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L’educazione finanziaria è utile a tutti ma non facile da comunicare: a molti, infatti, l’idea che si debba essere educati non piace e la finanza talora viene vista come qualcosa di utile per chi è agiato e problematico per chi non lo è. Vale dunque la pena di approfondire il tema.

Cosa è l’educazione finanziaria e a chi serve

La prima definizione istituzionale è quella di OCSE (2005) in National Strategies for Financial Education, e definisce l’educazione finanziaria come “il processo attraverso il quale i consumatori migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari dei concetti e dei rischi e, attraverso informazione, istruzione e o consulenza generica, sviluppano le competenze e la fiducia necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie, fare scelte informate, sapere dove rivolgersi per aiuto e intraprendere altre azioni efficaci per migliorare il proprio benessere finanziario”. Questo la differenzia dall’alfabetizzazione (financial literacy), che in Italia è predominante e si occupa di conoscenze e competenze, ossia dell’equipaggiamento culturale (US National Strategy for Financial Literacy, 2020) utile a comprendere l’economia, la finanza, la previdenza, l’assicurazione.

Literacy ed Education sono due modi di confrontarsi con i cittadini diversi per finalità e per esiti. Esemplificando, l’alfabetizzazione (che comprende informazione ed istruzioni) si occupa di insegnare come funziona il sistema pensionistico mentre l’educazione finanziaria mette in comune con il cittadino quando lui (o lei) potranno andare in pensione, quale importo possono aspettarsi e quali comportamenti adottare per modificare la situazione.

L’alfabetizzazione degli adulti, secondo alcuni studi, tra i quali quello di Lauren E. Willis (2008) Against Financial Literacy Education, corre il rischia di incentivare il “fai da te” e l’eccesso di fiducia in sé stessi dei consumatori. L’educazione finanziaria, d’altro canto, è impegnativa. Il suo oggetto è l’economia personale, che comprende il budget, l’indebitamento, la protezione dai grandi imprevisti, la pensione ed il risparmio e l’investimento finalizzati a realizzare i propri progetti di vita. Si può partire da eventi di vita, quali la nascita di un figlio, la cura di un genitore o l’acquisto di una casa; ci si può, diversamente, concentrare su fasce di utenza (donne separate, monogenitori, anziani, migranti ecc). Le esperienze consigliano, in tutti i casi, di affrontare l’intera vita economica in maniera integrata. Diversamente, ad esempio, si corre il rischio di una ricognizione pensionistica che non tenga conto della permanenza dei figli all’interno del nucleo familiare, della possibilità che ci siano mutui ancora attivi o che si debbano mettere in conto spese sanitarie rilevanti per la cura dei genitori.

L’educazione finanziaria così descritta serve a tutti. Per le famiglie fragili, aiuta a cominciare a risparmiare e uscire dal sovraindebitamento; per chi è in equilibrio l’educazione consente di attivare progetti di vita e di pianificare eventuali fasi di bisogno con largo anticipo. Per chi, infine, è particolarmente agiato, l’educazione finanziaria consente di utilizzare le risorse in maniera efficiente. Se tuttavia l’educazione finanziaria è di tutti e per tutti, chi può candidarsi a realizzarla?

Chi eroga i programmi educativi

Le prime esperienze di educazione finanziaria personale in Italia sono state attivate dal mercato finanziario, grazie a fondazioni e società che hanno colto l’urgenza di confrontarsi con cittadini consapevoli. Al mercato si sono poi affiancate esperienze accademiche e del Terzo Settore. Ad oggi le iniziative di alfabetizzazione si concentrano prevalentemente sugli studenti delle scuole.

Dal punto di vista dell’accompagnamento personale, l’esperienza più consolidata si è attivata a partire dal 2013 a Milano. Il contributo iniziale si deve all’Assessorato alle Politiche Sociali, poi a Fondazione Cariplo ed ora al Comune, che ha attivato un servizio offerto gratuitamente ai cittadini tramite educatori finanziari del Terzo Settore. Le esperienze degli educatori evidenziano che per fornire programmi di educazione finanziaria ai cittadini bisogna avere competenze tecniche e metodologiche ma che questo non basta, perché l’utente del servizio è una persona, e ognuno di noi può essere insicuro, distopico, sfiduciato, orientato al breve termine: siamo tutti imperfetti e questo va descritto e supportato, non valutato o biasimato. L’educazione, infatti, considera i cittadini adulti senzienti e non soggetti difettosi o infanti da indirizzare ad una o l’altra scelta nella presunzione di fare il loro bene.

