Quando un’organizzazione non profit (onp) elabora una strategia di raccolta fondi, il Corporate Fundraising, ovvero la raccolta di donazioni da parte di aziende, può giocare una parte fondamentale. Le imprese rappresentano infatti un bacino rilevante di interlocutori: in Italia ce ne sono ben 4 milioni 389 mila, e contano circa 17 milioni di dipendenti. E molte di queste definiscono annualmente un budget per il sostegno del non profit, che viene destinato ad una o più organizzazioni.
Il rapporto delle imprese con il mondo non profit
Oltre che per un fattore numerico, le aziende rappresentano uno snodo strategico per sviluppare una campagna di Cohesion Fundraising che miri, attraverso la richiesta di donazione, a ingaggiare il donatore nel promuovere la partecipazione dei suoi concittadini e l’attivazione risorse e competenze comunitarie. Rivolgersi ad un’azienda vuol dire confrontarsi con diversi ruoli interni per un ingaggio che può andare oltre la donazione una tantum.
A seconda della dimensione e della struttura, potrebbe esserci un responsabile comunicazione, un referente delle relazioni esterne, un manager del marketing, delle risorse umane e così via, fino ad arrivare a quelle imprese dove è presente una figura che si occupa di responsabilità sociale e sostenibilità, solitamente un CSR Manager o Sustainability Manager. Inoltre, l’impresa è una “voce” della comunità, che opera in un territorio e in una rete di relazioni a loro volta potenzialmente strategiche, composta da altre aziende, associazioni di categoria e clienti, ma anche da dipendenti, collaboratori e varie espressioni della comunità locale.
La raccolta fondi resta l’oggetto principale della relazione tra un’azienda e le organizzazioni non profit, sebbene di recente si osservi una contrazione di risorse raccolte. Secondo l’IID (Istituto Italiano della Donazione), il 36,4% delle onp ha dichiarato una riduzione delle donazioni da aziende nel 2020. Questo cambiamento, certamente conseguente allo scenario pandemico, è legato anche ad una razionalizzazione degli investimenti e ad una maggiore attenzione delle aziende nella valutazione delle onp sostenute. Le aziende si orientano sempre più verso collaborazioni a medio-lungo termine e con obiettivi definiti, e verso degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030 come riferimento per le collaborazioni con il no profit.
Le difficoltà relazionali del Terzo Settore
Se il coinvolgimento delle imprese rappresenta una grande opportunità per il Terzo Settore, sia in termini di reperimento di risorse che di costruzione di relazioni, le onp possono incorrere in alcuni ostacoli durante l’avvio, o la gestione, di una campagna di corporate fundraising. Molte onp, soprattutto se di piccole dimensioni e con scarsa o nessuna esperienza di collaborazione, potrebbero pensare che “le aziende non ci ascolteranno”, “hanno altre priorità”, oppure “non siamo pronti, non sappiamo cosa dire, chi contattare, cosa chiedere”.
Per le onp che invece hanno già delle collaborazioni in corso, un ostacolo potrebbe essere rappresentato dal muoversi cercando di arrecare “meno disturbo possibile”. Se ci sono alcune aziende che hanno già fatto una donazione, le onp potrebbero ritenere superfluo chiedere di più, o chiedere per un altro progetto. Potrebbero farsi limitare dai feedback dell’azienda stessa, ad esempio “ci hanno detto che quest’anno basta così” oppure “ci hanno detto di scrivere loro quando ci sono delle iniziative e che ci fanno sapere”.
Come superare questi ostacoli? Come descritto in un nostro precedente articolo, se l’onp si muove da stakeholder, incentrando la relazione con il potenziale donatore sulla propria necessità di sostegno, favorirà a sua volta una posizione da stakeholder, che deve valutare se la proposta rientra o meno nei suoi interessi o rispetta particolari condizioni precedentemente definite. Questo modo di muoversi lascia la “palla” nelle mani dell’ente rispetto a legittimare la bontà della propria proposta. Capita così che l’azienda risponda “ci piacete molto, complimenti, ma sosteniamo già altre organizzazioni”. Inoltre, le diventa difficile riconoscere il valore che l’organizzazione genera oltre al singolo progetto o iniziativa. Nonostante l’onp sia una porzione di comunità che, di sua spontanea volontà, si organizza per rispondere a un’esigenza comune, che riguarda un certo territorio – e quindi anche l’azienda, i lavoratori, i clienti!
Assumere un ruolo dal communityholder
Una possibile strada consiste nel porsi da communityholder che, a partire dalla richiesta di donazione, instaura un dialogo con l’azienda volto ad attivare delle partnership basate sul condividere obiettivi e strategie comuni, che potrebbero essere anche molto diversi da quelli che ci si immaginava a partire dalla richiesta di donazione iniziale. La raccolta fondi diventa il punto di partenza per attivare corresponsabilità, e il Corporate Fundraising diventa occasione di fare cohesion fundraising, reperendo risorse e coinvolgendo un’azienda nel costruire una strategia di sostenibilità e responsabilità sociale.
