Dopo gli articoli "Dopo di noi: dalla proposta di legge alle sperimentazioni sul territorio" e "Durante e dopo di noi: proposte e sperimentazioni di ANFFAS" continuano gli approfondimenti di Percorsi di Secondo Welfare sullo sviluppo dei servizi per il “durante e dopo di noi” in Italia. In questo articolo verrà descritto il progetto sperimentale “A Casa Mia” promosso dalla cooperativa sociale Come Noi di Mortara, ente gestore del circuito ANFFAS fondato nel 1985 da un gruppo di famigliari di persone con disabilità, già soci della locale sezione ANFFAS costituita l’anno prima.
La cooperativa Come Noi
La cooperativa Come Noi avvia le proprie attività all’interno di un convento concesso in comodato gratuito, ma alla fine degli anni ’90, dopo circa dieci anni di attività, con l’incremento dei servizi erogati, acquisisce un terreno fuori città e avvia la costruzione di un immobile composto da diverse unità abitative che consentono di attivare servizi diurni e di sostegno abitativo e residenziale inizialmente pensati per i nuclei familiari ma con il passare del tempo utilizzati prevalentemente come comunità-alloggio. Tali servizi sono stati il terreno che ha consentito lo sviluppo della sperimentazione “A Casa Mia”.
Nel 2013 accanto all’associazione ANFFAS ed alla cooperativa sociale Come Noi si affianca una fondazione di partecipazione promossa da ANFFAS e Come Noi con lo scopo di garantire il supporto economico alle iniziative sperimentali per il “durante e dopo di noi” e tutelare il patrimonio delle persone con disabilità. Si configura così nel tempo un modello organizzativo “tripartito” che vede l’associazione finalizzata alla tutela dei diritti e alla promozione della cittadinanza attiva, la cooperativa sociale alla progettazione ed alla gestione dei servizi e la fondazione di partecipazione alla garanzia dei patrimoni a sostegno delle politiche per il dopo di noi e la vita indipendente; il tutto all’interno di un rapporto forte e sinergico con gli enti locali.
Attualmente la cooperativa opera in rete con la struttura ANFFAS regionale e nazionale ed è associata a Federsolidarietà, il raggruppamento delle cooperative sociali aderenti a Confcooperative.
L’innovazione del Progetto A Casa Mia
A partire dal 2013 Mortara è scenario di uno dei progetti sperimentali di vita indipendente avviati da ANFFAS che oggi riesce a coniugare le istanze associative rispetto al tema del dopo di noi e della vita indipendente: il progetto A Casa Mia.
Negli anni precedenti ANFFAS Lombardia aveva avviato un lavoro di ricerca-azione coinvolgendo i servizi e le strutture di tutta la Regione e con la collaborazione della stessa amministrazione regionale e dell’Università degli Studi di Bergamo. L’esito della ricerca-azione è stata la pubblicazione di alcune linee guida presso Erickson.
Alle origini della sperimentazione vi sono alcuni fattori macrostrutturali che è opportuno mettere in luce: l’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; l’elaborazione del modello della Qualità della Vita e dello strumento delle Matrici Ecologiche da parte della comunità scientifica di settore; l’elaborazione filosofica di nuove concezioni dei diritti di cittadinanza (es: approccio delle capability di Martha Nussbaum e Amartya Sen).
Il progetto A Casa Mia non si sarebbe però sviluppato senza alcuni importanti fattori microstrutturali legati ai bisogni espressi dal territorio: in primo luogo vi erano alcuni genitori anziani preoccupati per il futuro dei loro figli con disabilità intellettive, le stesse persone con disabilità, ormai adulte, avevano una forte motivazione a staccarsi dalla famiglia d’origine, infine le strutture tradizionali di accoglienza residenziale erano sature.
L’invecchiamento dei genitori è infatti uno dei fattori che portano le persone con disabilità all’istituzionalizzazione in una struttura residenziale o all’assistenza domestica attraverso il ricorso ad assistenti famigliari privati, con il rischio di perdere le relazioni sociali.