L’educazione finanziaria può coinvolgere diversi soggetti: dalla pubblica amministrazione, che funge da coordinamento strategico, alle organizzazioni sociali, che mettono a disposizione dei cittadini educatori finanziari competenti. Le Imprese offrono ai dipendenti il servizio di educazione finanziaria all’interno delle proprie attività di welfare aziendale. C’è, infine, il supporto del mercato finanziario, necessario perché una buona diagnosi finanziaria senza poter disporre di strumenti adeguati serve davvero a poco. Dal punto di vista pratico, attualmente le esperienze sviluppate nella pubblica amministrazione privilegiano educatori provenienti dal terzo settore mentre nelle imprese operano sia educatori finanziari del mondo sociale che operatori professionali.

Come, tuttavia, limitare i rischi di conflitto di interessi, evitare l’autoreferenzialità e attivare percorsi di educazione finanziaria utili e tutelanti? Quali garanzie possono tutelare l’utente di percorsi educativi?

Le garanzie sull’efficacia

In tema di alfabetizzazione, il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria ha realizzato linee guida che mettono in luce le conoscenze, le competenze e gli atteggiamenti che dovrebbero far parte del bagaglio dei corsi e dei percorsi realizzati. Sul versante dell’educazione finanziaria personale, ci sono buone pratiche internazionali ormai affermate (Money Advice Service in Inghilterra, gli Office for Financial Empowerment negli USA ecc).

In Italia, UNI (L’Ente italiano di Normazione) ha realizzato norme tecniche che descrivono competenze ed attività di educazione finanziaria conformi alla qualità. Al centro delle citate pratiche internazionali e delle esperienze nazionali di qualità c’è un educatore finanziario, che dispone di competenze adeguate, di strumenti di simulazione, di un’etica ed una morale coerenti con l’attività da svolgere. L’applicazione italiana delle norme tecniche privilegia l’educazione in forma di consulenza generica, pianificazione che aiuta a spendere con cura, risparmiare, proteggerci, pianificare la pensione e definisce le strategie ideali da seguire ma che naturalmente non si occupa di soluzioni o prodotti specifici. La prospettiva della “pianificazione”, peraltro, si è orientata agli studi di Annamaria Lusardi e Olivia Mitchell (2011) che nel documento Financial Literacy and Planning: Implications for Retirement Wellbeing hanno mostrato il beneficio della pianificazione per la vita delle persone.

Il servizio di educazione finanziaria di qualità più diffuso attualmente, quello sopra citato di Milano, si sviluppa attraverso momenti sequenziali. Il primo momento è quello della sensibilizzazione, attuata con incontri collettivi che aiutano le persone a capire quanto sia importante assumere il controllo della propria vita economica. Il secondo momento è quello della educazione personale vera e propria, che si esplicita in incontri di pianificazione personali con un educatore finanziario, si avvale di strumenti di simulazione e termina con la consegna all’utente di un report scritto. I temi economici del corso di vita sono affrontati attraverso cinque fasi: presentazione del servizio, definizione degli obiettivi, analisi delle risorse esistenti, individuazione delle strategie ideali di soluzione, monitoraggio nel tempo.

L’educazione conforme alla normazione di qualità riduce l’autoreferenzialità ed i conflitti di interesse perché indica come fare le cose per bene, quali competenze bisogna avere e quali sistemi di garanzia devono essere adottati. La qualità è importante perché l’educazione finanziaria è parte integrante delle politiche sociali e svolge un ruolo rilevante nel facilitare il benessere e la sostenibilità delle economie familiari. A tal fine, i modelli in essere comprendono misurazioni dell’efficacia che vanno ben al di là del semplice gradimento.

I luoghi dell’educazione finanziaria

I luoghi nei quali l’educazione finanziaria può svolgersi comprendono i territori, gli spazi comunali, le sedi delle associazioni, le imprese. I Comuni si dotano di sportelli nei quali è possibile incontrare educatori finanziari di qualità; nelle imprese, l’educazione opera all’interno dei modelli di welfare aziendale, potenziando la serenità e la stabilità dei propri lavoratori e collaboratori. I motivi sono semplici: un lavoratore che affronta una crisi economica personale è più preoccupato che concentrato, è più soggetto ad infortuni sul lavoro, aumenta il proprio assenteismo e presenzialismo (tempo impiegato sul luogo di lavoro ad occuparsi dei propri problemi economici), impegna il tempo della direzione risorse umane in richieste di supporto (anticipi, finanziamenti). Anche per questo, l’educazione finanziaria ha un posto di rilievo all’interno della Prassi di riferimento UNI 103 (2021) sul welfare aziendale ed i welfare manager.

L’educazione finanziaria è una attività di accompagnamento individuale che supporta la stabilità economica, contribuisce a reinstallare progettualità di vita, aumenta la fiducia, e consente di affrontare con la maggior serenità la propria vita, grazie al controllo sulla propria economia personale. Per questo, va considerata all’interno delle politiche sociali e del welfare aziendale: perché una buona educazione finanziaria è un diritto di tutti.