Quanto spendono le famiglie italiane per le prestazioni di natura sociale? Qual è il valore del "settore" del welfare nel nostro Paese? Il Rapporto sul Bilancio di welfare delle famiglie italiane curato da Mbs Consulting – gruppo italiano indipendente di business consulting – presentato questa mattina a Palazzo San Macuto a Roma, cerca di rispondere proprio a queste domande. Il Rapporto segue l’edizione del 2017, che aveva messo a tema le medesime questioni.
Welfare delle famiglie: un settore che vale 143,4 miliardi di euro
Il welfare – visto dal lato della domanda, cioè analizzato in termini di richiesta delle famiglie – è considerato dal Rapporto un "settore produttivo" a tutti gli effetti che vale oggi 143,4 miliardi (+6,9% rispetto al 2017), equivalente a circa l’8,3% del Pil. Si tratta nei fatti di una delle principali industrie del Paese. Il suo volume è superiore a quello dell’industria assicurativa (139,5 miliardi di raccolta tra ramo danni e vita) e del settore alimentare (137 miliardi di fatturato), e vale circa una volta e mezzo quello della moda (95,7 miliardi) e tre volte e mezzo quello del mobile (41,5 miliardi).
In particolare secondo il Rapporto l’area di spesa più rilevante, e al tempo stesso in maggior crescita rispetto al 2017, è la salute: gli italiani nel 2018 hanno speso complessivamente 37,7 miliardi di euro, un aumento dell’11,9% rispetto all’anno precedente. Segue l’ambito relativo ai supporti al lavoro, ovvero quanto gli italiani spendono ogni anno per recarsi al lavoro o mangiare durante l’orario lavorativo, pari a 31,9 miliardi.
Come è possibile osservare dalla figura 1, la terza area per dimensione, ma la seconda per crescita, è quella dell’assistenza agli anziani e alle persone bisognose di aiuto (27,9 miliardi, con un aumento del 10,3%). Questa spesa si distribuisce sull’8% dei nuclei familiari (le famiglie utilizzatrici sono 2,1 milioni) e secondo il Rapporto è di gran lunga quella più difficilmente sostenibile per l’impatto elevatissimo della spesa pro capite: 13.300 euro per famiglia utilizzatrice. L’altra area di spesa in forte crescita è quella connessa all’istruzione, che vale 10,5 miliardi (in incremento del 9,4%).
Figura 1 – Spesa di welfare delle famiglie italiane (voci di spesa)Fonte: Rapporto sul Bilancio di welfare delle famiglie italiane
La spesa per il welfare e l’incidenza sul reddito familiare
Lo studio si focalizza poi su quella che l’incidenza delle spese per le prestazioni di natura sociale sul reddito familiare. Secondo i dati, nel 2018 ogni famiglia italiana ha speso in media 5.611 euro, circa il 18,6% del proprio reddito netto (pari in media a 30.134 euro) per il welfare. Tale spesa varia però molto in relazione alle condizione economiche: si oscilla infatti dai 3.206 euro per le famiglie più povere fino ad arrivare ai 13.030 per quelle più agiate.
Molto significativa è però l’incidenza percentuale della spesa di welfare sul reddito, che risulta essere massima nel segmento dei meno abbienti (22,8%) e progressivamente minore in tutti gli altri segmenti (oscillante tra il 16% e il 18,6%). Questo dato è rilevante in quanto evidenzia la grande fatica per le famiglie con redditi bassi e molto bassi ad accedere a servizi che rispondo a bisogni fondamentali, come salute e istruzione.
Anche per tale ragione oltre il 40% delle famiglie italiane è stato costretto a rinunciare ad almeno una prestazione sanitaria. Nel 10,2% dei casi, secondo il Rapporto, si è trattato di "rinunce rilevanti. Tale fenomeno raggiunge un incidenza del 61,5% tra la fascia della popolazione meno abbiente. A questo riguardo, il Rapporto di Mbs Consulting sostiene che la rinuncia ad usufruire di un intervento sociale a causa dei suoi costi eccessivi – soprattutto in ambito sanitario – ha raggiunto una estensione tale da costituire uno dei problemi sociali più rilevanti della nostra epoca e rappresenta un segnale evidente del fatto che il Welfare State è sempre più lontano dall’obiettivo di garantire una copertura universale dei rischi sociali.
Alcune considerazioni sul Rapporto
Lo studio fornisce elementi molto interessanti in merito alla spesa degli italiani per i servizi, ma è doveroso sottolineare che tra le voci di spesa sono considerati anche alcuni ambiti che – a livello generale – non vengono normalmente ricondotti ai bisogni di welfare. Tra questi ci sono ad esempio i citati "supporti al lavoro", riferiti alle spese inerenti al trasporto tra casa e posto di lavoro oppure a quelli per i pasti; o ancora abbiamo la voce "cultura e tempo libero", che seppur importante non sembra riconducibili ai bisogni di welfare delle famiglie.
Fatto questo appunto, è indubbio che il Rapporto fornisca dati aggiornati e molto significativi rispetto a quello che è lo sviluppo del welfare italiano. In particolare, aiuta a comprendere quali sono i contesti di maggiore debolezza del cosiddetto "primo pilastro" e, allo stesso tempo, fornisce spunti importanti rispetto al ruolo degli interventi privati nella generazione di valore sociale. Proprio per questo, nelle prossime settimane ci impegniamo a realizzare un approfondimento sistematico e curato dell’intero documento.