Questo contributo fa parte di un ciclo di riflessioni sviluppate nell’ambito del laboratorio Smart Working promosso dal Consorzio sociale CS&L di Cavenago Brianza (MB). Condotto da Giulia Bertone, Graziano Maino, e Maria Giovanna Salaris, il laboratorio mira a definire regolamenti aziendali per introdurre modalità di lavoro agile, adeguati all’assetto delle cooperative partecipanti. In questo contributo introduttivo ci riportano alcune azioni per facilitare il passaggio dalle modalità di lavoro da remoto imposte dalla pandemia a vere forme di lavoro agile, funzionali allo sviluppo organizzativo e al miglioramento delle condizioni lavorative.
Lavoro agile: quali opportunità?
La normativa di riferimento considera il lavoro agile una opportunità di lavoro utile a perseguire due finalità principali: incrementare la competitività delle imprese, agevolare la conciliazione tra i tempi di lavoro e gli altri tempi di vita (legge 81/2017, articolo 18, comma 1). Alle finalità perseguite dalla norma, a causa del pandemia si sono aggiunti obiettivi di salute pubblica e di tutela della salute dei lavoratori, e nel contesto dell’emergenza sanitaria, lo smart working è stata una modalità di lavoro praticata di modo diffuso (Basso e Formai 2021). L’adozione repentina di forme di lavoro da remoto ha indotto cambiamenti e soluzioni adattive, suscitando un dibattito su benefici e rischi, opportunità e costi, necessità di apprendimenti e riorganizzazioni, per le imprese e per i lavoratori.
Disporre di una cornice di punti di attenzione può essere utile in questo tempo che precede l’ingresso in una nuova normalità – con minori (speriamo minime) limitazioni – ma ricca di cambiamenti da comprendere, ricercare e promuovere. In particolare pensiamo sia essenziale progettare l’introduzione di forme di smart working attraverso percorsi sperimentali e partecipati, che consentano di mettere a punto nuove configurazioni di lavoro in una prospettiva consapevole e dinamica, collegandole ai cambiamenti di contesto e allo sviluppo di nuove competenze necessarie per gestire processi organizzativi, produttive e amministrativi.
Per questo abbiamo confezionato una guida per accompagnare la costruzione di un piano di adozione e implementazione di modalità di lavoro agile. In questo contributo introduttivo segnaliamo tre azioni preliminari per evitare arroccamenti a favore o contro il lavoro agile: prefigurare i vantaggi, individuare effetti controproducenti, esplicitare criteri guida che facilitino il passaggio da una configurazione di lavoro da remoto indotta, a forme di lavoro agile funzionali allo sviluppo organizzativo e al miglioramento delle condizioni di lavoro.
Vantaggi da ricercare
Lo smart working spinge le organizzazioni ad allontanarsi dai modelli tradizionali basati su impostazioni vincolate su spazi e tempi di lavoro definiti e può rappresentare una sfida ricca di opportunità di innovazione che può generare benefici di diverso tipo. Un primo vantaggio del lavoro agile riguarda il contenimento dei costi: per effetto dei risparmi di gestione di spazi, spese e tempi di spostamento; di gestione del personale, anche se vanno considerati i costi di coordinamento dei gruppi di lavoro distribuiti e i costi tecnologici che presentano ampie variabilità. Un secondo beneficio riguarda il migliorare il benessere lavorativo: offrendo ai dipendenti la possibilità di gestire con più autonomia il proprio lavoro (tempi, spazi, modelli e organizzazione), il lavoro agile può contribuire a migliorare la qualità della vita e ridurre i livelli di stress (ad esempio riducendo i tempi degli spostamenti o ottimizzando i processi), permettendo di conciliare più facilmente attività personali e responsabilità familiari.
Di contro, a queste opportunità per i lavoratori si accompagnano anche i costi connessi a uno smart working troppo invasivo dello spazio privato – quotidiano familiare e incurante dei rischi connessi alla sicurezza del lavoro nello spazio domestico. Un terzo vantaggio riguarda l’attenzione verso l’ambiente: limitando la necessità di spostamento per motivi di lavoro, lo smart working decongestiona la mobilità, riduce il traffico, contribuisce a ridurre le emissioni di anidride carbonica e a limitare il consumo di plastica e la produzione di rifiuti sul luogo di lavoro. Ovviamente di contro aumentano i consumi domestici. Un ulteriore vantaggio riguarda il miglioramento della qualità e dell’efficienza organizzativa: lo smart working permette di migliorare l’organizzazione del lavoro, ottimizzare i processi lavorativi e ri-organizzare le mansioni per obiettivi nei settori in cui il beneficio della remotizzazione può essere durevole e produttivo. D’altro canto è alto il rischio che, da remoto, la gestione dei processi e il loro coordinamento risultino più difficoltosi e meno efficaci.