Le famiglie, anziché visitare diverse strutture residenziali per cercare un eventuale posto libero ove collocare il figlio, hanno deciso di provare a farlo vivere da solo insieme ad altre persone nella stessa condizione; hanno messo a disposizione un appartamento e chiesto la disponibilità della cooperativa. All’inizio sia l’amministrazione che l’equipe di operatori hanno epsresso alcune perplessità sulla fattibilità del progetto, che però è stato poi approvato; attualmente vi sono tre convivenze di persone con disabilità intellettiva e un appartamento singolo con una persona con disabilità motoria (lo staff sta lavorando per attivare il secondo).
Con-vivere in appartamento e crescere insieme si può
L’obiettivo del progetto è favorire la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità intellettiva o motoria e consentire loro di poter scegliere dove e con chi vivere, inserendo tra le opzioni la possibilità di stare a casa propria. Le convivenze e gli appartamenti non sono infatti considerate strutture sociosanitarie ma abitazioni private in cui persone con disabilità risiedono con il supporto psicoeducativo del personale specializzato della cooperativa, talvolta integrato ad assistenti familiari direttamente scelti dai con-viventi e/o dai rispettivi amministratori di sostegno.
Questo modello di intervento consente alle famiglie di attivarsi anche autonomamente per formare il gruppo di conviventi e scegliere l’appartamento, e successivamente chiedere il supporto della cooperativa o di un ente esperto per governare il progetto e fornire il supporto professionale. In questa fase quindi l’equipe della cooperativa, composta da educatori professionali, uno psicologo e un medico psichiatra, svolge un ruolo di mediazione tra le persone con disabilità e le loro famiglie e tra le persone che andranno a convivere per prepararle al distacco e alla vita in autonomia; valuta inoltre l’effettiva possibilità di riuscita della convivenza. Il ruolo di mediazione viene mantenuto durante tutta la durata della convivenza ma prevedendo rimodulazioni flessibili sulla base degli effettivi bisogni di sostegno che vengono portati dai singoli conviventi. Gli educatori inoltre devono verificare l’idoneità degli appartamenti, le eventuali modifiche da apportare, la qualità del contesto territoriale e delle relazioni che in esso possono essere favorite.
La cooperativa ha poi l’importante funzione di stimolare le famiglie e le persone con disabilità a pensare a un futuro di vita indipendente. S’inizia evidenziando l’opzione, passando poi a proporre periodi di distacco come un week end di sollievo alla famiglia ed in seguito creando piccoli gruppi di persone che possono vivere insieme; se i gruppi funzionano viene avviata la convivenza. È opportuno però sottolineare come spesso le famiglie gestiscono spontaneamente autonomamente il processo e alla cooperativa compete solo la funzione di case manager.
Attualmente A Casa Mia rientra tra i progetti sperimentali riconosciuti dal Piano di Zona di Mortara; i residenti pagano una quota di 22 euro al giorno e il Comune contribuisce con altri 38 euro.
Volontariato e qualità della vita
Un ruolo importante è giocato dai volontari che sono in genere presenti in tutti i servizi della cooperativa con varie funzioni (es: compagnia, guida dei pulmini, realizzazione di eventi); nel progetto “A Casa Mia” ricoprono però un ruolo peculiare, non sono infatti di supporto ad una attività bensì partecipano alla vita delle persone per migliorarne la qualità. Se negli altri servizi della cooperativa il volontario accompagna e supporta le persone con disabilità in varie attività, nelle convivenze è un amico con cui condividere dei momenti come l’aperitivo, il cinema, la partita o la Messa. La qualità della vita è infatti data non solo dalla frequenza ad attività e servizi strutturati ma soprattutto dalla presenza di persone significative e dai momenti vissuti per il semplice piacere di viverli in libertà – senza i vincoli di un servizio strutturato – e la presenza dei volontari in questo è fondamentale.
