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Se la sussidiarietà diventa un voucher

E’ possibile una nuova frontiera del principio di sussidiarietà nel nostro Paese: è quella di concepire attraverso l’istituzione di un voucher universale una nuova forma di sostegno per i servizi alla persona e alla famiglia. Concretamente si tratta di dare vita a un sistema di agevolazioni fiscali che riconosca il ruolo svolto dalle famiglie, ma anche dalle imprese, attraverso il welfare aziendale, a favore delle categorie deboli: il sostegno ai figli, l’assistenza agli anziani e ai diversamente abili. Ciò si potrà tradurre in minori costi della socialità pubblica e in una maggiore efficienza dei servizi in questione. Milioni di famiglie italiane sono interessate direttamente da questi problemi e attraverso il sistema proposto, sperimentato con successo in altri Paesi europei, potrebbero uscire dal regime di difficoltà nel quale sono costrette a vivere.

Oltre ai loro effetti economici, le ripercussioni positive riguardano la condizione femminile, la professionalità dei servizi da assicurare, la creazione di occupazione regolare in un mercato segnato spesso da precarietà e lavoro nero. Insomma l’avvio di un meccanismo virtuoso, anche a fronte di proiezioni demografiche che indicano nel progressivo invecchiamento della popolazione una delle maggiori emergenze sociosanitarie dei prossimi anni.

Come realizzare questo progetto? L’Istituto Sturzo ha dato vita a un gruppo di lavoro che ha elaborato le linee di una proposta di legge in materia, dal titolo “Istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia” (scarica il testo). La proposta di legge, affidata ora al dibattito politico–parlamentare perché possa produrre il necessario risultato legislativo per la sua attuazione, è stata promossa da deputati e senatori di tutti i gruppi politici, da persone che operano nell’associazionismo sociale, nelle organizzazioni cattoliche e laiche e da movimenti femministi. Proponiamo di seguito una sintesi che illustra le caratteristiche del progetto.


Le donne in Italia: una grande risorsa non ancora pienamente utilizzata

Nel nostro Paese gran parte del lavoro di cura e di sostegno ai membri della famiglia è erogato dai familiari stessi o è quasi interamente a loro carico quando assumono assistenti familiari o utilizzano strutture esterne. In particolare sono le donne che si prendono cura dei bambini, dei genitori anziani non autosufficienti e delle persone disabili dovendo così svolgere un doppio lavoro, adattarsi a lavorare part-time oppure rinunciare del tutto alla propria professione. L’inadeguatezza di servizi di cura per l’infanzia e per le persone non autosufficienti e l’alto costo dei servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei bambini e degli anziani rendono spesso non conveniente lavorare quando il salario atteso non copre queste spese. La crisi economica ha ulteriormente aggravato la difficoltà di conciliare il lavoro con la necessità per le famiglie di sostenere il welfare informale che grava sui bilanci familiari con una spesa che raggiunge mediamente quasi 700 euro al mese.

Di conseguenza, mentre nei paesi europei più sviluppati si è affermata una relazione positiva fra fecondità e occupazione femminile (i paesi dove si fanno più figli sono quelli dove più donne lavorano), in Italia la maternità continua a essere il principale motivo della decisione di non lavorare o di abbandonare il lavoro e la principale causa di discriminazione sui luoghi di lavoro e persino di licenziamento.

La bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha anche effetti diretti sulla crescita perché una grande risorsa non è ancora pienamente utilizzata. La Banca d’Italia stima che se l’occupazione femminile raggiungesse l’obiettivo europeo del 60 per cento, il PIL crescerebbe del 7%. Il maggiore reddito delle donne contribuirebbe non solo al benessere familiare ma anche al gettito fiscale e previdenziale, nonché alla domanda di servizi di cura. In questo modo l’occupazione femminile attiva un circolo virtuoso che genera, oltre al reddito, anche occupazione e imprenditoria aggiuntiva.