Un quinto beneficio riguarda l’innovazione dei processi lavorativi: incrementando la produttività, l’efficacia e l’efficienza, le pratiche smart possono agevolare il lavoro rendendolo (più) efficace e produttivo. I lavoratori, che hanno più autonomia e controllo della loro routine lavorativa, sono in genere più motivati, più propensi a rispettare le scadenze fissate dalla loro organizzazione e più reattivi. Per contro, va tenuto presente il rischio che, in presenza di fattori critici (scarsa motivazione, deficit di competenze, di supporto e di coordinamento), ci possa essere una contrazione della produttività. Lo smart working rende più trasparenti e controllabili i processi. Attraverso le tecnologie che consentono di lavorare in smart working, infatti, il lavoro operativo è più tracciabile (documentazione dei processi) e trasparente, con ovviamente il rischio che questo diventi o venga percepito come un controllo continuo sui lavoratori. Valorizzando la collaborazione e la condivisione, le pratiche di lavoro da remoto, basate su tecnologie digitali possono migliorare la comunicazione, la condivisione, la collaborazione tra i membri dello staff di lavoro. Occorre, però, acquisire competenze e manualità su strumenti online e cloud, che fluidifichino la collaborazione e il “deposito” dei contenuti su cui si è lavorato o ci si è confrontati.
Un sesto vantaggio consiste nell’aumento dell’attrattività sul mercato del lavoro. Un’organizzazione che offre ai propri dipendenti la possibilità di attivare lo smart working può diventare un posto di lavoro ricercato e allettante, in grado di accedere a nuovi / più vasti mercati del lavoro e di attrarre talenti e mantenere i lavoratori più facilmente, in particolare le persone con bisogni speciali / con disabilità e con problemi di conciliazione familiare. I lavoratori in smart working acquisiscono e sviluppano competenze specifiche nella gestione del lavoro a distanza e in ambiente digitale, che possono essere spese anche in altri contesti, lavorativi ed extralavorativi. Per contro, l’organizzazione che ha adottato in modo intenso lo smart working come pratica stabile e diffusa, potrebbe trovarsi in difficoltà a soddisfare particolari esigenze di clienti e committenti legati a modalità lavorative più tradizionali.
Rischi da non sottovalutare
Oltre ad identificare le opportunità che lo smart working può introdurre nell’organizzazione, è necessario analizzare anche quali rischi e quali effetti controproducenti possono determinarsi per l’organizzazione e per le persone che vi lavorano; vincoli e resistenze – provenienti sia dall’azienda che dai lavoratori – possono ostacolare l’adozione del lavoro agile. I fattori vincolanti possono essere di varia natura. Per l’introduzione dello smart working è a volte necessario sostenere sforzi finanziari la cui sostenibilità deve essere valutata con attenzione.
L’organizzazione dovrà verificare la disponibilità e le possibilità effettive di accesso alla tecnologia necessaria, sia per i lavoratori, sia per l’azienda (hardware, software, connessioni). Non tutte le attività o servizi offerti dall’organizzazione, per le loro caratteristiche intrinseche, possono essere svolti con modalità agile; le caratteristiche dei servizi offerti e le richieste dei clienti potrebbero non prestarsi ad essere svolte in smart working. Il lavoro agile richiede l’acquisizione e lo sviluppo di competenze specifiche e diversificate, sia a livello senior e di coordinamento – capacità dei manager di supportare e gestire efficacemente i lavoratori agili – sia a livello operativo – capacità di orientarsi e operare in modo adeguato nei contesti nel lavoro a distanza e capacità tecnologiche digitali adeguate. L’adozione dello smart working e soprattutto la sostenibilità a lungo termine del lavoro agile, richiedono una cultura aziendale disponibile ad accogliere il cambiamento organizzativo che ne deriva e un approccio convinto di tutti i lavoratori (dirigente e coordinatori inclusi). Il disinteresse, la scarsa motivazione e le resistenze all’interno dell’organizzazione, sono fattori critici da rilevare, analizzare e interpretare e a cui dare risposta.
