In un periodo in cui il sistema bancario internazionale è in forte difficoltà, e in cui il modello stesso di banca come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi è messo in discussione, vi sono esempi di istituti di credito che stanno cercando di ripensare le proprie attività, di cambiare, adeguandosi a bisogni finanziari che sono radicalmente diversi rispetto a pochi anni fa. Uno di questi è certamente Extrabanca, istituto nato nel 2010 che ha orientato la propria attività finanziaria in forma prevalente verso i cittadini stranieri residenti in Italia. Tale scelta ha avuto una serie di effetti sulla proposta di valore economica dell’istituto: dalle filiali senza barriere, ai dipendenti madre lingua, dagli orari di apertura, a prodotti creati ad hoc per le esigenze di cittadini stranieri.
Il modello di business adottato porta con sé costitutivamente la capacità di generare cambiamenti significativi nella vita dei clienti-beneficiari. Interessati alla possibilità di comprendere i processi che permettevano la creazione di valore sociale positivo all’interno di un modello puramente profit, Human Foundation e Extrabanca hanno avviato una collaborazione finalizzata alla valutazione dell’ impatto sociale della banca. L’istituto si è rivelato particolarmente lungimirante nell’intraprendere questa attività di analisi e ricerca, supportando Human Foundation nella realizzazione del rapporto di valutazione dal titolo “Un ponte verso l’inclusione”.
Le sessioni di interviste qualitative, realizzate presso filiali della banca, hanno dimostrato, sin da subito, come all’interno di questi luoghi di lavoro avvenissero attività con una forte dimensione “sociale” che operatori, clienti e managment davano per scontate, ma che la nostra analisi ha fatto affiorare con evidenza. Penso, ad esempio, al caso di un cittadino proveniente dal medio-oriente che aveva ottenuto da poco la propria carta di debito. Recatosi alla filiale della Banca risultava oggettivamente in difficoltà in quanto non consapevole di quale fosse l’utilizzo corretto dello strumento che aveva a disposizione. Era evidente l’imbarazzo che provava di fronte agli altri clienti, completamente a loro agio con il sistema tecnologico della banca. A supportare il cliente-beneficiario nel momento di impasse che stava vivendo è giunto un addetto della banca, che nella lingua madre del cliente gli ha indicato il metodo di utilizzo corretto della carta, seguendolo passo passo in tutti gli step che il sistema richiede per prelevare la cifra desiderata dal proprio conto corrente. Questo approccio, che permea il modello di relazione banca-cliente, contribuisce senza dubbio a rafforzare il percorso di inclusione del migrante, rimuovendo degli ostacoli all’accesso dei servizi finanzari.
L’approccio proposto dalla valutazione ha contribuito a far emergere e sistematizzare, inserendolo in una cornice metodologica solida, il valore sociale generato dalle attività delle banca. Come spesso accade, la gestione del quotidiano ci spinge ad una visione periferica di ciò che facciamo, facendoci perdere la possibilità di avere un punto di vista più alto e articolato sulle nostre azioni. In tal senso, la valutazione consente all’organizzazione di fare questo “salto”, consentendoci di apprezzare elementi che spesso non riusciamo a scorgere. Nel rapporto, lo strumento d’analisi utilizzato è stato lo SROI, ritorno sociale dell’investimento, che ha permesso di evidenziare i percorsi di cambiamento generati dalle attività dell’istituto attribuendo loro un valore monetario e permettendo quindi ai portatori di interesse dell’istituto, tra cui gli shareholder, di comprendere il valore sociale, utilizzando il lessico finanziario del ratio SROI.
Riferimenti