionali. Molte organizzazioni del Terzo Settore, però, rischiano la chiusura a causa degli effetti economici dell’emergenza da Covid-19.
Superata l’emergenza queste organizzazioni potranno dare un importante contributo alla riorganizzazione del sistema sanitario e alla ricostruzione del sistema economico ponendo attenzione alle persone più fragili, ai bisogni e alle risorse presenti nella comunità. La ricostruzione del Paese, infatti, non sarà solo una questione di risorse disponibili ma anche di modelli, di strumenti utilizzati e di attori messi in campo.
Per queste ragioni gli imprenditori sociali propongono un radicale cambio di rotta nelle relazioni tra Terzo Settore e amministrazioni pubbliche, mettendo da parte i miti del mercato e della concorrenza – che hanno caratterizzato i primi venti anni di questo nuovo secolo – e costruendo un nuovo modello centrato sulla collaborazione tra attori pubblici e società civile, che metta al centro delle politiche pubbliche le persone più fragili, che già prima della crisi da Covid-19 si trovavano ad essere espulse dai processi produttivi, economici e sociali. Trattati come scarti.
Questo cambio, come detto, si concretizza in alcune misure attuabili in tempi rapidi:
- Prorogare sino a giugno 2023 di tutti i contratti in essere tra organizzazioni del Terzo Settore e amministrazioni pubbliche al fine di evitare lo sviluppo di una competizione esasperata tra imprese e l’acuirsi di fenomeni di concorrenza anomali e sleali;
- Sospendere, per un periodo limitato, l’utilizzo delle gare di appalto rendendo la co-progettazione lo strumento ordinario nelle relazioni tra attori pubblici e Terzo Settore;
- Introdurre maggiori tutele per i “lavoratori del sociale” prevedendo l’adeguamento automatico dei contratti con le amministrazioni pubblica quando sono rinnovati i contratti collettivi di lavoro;
- Permettere a tutte le imprese sociali che impiegano lavoratori svantaggiati di fatturare i servizi sospesi a causa dell’emergenza da Covid-19 a condizione di attivare percorsi formativi per tutti i lavoratori;
- Prevedere che una parte degli acquisti di beni e servizi realizzati dalle amministrazioni pubbliche venga effettuata attraverso procedure di gara riservate ai soggetti che inseriscono al lavoro le persone svantaggiate;
- Estendere a tutte le organizzazioni del Terzo Settore le misure di sostegno finanziario adottate a favore delle imprese presenti sia nel Decreto Cura Italia che nel Decreto Liquidità.
Non si tratta di agevolare un settore economico al posto di un altro, né si tratta di chiedere favori finalizzati al mantenimento di uno status quo ma di tutelare le infrastrutture sociali del Paese, immaginando un’uscita dalla crisi capace di mettere al centro valori come la solidarietà e la reciprocità.
Continuiamo a pensare al ritorno alla “normalità”, cercando di cucire il futuro al passato e rifiutandoci di ammettere che c’è stato uno strappo, il cui costo sociale sarà pagato soprattutto dai fragili, dalle persone svantaggiate, dai poveri. Uno strappo che le nostre comunità potranno affrontare come un’opportunità soltanto se avranno accanto un Terzo Settore vivo e solido, in grado di umanizzare i cambiamenti che vivremo nei prossimi mesi. Un Terzo Settore capace di non lasciare nessuno indietro.
La crisi da Covid-19 ci offre la possibilità di rivedere il modello di sviluppo, attraversando questo cambiamento con un bagaglio più leggero (e più sostenibile soprattutto per le generazioni future), pronti a immaginare un mondo diverso e a lottare per averlo!
L’appello può essere sottoscritto su Change.org oppure inviando una mail a appello.imprese.sociali@gmail.com.