Criteri per lavorare in modo agile
Per ridurre la fatica del lavoro a distanza ed essere efficaci, produttivi e ottenere i benefici ricercati, è opportuno adottare approcci e strumenti che permettano alle persone di comunicare e collaborare da remoto in modo smart. Si tratta di identificare, insieme al versante tecnologico, quali altre dimensioni governare (Seabrook 2021). Considerando le esperienze di questi mesi, ci sembra di osservare che modalità di lavoro distribuito e da remoto richiedano la pianificazione di strategie e scelte, che rispondano ad alcune domande fondamentali:
– Come condividere la conoscenza aziendale fatta di dati, informazioni e documentazione, conoscenze tacite, valutazioni in progress, inerenti progetti e processi lavorativi?
– Come assicurare il coordinamento delle e tra le persone – sia da remoto sia in presenza?
– Come promuovere concrete modalità di lavoro collaborativo tra i colleghi?
– Come assicurare, anche da remoto, una comunità professionale e delle relazioni sociali tra le persone?
– Come creare una cultura del lavoro che consenta effettivamente di conciliare dimensioni lavorative con dimensioni personali?
Condividere
Nel lavoro in presenza sono solitamente apprezzabili alcuni vantaggi legati alla comunicazione informale, faccia a faccia, che consentono lo scambio di informazioni inerenti attività lavorative. Si tratta spesso di conoscenze tacite e implicite riguardo l’esecuzione del lavoro che normalmente non hanno bisogno di essere codificate o normate. L’ambiente fisico di lavoro è il dispositivo che consente (a gradi diversi) le interazioni necessarie allo svolgimento dei compiti operativi (Seabrook 2021). Nel lavoro da remoto, da un lato non viene meno l’esigenza di condividere informazioni, analisi, considerazioni, di raccordarsi e aggiustare lo svolgersi dei processi; dall’altro l’ambiente facilitante la condivisione, deve essere progettato e mantenuto in funzione, prevedendo procedure, introducendo strumenti, attivando prassi che garantiscano la condivisione delle conoscenze e la tracciabilità dei processi.
Per accedere alle informazioni in avvio e nel corso delle attività, nel lavoro smart è essenziale attivare canali differenziati di comunicazione per assicurare, anche da remoto, la conservazione di alcuni aspetti preziosi che solitamente caratterizzano le interazioni in presenza faccia a faccia: lo scambio e la collaborazione professionale, la socialità con le sue dimensioni informali di chiacchiera, immediatezza, flessibilità. Per questo è necessario introdurre tecnologie che mettano a disposizione uno spazio virtuale di lavoro attrezzato (Anderson et al. 2021), applicazioni evolute per effettuare videochiamate, software di messaggistica organizzativa (che offre maggiori funzionalità per gestire e ordinare gli scambi di messaggi e definire le modalità di ricezione e i tempi di presenza/assenza), applicazioni dedicate alle specifiche attività (che dovrebbero peraltro essere già operative).
Coordinare e coordinarsi
Al crescere della dislocazione in ambienti diffusi è necessario far crescere supporti di coordinamento verso i gruppi di lavoro e di raccordo tra colleghi nello svolgimento delle attività da remoto in tutte le fasi dei processi lavorativi. Si tratta dunque di strutturare un ambiente di lavoro distribuito, nel quale un certo grado di programmazione funga da guida per i gruppi di lavoro, nel quale sia possibile svolgere riunioni programmate ed estemporanee, condividere e sincronizzare tempi di lavoro e le scadenze condividendo agende e calendari, impostare, monitorare e valutare gli stati di avanzamento e output intermedi, condividere il lavoro svolto, le performance lavorative. Lavorare a distanza risulta efficace se ci si rappresenta il lavoro come iperconnesso (a volte è necessario dominare l’eccesso di connessione). Per questo servono soluzioni organizzative, procedure e strumenti per tracciare e documentare i processi in modo trasparente, chiaro e accessibile, condividere le informazioni operative necessarie allo svolgimento dei compiti, condividere documentazione, materiali, sviluppi e output di lavoro. In questa prospettiva il lavoro a distanza è meno solitario di quanto si possa immaginare, meno autodeterminato nello svolgimento delle attività, flessibile e autonomo in relazione agli accordi con il proprio gruppo di lavoro e con le esigenze dell’organizzazione. Per lavorare a distanza va costruita una cultura del raccordo che consenta forme di sconnessione e di conciliazione armonizzate con lo sviluppo delle attività.