Come fare, allora, per costruire una collaborazione di cohesion fundraising con le aziende? Possiamo provare a portare tre esempi partendo dalla nostra esperienza concreta.
1. Creare delle collaborazioni che ingaggino la cittadinanza
Non si tratta solo di chiedere risorse per un singolo progetto, ma di investire insieme nell’attivare risorse e competenze della comunità, coinvolgendo diversi ruoli nel contribuire ad un’esigenza comune. Come l’iniziativa Raddoppia la Salute: la Banca di Credito Cooperativo di Cantù, invece che fare una “semplice” donazione alla Croce Rossa di Lomazzo, ha costruito un’iniziativa che legasse il supporto alla raccolta di donazioni dalla cittadinanza, responsabilizzando così l’associazione e il territorio. E contribuendo non solo al sostegno di un progetto, ma alla sensibilizzazione della comunità rispetto ad una tematica fondamentale come la salute. O come la collaborazione tra l’Associazione Abilitiamo Autismo, Coop Lombardia e Comitato Soci Coop che ha dato vita alla campagna “Mettiamo in Cascina il Futuro”: la Coop ha dato la possibilità di fare una donazione in cassa presso i propri punti vendita, l’associazione ha coinvolto gruppi Scout, sezioni locali dell’Associazione Nazionale Alpini e anche gruppi di tifosi della Pallacanestro Cantù, che hanno organizzato dei banchetti informativi e parlato con i clienti dei punti vendita dell’organizzazione e del progetto. Creando, a partire da un bisogno di risorse, un circolo virtuoso per rispondere ad un’esigenza comune e favorendo l’assunzione di un ruolo di cittadino attivo del proprio territorio;
2. Creare delle partnership che mirano alla promozione di sostenibilità a tutto tondo, ambientale, sociale, economica.
Un esempio è la collaborazione tra Perego Trasporti di Sondrio e la sezione locale di AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che ha visto l’azienda di trasporto destinare parte del ricavato dei biglietti per il trasporto bici, al sostegno delle attività dell’associazione. Coinvolgendo così i suoi utenti nel fare una scelta sostenibile sia verso l’ambiente, abbattendo le emissioni di CO2 attraverso l’uso di un mezzo pubblico invece di uno privato, sia socialmente, perché l’acquisto ha contribuito a incrementare la donazione dell’azienda e ha permesso al viaggiatore stesso di conoscere l’associazione, la sua mission e la sua attività, e di valutare una continuazione del sostegno anche in futuro;
3. Creare delle squadre di aziende solidali.
Non si tratta solo di coinvolgere una singola azienda, ma di dare delle occasioni per esercitare un “ruolo sociale” nel territorio. L’imprenditore è un cittadino, l’impresa un gruppo di cittadini, che possono non solo perseguire obiettivi di sostenibilità ma, anche, condividerli con altri! In questo senso è interessante l’iniziativa “Costruiamo Speranza” del Banco di Solidarietà di Como, che a partire dalla raccolta fondi per una nuova sede ha promosso la creazione di una “squadra” tra aziende solidali. Coinvolgendole, oltre che nel sostegno diretto alla nuova sede, anche nel promuovere i valori della solidarietà e del volontariato. Ad esempio organizzando delle collette alimentari aziendali, in cui i dipendenti hanno potuto conoscere l’associazione e contribuire con una spesa solidale, oppure facendo a loro volta da “ambassador” nell’indicare e coinvolgere altre aziende nella partecipazione al progetto.
Le opportunità del cohesion fundraising
Come attivare allora, progetti di cohesion fundraising assieme alle aziende? Occorre superare gli ostacoli iniziali e imparare a muoversi da organizzazione communityholder, che abbandona la tentazione di essere autoreferenziali, parlando di sé e di ciò che fa, e di ciò di cui ha bisogno, per diventare “promotori di partecipazione” che offrono agli imprenditori, e alle imprese, occasioni di esercizio di corresponsabilità come attori di una comunità.
Per sviluppare le competenze descritte in questo contributo IRaise ha costruito un percorso per chi opera nel non profit e vuole implementare strategie di Cohesion Fundraising nell’organizzazione in cui lavora. Il 2 aprile partirà la prima edizione.
Per approfondire
- De Aloe S., Ferri C. (2021) Communityholder engagement: oltre lo stakeholder per generare sostenibilità e coesione sociale, Politecnica .
- Gallone C. M., Rumi G. (2021), La sostenibilità come leva di partecipazione: il contributo del Cohesion Fundraising alla rigenerazione dell’Ex Mensa, in De Aloe S., Ferri C., Communityholder engagement: oltre lo stakeholder per generare sostenibilità e coesione sociale, Politecnica
- Turchi G. P., Gherardini V. (2014) Politiche Pubbliche e governo delle interazioni della comunità: la metodologia respons.in.city, Franco Angeli.