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Lo scorso febbraio la Regione Veneto ha approvato la DGR 119/2020, che definisce i requisiti e le modalità per l’accreditamento degli enti che si occupano di forme di welfare collettive come la previdenza complementare, la sanità integrativa, i fondi bilaterali e altri interventi di natura integrativa (come il welfare contrattuale o aziendale). Stando a quanto definito dal Decreto Regionale, l’elenco dei soggetti gestori e promotori di tali iniziative sarà gestito da Veneto Welfare, l’unità operativa di Veneto Lavoro che svolge funzioni di promozione e monitoraggio degli strumenti di welfare integrato nell’ambito del territorio veneto.

L’obiettivo del provvedimento è quello di garantire il coinvolgimento di operatori (Fondi o Enti Bilaterali) e provider qualificati, allo scopo di tutelare le esigenze dei fruitori dei servizi e delle prestazioni di welfare. In questa direzione – stando a quanto definito dal DGR – sarà dato particolare rilievo alle proposte di welfare strutturare sul territorio e caratterizzate da profili di costo contenuti, efficienza gestionale e potenziali ricadute positive per tutto il contesto territoriale.

Per cercare di comprendere meglio come queste novità si inseriscono all’interno del quadro normativo regionale abbiamo fatto alcune domande a Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro.

Gentilissimo Dott. Barone, può spiegarci in sintesi cosa contiene il recente DGR e quali sono i suoi principali obiettivi?

Il principio ispiratore della DGR è il riconoscimento del pluralismo territoriale, sia con riguardo ai livelli istituzionali, sia soprattutto alle forme di auto-organizzazione, di cui si riconosce la rilevante funzione sociale per il sistema lavoro e per il sistema socio-sanitario. Sotto questo profilo uno degli obiettivi strategici della delibera è promuovere e sostenere con interventi di diversa natura e dimensione le forme di welfare istituite e gestite a livello regionale. Tali linee valorizzeranno principalmente le forme di welfare di natura collettiva che già operano nel territorio e che possono trovare convenienza ad integrarsi in un rinnovato sistema regionale di protezione sociale (pensioni, sanità, assistenza, benefits vari).


In particolare, può spiegarci in breve quali sono i principali requisiti – strutturali, di governance, di efficienza, di monitoraggio e valutazione, ecc. – previsti per gli Enti e le società che si occupano di welfare integrativo? Come mai sono stati previsti tali requisiti? In che modo potranno tutelare maggiormente i cittadini?

Il provvedimento riconosce e favorisce il funzionamento delle forme di welfare collettive. Nello specifico, i soggetti accreditati e i loro iscritti nonché fruitori dei servizi saranno i beneficiari degli interventi finalizzati a promuovere nel territorio regionale lo sviluppo della previdenza complementare di natura collettiva e lo sviluppo di sistemi di welfare integrato. In tale scenario, il ruolo di programmazione e coordinamento sarà delegato all’Unità Operativa Veneto Welfare, che potrà inoltre affidare ai soggetti accreditati, nel rispetto delle norme comunitarie, nazionali e regionali, la realizzazione di progetti di tutela sociale e di welfare integrato. In tal senso, pur volendo essere sintetici, ritengo sia necessario far capire che l’obiettivo dei requisiti è includere e non escludere, valorizzando quei fondi che offrono maggiori ricadute economiche e sociali per i cittadini della regione Veneto. Infatti, la delibera presenta nell’impianto strutturale l’istituzione di un elenco regionale dei soggetti accreditati, le procedure di accreditamento, le modalità per la concessione, la sospensione o revoca del provvedimento di accreditamento e i criteri di attuazione dei requisiti generali.

Ci tengo a ricordare che uno dei requisiti strutturali più rilevanti dei quali è richiesto il possesso riguarda la presenza di una adeguata struttura sul territorio della Regione Veneto, con più sedi e sportelli operativi e visibili in grado di erogare i servizi di informazione e assistenza agli utenti. Inoltre, grazie ai requisiti di governance, nei quali si richiede che gli organi di amministrazione siano composti prevalentemente da rappresentanti designati dalle parti costituenti residenti nel territorio regionale, si valorizzerà la tipicità veneta dei fondi. Oltre a ciò, per garantire la crescita del valore dei servizi e delle prestazioni a favore dei fruitori, si sono introdotti i requisiti di efficienza gestionale nei quali chiediamo il contenimento dei costi e l’efficienza nella gestione delle risorse.

Per concludere si è voluto richiamare il senso di responsabilità all’investimento territoriale introducendo i requisiti specifici nei quali si chiede ai fondi di impegnarsi a destinare una quota di patrimonio ad iniziative di investimento nell’economia reale del territorio, dando maggiori opportunità alla cittadinanza.

Il provvedimento è parte di un più ampio processo di innovazione del welfare veneto. Quali sono i prossimi passi e le prossime iniziative?

Gli eventi di questi giorni ci danno un chiaro messaggio di come le trasformazioni del tessuto economico e sociale abbiano un forte impatto sui sistemi di sicurezza sociale, non solo nel lungo periodo ma anche nell’immediato. I vecchi istituti di tipo lavoristico, quali le pensioni e gli ammortizzatori sociali, affrontano una parte delle dinamiche reali del mercato del lavoro, mentre le forme di welfare di tipo universalistico (come sanità e assistenza socio-sanitaria) presentano gravi problemi di natura finanziaria e organizzativa.