Collaborare
A distanza la quotidiana sfida di costruire collaborazioni produttive e soddisfacenti è ancora più impegnativa. Per non essere dispersivo, il lavoro agile e distribuito richiede strumenti di comunicazione potenziata che garantiscano, anche da remoto, quelle pratiche collaborative che solitamente caratterizzano l’interazione sincrona (informale) faccia a faccia e che sono fondamentali per svolgere i processi lavorativi (nelle fasi iniziali, in quelle di valutazione, in quelle di analisi e risoluzione dei problemi). La collaborazione è un progetto che richiede l’esplicita indicazione delle modalità di connessione e supporto reciproco fra le persone impegnate nello svolgimento di attività o nello sviluppo di processi operativi. L’organizzazione dovrebbe identificare procedure e strumenti per gestire in modo efficace le pratiche di condivisione (anche informale) di idee, la co-progettazione delle attività, il riesame informale nelle diverse fasi di lavoro, la condivisione di feedback, suggerimenti estemporanei, la prefigurazione dei rischi e il problem-solving collaborativo, le funzioni di tutoring a distanza. Come promuovere e realizzare processi collaborativi contenendo l’invasività, assicurando il rispetto dei tempi personali, evitando pressioni affaticanti, rispettando il diritto alla disconnessione? Potrebbero non bastare – anche se restano essenziali – dotazioni tecnologiche adeguate, (computer e schermo, webcam, connessione veloce), una zona dedicata alle attività di lavoro con sufficienti comfort. Servono, infatti, accordi dinamici e supporti personali e di gruppo, la definizione concordata dei tempi di lavoro e dei tempi di non lavoro (disconnessione), e – nell’ambito del tempo di lavoro comuni – la comunicazione o meno di disponibilità. Non basta affermare una generica quanto ovvia esigenza di lavorare per obiettivi (come se il lavora in presenza non prevedesse obiettivi e un certo grado di controllo sul loro perseguimento), è necessario in progress comunicare – attraverso il calendario condiviso e la messaggistica dedicata – le disponibilità, le condizioni personali, i vincoli e le indisponibilità, equilibrando i tempi comuni con i tempi gestiti in autonomia.
Comunità professionale
Le relazioni sociali e il senso di far parte di una comunità professionale non devono venire meno, anche a distanza. Lavorare da remoto con gradi di autonomia ampi, non significa lavorare in solitudine o isolati. La socializzazione, il supporto reciproco, il sentire di far parte di un gruppo di lavoro (e di una organizzazione), le relazioni sociali restano dimensioni importanti anche a distanza. I gruppi calibrano l’intensità delle vicinanze interpersonali, decidono che ci possono essere momenti di stacco, di conversazione, sostituiscono le pause alla macchinetta del caffè con pause virtuali. E quello che sembra spontaneo e naturale negli ambienti di lavoro fisici, online va tematizzato e concordato, per evitare che le persone si sentano isolate socialmente e professionalmente, scollegate dai colleghi e dall’organizzazione. In questo senso l’individuazione e la configurazione delle tecnologie per favorire e supportare le interazioni sociali tra colleghi sono importanti. Così come gli accordi sul lavorare connessi, con canali comunicativi aperti e visibili al gruppo, o in modalità ufficio virtuale. Un aspetto chiave del lavoro agile è la cura nel coinvolgere e nel facilitare le relazioni co-operative e le dimensioni di socialità professionale cercando un equilibrio dinamico con il rispetto dell’autonomia professionale e personale. Per quanto possa sembrare strano il lavoro distribuito richiede che si curi lo sviluppo di competenze per favorire la convivenza professionale e la collaborazione digitale.
Cambiamenti
Il lavoro da remoto induce cambiamenti nelle pratiche e nella cultura del lavoro, cambiamenti che presentano condizioni desiderabili e aspetti nebulosi. Cambiamenti negli assunti, nelle abitudini, nelle modalità operative quotidiane, nell’ambito personale e sociale. Cambiamenti oggetto di prefigurazioni e ricerche, che fanno intravedere effetti positivi e dimensioni ambivalenti, che introducono soluzioni adattive e modificano l’identità degli ambienti di lavoro. L’introduzione di forme di smart working è un’opportunità per riflettere sulle modalità di lavoro in essere e sui cambiamenti necessari da introdurre (Grant 2021). E gli elementi che impattano sulle pratiche lavorative sono molti, apparentemente minuti, ma che nel loro combinarsi determinano la cultura dell’ambiente di lavoro e quindi le condizioni operative, produttive, di benessere e di convivenza.