L’assistenza agli anziani non autosufficienti non può più essere delegata alle reti familiari

Le profonde trasformazioni demografiche che si registrano in Italia – calo della natalità, allungamento della vita, invecchiamento della popolazione e aumento dei flussi migratori – hanno forti ricadute sul tessuto sociale, sullo sviluppo economico e sulla salute dei cittadini più anziani. Solo le persone con difficoltà nelle funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana sono quasi 4 milioni (dati 2011) e di queste più della metà ha limitazioni funzionali gravi: quasi il 17 per cento non riceve alcun tipo di sostegno considerando congiuntamente l’assistenza sanitaria domiciliare e l’8 per cento è assistito da badanti.

Il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle persone non autosufficienti ha e avrà ancor più nel futuro una forte incidenza sulla tenuta del sistema di welfare che potrà contare sempre meno sulla rete estesa delle coperture familiari e sul welfare fai da te a cui il nostro welfare pubblico ha progressivamente delegato quote sempre più consistenti di assistenza.


Creare occupazione regolare attraverso un mercato sociale dei servizi alla persona e alla fa
miglia mediante l’utilizzo dei voucher

Le criticità determinate dalla difficile conciliazione tra maternità e lavoro e dall’invecchiamento della popolazione possono essere superate promuovendo un moderno mercato sociale dei servizi alla persona e alla famiglia che sia esso stesso fonte di crescita dell’occupazione, di emersione del lavoro nero e di generazione di maggiore gettito per sostenerlo dal punto di vista finanziario. La Commissione europea ha infatti invitato gli Stati membri a sfruttare il potenziale di occupazione offerto dai servizi per la persona e la famiglia al fine di contribuire al miglioramento del benessere dei bambini, degli anziani e delle persone disabili. Questi servizi contribuiscono a una migliore conciliazione tra la vita lavorativa e quella personale, alla creazione di opportunità lavorative per le persone relativamente poco qualificate e al miglioramento della qualità dell’assistenza.

La Commissione ha anche indicato nel sistema dei voucher lo strumento più efficace per sostenere la crescita dei servizi alla persona e per promuovere l’emersione del lavoro nero tanto diffuso in questo settore in tutti i paesi europei: ma può aver successo solo se la famiglia è messa nella condizione di pagare solo una parte del prezzo di mercato legale del servizio pari a quello del mercato nero, mentre le autorità pubbliche devono coprire la differenza fra il prezzo legale e quello in nero.

Se si rispettassero questi vincoli, la Commissione avverte che, a fronte del costo dell’intervento pubblico, lo Stato recupererebbe risorse attraverso la crescita delle imposte e dei contributi di sicurezza sociale dei lavoratori emersi dal lavoro nero, nonché attraverso la riduzione degli assegni di disoccupazione connessi alla creazione di nuova occupazione e per ulteriori fattori esterni connessi all’aumento dell’occupazione femminile. Di conseguenza il calcolo del costo effettivo dell’intervento pubblico deve essere il saldo fra il minor gettito determinato dalle agevolazioni fiscali a favore della famiglia e le nuove entrate fiscali e contributive determinate dall’emersione dei lavoratori non regolari.


Promuovere il welfare aziendale per rendere sostenibile un sistema di protezione sociale basato sulla sussidiarietà

Per far fronte al problema della difficile conciliazione tra l’esigenza di contenere la spesa pubblica e di rendere sostenibile il sistema di welfare pubblico da una parte e quella di tutelare i nuovi e maggiori rischi che derivano dall’invecchiamento della popolazione, dall’aumento delle spese sanitarie e dalla maggiore mobilità e flessibilità del mercato del lavoro dall’altra, è necessario che si diffondono iniziative che mobilitano risorse private, prefigurando così un “welfare plurale” che arricchisca in maniera sussidiaria quello dello Stato, coinvolgendo attori economici e sociali quali imprese, sindacati, fondazioni, assicurazioni, terzo settore e enti locali.