La risposta del territorio
Al fine di una positiva integrazione dei conviventi nel tessuto sociale è necessaria una buona risposta da parte della comunità locale. Secondo i responsabili della cooperativa sembra che inizialmente i condomini della prima convivenza non avessero gradito la sperimentazione temendo un calo della vivibilità dello stabile e il deprezzamento degli appartamenti. In seguito invece grazie alla grande socievolezza dei nuovi arrivati e al positivo influsso del lavoro degli educatori sulla vita comune vi è stato un ripensamento. Marco Bollani, direttore della cooperativa Come Noi descrive così l’impatto delle convivenze sulla vita del condominio: “Molto spesso capita che le persone che convivono in appartamento invitino gli altri condomini a prendere il caffè. Superate le prime titubanze e i primi momenti di difficoltà e timidezza questa, cosa ha preso piede […]. Le persone più anziane dicono che si sentono più sicure a vivere nel condominio in quanto la convivenza di queste persone è supportata da operatori e l’ambiente di vita dell’appartamento è più piacevole e sicuro”.
Gli scenari futuri
Il progetto “A Casa Mia” ha dimostrato la possibilità di costruire concrete opportunità di scelta e di autodeterminazione delle persone con disabilità consentendo loro di poter decidere liberamente della loro vita, come prevede la Convenzione ONU, e di poter sperimentare la possibilità di vivere in autonomia a casa propria mantenendo i ritmi della normale vita famigliare, pur avendo un supporto specialistico.
Le famiglie hanno potuto guardare al futuro dei loro figli con maggiore tranquillità sapendo che questi avrebbero potuto continuare a vivere in una casa e a disporre delle loro risorse patrimoniali e immobiliari. Vi sono stati vantaggi anche per il territorio in quanto la comunità locale non ha visto nascere un nuovo servizio con soli finanziamenti pubblici (comunque presenti) ma persone con disabilità iniziare a vivere da sole grazie alla condivisione di risorse da parte di alcune famiglie benestanti, inoltre la presenza di conviventi ha migliorato la socialità e la vivibilità dei condomini e dei quartieri ove sono presenti divenendo così un acceleratore d’innovazione sociale.
In virtù della positiva accoglienza da parte delle persone con disabilità, delle loro famiglie e della comunità locale le richieste di avviare una convivenza aumentano; la cooperativa prevede di strutturare uno specifico servizio propedeutico per supportare le persone che desiderano iniziare l’esperienza. Finora il progetto si è basato esclusivamente sulle risorse della cooperativa, delle famiglie e dei Comuni.
Caratteristiche di secondo welfare
Il progetto “A Casa Mia” è un interessante caso di innovazione sociale che mette in luce diversi aspetti delle trasformazioni in corso nel nostro sistema di welfare.
In primo luogo emerge il ruolo di soggetti privati sia del terzo settore, come la cooperativa sociale Come Noi, sia delle reti informali, come le famiglie. In questo caso le famiglie hanno superato il ruolo di caregiver informali o beneficiarie di prestazioni assistenziali per farsi promotrici di un servizio sperimentale, realizzato poi grazie alle competenze della cooperativa. Come descritto nel primo e secondo paragrafo questo processo si è sviluppato in un contesto politico e culturale ben preciso, caratterizzato dallo sviluppo di una nuova concezione della disabilità sia sul piano culturale che giuridico e dall’elaborazione di nuovi approcci e modalità d’intervento all’interno della comunità scientifica. Pertanto i fattori fondamentali dell’innovazione sociale sono:
• gli attori storici del sistema di welfare, che possono farsi promotori del cambiamento valorizzando così l’esperienza pregressa;
• i beneficiari dei servizi, in particolari le famiglie che assumono un ruolo attivo di promozione e tutela dei diritti;
• la comunità professionale, che elabora nuovi paradigmi d’intervento;
• le stesse persone con disabilità, anche con disabilità intellettiva, che stanno organizzandosi forme innovative ed inedite di rappresentanza attraverso il Progetto “Io Cittadino” di ANFFAS Nazionale.
Il processo di deistituzionalizzazione ha però influito positivamente anche sulla comunità locale, attivando processi positivi come la capacità di cooperare tra famiglie, l’incremento di socialità nei condomini e della sicurezza percepita. Infine è opportuno precisare il cambiamento radicale del ruolo e del profilo dell’educatore, che non è più l’operatore che opera in struttura e sul singolo caso, ma un mediatore delle relazioni comunitarie che lavora con l’intera comunità.
L’intervista con Marco Bollani, direttore della Cooperativa sociale Come Noi di Mortara (Pavia), è stata rilasciata il 14 aprile 2016.