Considerazioni conclusive
La costruzione e l’adozione del piano di smart working comporta raccogliere informazioni, consultare le parti interessate, vagliare opportunità, rilevare rischi circa l’introduzione di modalità di smart work nell’organizzazione. Si tratta di intraprendere una ricerca-intervento condivisa fra le figure responsabili, per delineare un piano di implementazione da attuare progressivamente, individuare azioni e risorse necessarie, sperimentare nuove modalità di lavoro, coinvolgendo, formando e mettendo a disposizione dei gruppi di lavoro gli strumenti idonei, puntando a miglioramenti vantaggiosi, identificando le figure di facilitazione alle quali affidare i processi di implementazione e di apprendimento dall’esperienza. Il piano è dunque un documento per accompagnare la transizione da condizioni in cui lo smart working è frutto di una adattamento subito a configurazioni operative progettate e disegnate sulle esigenze di lavoratori e organizzazione.
Il passo che segue all’introduzione del piano di smartworking, l’esito della fase di messa a punto delle coordinate per lavorare in modalità agile è il regolamento. Un documento che raccoglie gli apprendimenti sviluppati nel corso della realizzazione del piano di introduzione dello smart-working. Su tali apprendimenti viene definito un regolamento che indirizza e regola le modalità di lavoro agile, nel rispetto delle normative pertinenti e dei contratti di lavoro sottoscritti. Si tratta dunque di una policy aziendale che disciplina attività e modalità di lavoro agile, attivazione e interruzione, supporti operativi e supporti tecnologici, responsabilità e forme di coordinamento per assicurare raccordo e supporto alle persone che svolgono attività da remoto, fra loro e con i lavoratori che lavorano in presenza (e più in generale in configurazioni variabili che contemplano mix e alternanze), indicazioni per rispettare e presidiare gli aspetti di sicurezza, qualità, privacy. L’obiettivo dell’adozione di un regolamento è garantire equità e trasparenza nell’accesso alle modalità di lavoro agile, armonizzare le esigenze di lavoratori e organizzazione, indicare modalità di valutazione e miglioramento delle modalità di lavoro distribuite. Possiamo dunque immaginare il regolamento come l’evoluzione del piano di introduzione dello smart-working.
Riferimenti e materiale per approfondire
- Anderson J., Rainie L., Vogels E.A. (2021), Experts Say the ‘New Normal’ in 2025 Will Be Far More Tech-Driven, Presenting More Big Challenges, Pew Research Center, 18 February 2021.
- Basso G., Formai S. (2021), Il lavoro da remoto in Italia durante la pandemia: le imprese del settore privato, Banca d’Italia, Covid-19 Note, 22 gennaio 2021.
- Bentivogli M. (2020), Indipendenti. Guida allo smart working, Rubettino.
- Cibinel E. (2020), Usiamo la pandemia per imparare a lavorare in modo davvero “smart”, intervista a Gaia Melloni, responsabile del Dipartimento Efficienza Organizzativa dell’organizzazione ActionAid Italia, Percorsi di Secondo Welfare, 27 maggio 2020.
- Grant A. (2021), Building a culture of learning at work. How leaders can create the psychological safety for people to constantly rethink what’s possible, Strategy+Business, 3 February 2021.
- Lederlin F. (2021), “Un lavoro a distanza dal mondo”, in Aggiornamenti Sociali, gennaio 2021, pp. 20-28.
- ILO (2017), Working anytime, anywhere: The effects on the world of work.
- Maino F. (2018), Lavoro e lavoratori/rici smart, Quaderni FMV Fondazione Vigorelli.
- Grison D., Maino G. (a cura di) (2020),Working smart. Strumenti e competenze per la collaborazione digitale, Quaderni di ricerca di Percorsi di Secondo Welfare, novembre 2020.
- Oliva L., Maino F., Barazzetta E. (2020), Smart workers e smart working places: lavorare oltre l’ufficio, Percorsi di Secondo Welfare.
- Santoni V. (2020), Tutti i limiti dello smart working durante il lockdown, Percorsi di Secondo Welfare, 9 giugno 2020.
- Seabrook J. (2021), Has the pandemic transformed the office forever?, The New Yorker, 25 January 2021.
- The World Economic Forum (2020), The Future of Jobs Report, 20 October 2020.