La sanità integrativa interessa oggi oltre 12 milioni di persone ed è secondo una recente indagine Censis lo strumento di welfare contrattuale ampiamente preferito dai lavoratori (con oltre 20 punti percentuali di distacco sugli altri strumenti contrattuali). Sarebbe miope "montare" una contrapposizione tra i Fondi sanitari integrativi (FSI) e il SSN, invece che valorizzarne le forti aree di complementarietà. Magari – come capita di leggere – stabilendo nessi clamorosamente privi di fondamento tra sviluppo della sanità integrativa e peggioramento delle condizioni di accesso alla sanità pubblica (ad esempio, l’aumento delle liste di attesa).
Un’Alleanza per la Salute tra SSN e FSI dovrebbe poggiare su tre pilastri, illustrati di seguito.
1. Integrazione delle Banche Dati sui consumi sanitari
La più preziosa, e a mio avviso sottovalutata, “pepita d’oro” nella miniera dei Fondi Sanitari Integrativi è costituita dalla Banca Dati sui consumi sanitari privati dei cittadini iscritti. Dato, questo, che le Banche Dati pubbliche non posseggono, in quanto possono tracciare solo le prestazioni rimborsate dal SSN e quelle in libera professione intramoenia.
Un data warehouse centralizzato, articolato sulle dimensioni di analisi nazionale e regionale, consentirebbe ai decisori pubblici: a) di calibrare più efficacemente le scelte di programmazione sanitaria; b) di adottare disincentivi a fenomeni quali la duplicazione delle prestazioni specialistiche. Tutto ciò nel quadro di protocolli rigorosi per tutelare -da una parte – la riservatezza dei dati personali e – dall’altra – il valore “industriale” che il dato incorpora per gli operatori del settore.
2. Integrazione dei canali informativi e di contatto con i cittadini
Un secondo importante asset dei Fondi Sanitari Integrativi è la relazione informativa sistematica con i cittadini iscritti. Pensiamo ai siti internet: ormai quasi tutti i FSI utilizzano i propri portali sia per le funzioni informative) sia per quelle di accesso ai rimborsi. Registriamo, quindi, un duplice fenomeno: uno stesso iscritto effettua accessi ripetuti al portale nel corso dell’anno; più componenti del nucleo familiare dell’iscritto accedono allo stesso portale. Un esempio: il sito di Sanifonds Trentino registra ogni anno un numero di utenti pari a 4 volte il numero dei nostri iscritti.
Ora, Regioni, ASL e Aziende Ospedaliere potrebbero collaborare con i FSI per diffondere più capillarmente progetti e informazioni in ambiti quali la promozione di corretti stili di vita e la lotta alle dipendenze.
3. Co-finanziamento di progetti di interesse generale quali la copertura integrativa per la non autosufficienza
In una stagione ormai lunga di “stagnazione” delle risorse pubbliche destinate alla sanità, i FSI mantengono – per la via contrattuale – la capacità di “raccolta” di risorse destinate a prestazioni sanitarie. Numerosi sono stati negli ultimi 10 anni i rinnovi contrattuali che hanno aumentato risorse per i FSI. Ora, questa capacità di "raccolta" potrebbe essere parzialmente destinata a progetti di interesse pubblico – quali la costruzione di coperture collettive per la non autosufficienza – da progettarsi su scala regionale. Solo attraverso forme collettive di copertura, infatti, si può pensare di costruire un equilibrio tecnico sostenibile tra la contribuzione necessaria e prestazioni (di tipo socio-sanitario o sotto forma di rendita monetaria) attese in caso di insorgenza della condizione di non autosufficienza.
Evocare – come talvolta fa qualche opinion leader – la presenza di una specie di “Spectre” formata da associazioni imprenditoriali, sindacati e compagnie assicurative che movimenterebbe risorse a danno dell’interesse collettivo, piuttosto che “usare” intelligentemente questa capacità di raccolta contrattuale per perseguire finalità di salute pubblica, mi pare francamente autolesionistico! E lo dico da direttore di un FSI autogestito, che quindi non “appalta” a Compagnie assicurative la gestione delle prestazioni sanitarie.
In conclusione, abbiamo di fronte due strade. La prima: considerare la sanità integrativa un player stabile nel “sistema salute” italiano e avviare dei “cantieri” operativi di collaborazione tra SSN e FSI. La seconda: disincentivare il ricorso alle forme sanitarie integrative, mettendo in discussione l’attuale sistema di detassazione. La prima è certamente più faticosa, ma potenzialmente ricca di ricadute promettenti per i cittadini. La seconda può forse “suonare bene” per una parte dell’opinione pubblica, ma rischierebbe di produrre la più classica delle “eterogenesi dei fini”, spostando la quota di spesa sanitaria privata attualmente coperta dai fondi sanitari integrativi direttamente in capo al singolo cittadino, con il solo effetto di aumentare ulteriormente il divario nell’accesso tra cittadini alto spendenti e cittadini basso spendenti.
Questo articolo è stato pubblicato all’interno del portale "Quotidiano Sanità", lo scorso 22 gennaio 2019, e qui riprodotto previo consenso dell’autore.