Una delle componenti di questo nuovo pilastro della protezione sociale è il welfare aziendale che può farsi carico di una serie di bisogni dei lavoratori che non possono essere soddisfatti dal welfare state, che vanno dalla difficoltà di conciliazione fra responsabilità lavorative e familiari al sostegno del potere d’acquisto dei lavoratori più svantaggiati o con molte persone a carico. Il nuovo welfare aziendale rappresenta anche uno strumento di contrattazione nel quale si realizza uno scambio virtuoso fra miglioramento del benessere e del reddito dei lavoratori e una maggiore efficienza produttiva dell’impresa, la riduzione dell’assenteismo e la migliore qualità dei prodotti.

Per dare la possibilità anche alle piccole e medie imprese di poter utilizzare le agevolazioni fiscali già esistenti a favore del welfare aziendale, è necessario che l’erogazione di servizi e benefit a favore dei dipendenti possa essere effettuata anche con il voucher universale, sgravando in questo modo l’azienda dalle incombenze organizzative e amministrative, e che questo strumento benefici delle stesse agevolazioni.


Gli obiettivi e le agevolazioni della proposta di legge

La proposta di legge per l’istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia si propone di:

  • favorire la costruzione di un sistema di servizi alla persona e alla famiglia più efficiente, di qualità e con costi sostenibili che faciliti la conciliazione fra vita privata e attività professionale al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione femminile;
  • rendere sostenibile un moderno e più equo sistema di welfare a favore dell’infanzia e delle persone non autosufficienti, basato sui principi della sussidiarietà, attraverso la responsabilizzazione, il coinvolgimento e la valorizzazione di tutti i soggetti pubblici e privati del settore sociale e delle imprese al fine di mobilitare risorse aggiuntive a quelle pubbliche;
  • promuovere la crescita dell’occupazione regolare e migliori condizioni di lavoro nel comparto degli household services, considerato dalla Commissione europea il settore con il più elevato potenziale di aumento dell’occupazione e del valore aggiunto, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e alla maggiore domanda dei servizi di cura dell’infanzia da parte delle lavoratrici e dei lavoratori;
  • far emergere il lavoro nero così diffuso fra i collaboratori domestici e gli assistenti personali, soprattutto quelli immigrati, anche per consentire il recupero di risorse aggiuntive da destinare ai servizi attraverso il maggior gettito contributivo determinato dall’aumento dell’occupazione regolare nel comparto dei servizi alla persona;
  • adottare un sistema universale e standardizzato di voucher per il pagamento dei servizi alla persona da parte delle famiglie, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche che sia flessibile, facile da utilizzare e che sia stato già sperimentato con risultati positivi in altri paesi.

La proposta di legge introduce agevolazioni fiscali innanzitutto a favore delle famiglie che utilizzano il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia. L’agevolazione fiscale prevista tiene conto che in Italia il costo del lavoro per un collaboratore familiare assunto regolarmente è superiore di circa un terzo a quello assunto in nero perché alla retribuzione netta occorre aggiungere la tredicesima, i contributi sociali, il TFR e le ferie. Di conseguenza si propone sia per le colf che per le badanti, cosi come per l’acquisto di servizi erogati da strutture pubbliche o private, solo se pagati con il voucher, una detrazione fiscale pari al 33 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, per un importo massimo che va da 6 mila a 8 mila euro all’anno in relazione alla presenza di bambini e di persone disabili o di anziani non autosufficienti. Per quanto riguarda i voucher erogati dalle imprese a favore dei propri dipendenti, non si prevede alcuna norma aggiuntiva, ma s’interviene semplicemente stabilendo che le agevolazioni fiscali già previste a favore delle misure di welfare aziendale si applicano anche quando i benefit sono erogati dal datore di lavoro attraverso il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.