In questa prospettiva la DGR, pur avendo natura istituzionale e non interferendo nella sfera regolatoria del mercato demandata alla legge dello Stato e agli strumenti da questa previsti (autorizzazione, vigilanza, ecc.), si qualifica come strumento di promozione e di qualificazione dell’offerta di beni e servizi. La convinzione è che una strategia lungimirante, che sappia interpretare i profondi cambiamenti della società, deve saper incidere sia in forma riparatrice delle crepe più vistose dell’attuale sistema sia nella prospettiva di sviluppare un nuovo modello, valorizzando le capacità progettuali e le buone pratiche messe in atto dagli attori sociali del territorio.

A tal proposito, le azioni nel prossimo futuro ci vedranno coinvolti sul piano della gestione dell’accreditamento degli enti che si occupano di forme di welfare collettive come la previdenza complementare, la sanità integrativa, i fondi bilaterali e altri interventi di natura integrativa (come il welfare contrattuale o aziendale). Questa ultima voce ci permetterà di implementare la nostra banca dati mettendo a sistema i vari territori e le varie forme di welfare presenti in Veneto. In questa direzione si sta puntando sul “fare cultura”, riproponendo l’ottima esperienza vissuta l’anno scorso in occasione del Welfare Day, e sulla formazione di figure innovative quali i Welfare Manager a sostegno della diffusione della cultura previdenziale sanitaria e complementare in sinergia con le varie parti sociali.

Quali opportunità possono avere queste novità per lo sviluppo del welfare integrativo (aziendale, contrattuale e territoriale) e quali opportunità ci sono per promuovere una sua maggiore integrazione con il welfare pubblico?

La competitività e la buona occupazione nel nostro Paese passano anche per un nuovo sistema di welfare aziendale imperniato sulla sussidiarietà tra pubblico, privato e terzo settore. La sostenibilità e l’efficacia sono i due binari da percorrere visto che il sistema pubblico sarà (se mai lo è stato) sempre meno universalistico.

In quest’ottica, il welfare aziendale può essere uno strumento per incrementare il benessere dei lavoratori nella vita “in” e “fuori” azienda, creando le condizioni ideali per una maggiore produttività; allo stesso tempo, tale produttività può divenire un prerequisito e un’abilitazione cruciale per gli investimenti aziendali nel welfare.

L’idea è quella di coniugare sostenibilità e dimensione sociale generando valore per le persone e anche per le aziende e per il sistema Paese in termini di engagement e produttività. Il welfare aziendale può esprimere tutte le sue potenzialità senza pesare sul bilancio pubblico attraverso l’autofinanziamento delle aziende con vantaggi per i lavoratori e per le aziende, ma anche per lo Stato, il quale beneficia di un maggiore intervento in campo sociale senza alcun investimento diretto di risorse e anzi potrà aumentare il gettito in aree a forte rischio di evasione (baby-sitter, badanti, ecc.).

In questa logica attraverso l’Unità Operativa Veneto Welfare stiamo promuovendo dei seminari e degli incontri rivolti alla cittadinanza, anche con il coinvolgimento dei vari stakeholder, in una strategia regionale che miri a stimolare la diffusione del welfare tra le imprese e, sempre più spesso, a promuovere interventi in grado di incidere anche sul territorio. L’apertura del welfare aziendale alla comunità rappresenta la nuova sfida in grado di determinare vantaggi sia di tipo economico per le imprese sia per gli attori pubblici e privati locali. Inoltre, l’apertura territoriale del welfare aziendale può essere uno strumento al servizio della Responsabilità Sociale d’Impresa e, più in generale, dell’equità: l’offerta di servizi sul territorio contribuisce infatti a superare il carattere intrinsecamente non universalistico degli interventi di natura aziendale.

Un’ultima domanda. In che modo l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo legata al Coronavirus influenzerà lo sviluppo futuro del welfare?

Nel prossimo futuro ci troveremo a dover gestire molti problemi riguardanti la quotidianità. Ad oggi ci troviamo a vivere una tragedia dove sono presenti vari aspetti: dalle complicazioni psicologiche – quali paure, incertezze, limiti – alle problematiche economiche e sociali, fino al tema del futuro dei servizi assistenziali e sanitari. Basti pensare ad alcune questioni cruciali per il mondo del lavoro, come la tenuta di migliaia di piccole imprese, il sostegno ai loro lavoratori, il ruolo degli ammortizzatori sociali, la necessaria di un’evoluzione della bilateralità con una prospettiva di supporto delle imprese non patrimonializzate. Per non parlare infine del mondo dei servizi alla persona (badanti, colf ecc) e dell’assistenza domiciliare.

Su tutti questi temi Veneto Welfare si sta ritagliando un ruolo attivo per operare in una ricognizione allo scopo di favorire le sinergie tra i vari interventi normativi, volti a stimolare i vari livelli di sussidiarietà. Per quanto riguarda la bilateralità, ad esempio, la nostra proposta è quella di incentivare un modello che sostenga quelle forme in grado di assumersi elementi di responsabilità sociale finalizzati a riequilibrare le nuove esigenze nate dall’emergenza sanitaria in atto.

Nel contempo non dobbiamo dimenticare che della situazione attuale vanno esplorati non solo gli aspetti negativi, ma anche quelli positivi. In questo dovremo partire dai legami sociali e dalle reti di rapporti, che sono essenziali per il benessere individuale. Nei prossimi mesi sarà dunque essenziale ripartire dalla componente comunitaria del nostro welfare.