Inoltre, la proposta di legge prevede:

  • che il voucher sia nominativo e non possa essere ceduto o utilizzato per l’acquisto di servizi diversi da quelli previsti dalla proposta di legge;
  • l’istituzione dell’albo nazionale dei collaboratori domestici e degli assistenti personali per le persone non autosufficienti, consultabile sulla rete Internet al fine di filtrare le candidature richiedendo alcuni requisiti che escludano le persone con precedenti penali e di offrire alle famiglie la possibilità di selezionare le candidature per il colloquio;
  • che il sistema telematico di amministrazione del voucher debba consentire ai datori di lavoro e ai lavoratori di gestire tutte le operazioni e le incombenze amministrative esclusivamente online;
  • la creazione di un apposito sportello presso i servizi per il lavoro al quale possano rivolgersi sia i collaboratori disoccupati che le famiglie che cercano personale domestico;
  • la certificazione della qualità dei servizi offerti dalle imprese, organizzazioni non a scopo di lucro e associazioni abilitate a erogare servizi alla persona e alla famiglia, attraverso il riconoscimento di un marchio di qualità.


I tre pilastri del sistema del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia

Il sistema del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia definito con questa proposta di legge, che s’ispira al modello di successo del Chèque emploi service universel (CESU), realizzato in Francia, a quello dei Childcare Vouchers del Regno Unito e ai Titres-services pour les services et emplois de proximité del Belgio, si basa sostanzialmente su tre pilastri (Figura 1), ciascuno dei quali contribuisce in diversa misura a ridurre il costo dei servizi per la famiglia attraverso un unico titolo di credito:

  1. le famiglie che acquistano a costo agevolato i servizi;
  2. le imprese che erogano a costi agevolati prestazioni di welfare aziendale ai propri dipendenti o le banche in favore dei propri clienti;
  3. le amministrazioni regionali e locali che erogano servizi alla persona a favore di persone bisognose e svantaggiate o servizi di conciliazione ai destinatari delle politiche del lavoro attraverso i servizi pubblici e privati del lavoro.

Il flusso per l’utilizzazione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia e il ruolo dei soggetti della filiera definito dalla proposta di legge è relativamente semplice: i voucher emessi dalle società concessionarie sono acquistati dalle famiglie o sono ricevuti dai dipendenti delle imprese e dai destinatari dei servizi di protezione sociale, per acquistare servizi di cura dei bambini, degli anziani non autosufficienti o delle persone con disabilità. I voucher possono essere finanziati o cofinanziati dalle imprese a favore dei propri dipendenti nell’ambito delle misure di welfare aziendale, dalle banche e assicurazioni a favore dei propri clienti, dalle amministrazioni regionali e locali per l’erogazione delle prestazioni sociali o dagli operatori pubblici e privati per i servizi di conciliazione a favore delle donne coinvolte in percorsi di ricollocamento.

I servizi sono resi da lavoratori, imprese, asili nido, centri per anziani o associazioni e organizzazioni del terzo settore e di volontariato accreditati. I voucher vengono pagati alle imprese, organizzazioni e associazioni che hanno reso le prestazioni da parte delle società emettitrici, mentre i dipendenti (collaboratori domestici e assistenti personali) possono riscuotere i voucher presso istituti bancari convenzionati.

Figura 1 – I tre pilastri del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia

 

La sostenibilità finanziaria del sistema del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia

L’elemento decisivo di sostenibilità finanziaria del sistema basato sul voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia è rappresentato, come è stato sottolineato anche dalla Commissione europea, dal saldo tra il minor gettito determinato dalle agevolazioni fiscali a favore delle famiglie e delle imprese e il maggior gettito soprattutto contributivo e fiscale determinato dall’emersione del lavoro non regolare e da altri fattori come l’aumento degli occupati nel settore dei servizi alla persona, la creazione di nuove imprese in questo settore, l’aumento delle donne occupate, la crescita degli anziani non autosufficienti che possono restare più lungo a casa in alternativa ai servizi di assistenza residenziali.
Tale saldo consente di contenere in una dimensione accettabile gli oneri a carico della finanza pubblica per l’istituzione del voucher universale.

 

Riferimenti

Chèque emploi service universel

Childcare Vouchers

Titres-services pour les services et emplois de proximité

 

Recapiti del Comitato promotore:
Istituto Luigi Sturzo
Via delle Coppelle, 35
00186 Roma
Tel. +39.06.6840421
segreteria@sturzo.it
www.sturzo.it

 

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