Come vi abbiamo raccontato qualche giorno fa, dopo il mancato inserimento nella Legge di Bilancio, parlamentari di quasi tutti gli schieramenti avevano presentato alcuni emendamenti al Decreto Milleproroghe per prolungare il cosiddetto “raddoppio” dei fringe benefit almeno fino a dicembre 2022. Anche in questo caso la misura non è stata inserita nel documento approvato dalla Camera dei deputati la notte scorsa. L’intento, in breve, era quello di concedere alle imprese italiane la possibilità ottenere benefici fiscali su beni e servizi destinati ai dipendenti sotto forma di welfare aziendale per un valore massimo di 516,46 euro: il doppio rispetto ai 258,23 euro attualmente previsti dalla normativa.
Una misura già sperimentata
Questa misura, peraltro già sperimentata “a tempo” nel 2020 e nel 2021, avrebbe quindi concesso un maggior utilizzo dei cosiddetti fringe benefit, una vasta gamma di soluzioni che godono di specifici benefici fiscali secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 51 del TUIR che regola il welfare aziendale. Tra le formule più comuni ci sono: card acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online), buoni benzina, beni e servizi connessi allo sviluppo della mobilità sostenibile, ma anche visite specialistiche, spese per la cura e l’assistenza, corsi di formazione, polizze assicurative. Molto spesso i fringe benefit sono erogati sotto forma di voucher che, tramite strumenti digitali o cartacei, sono spendibili presso attività commerciali e fornitori di servizi convenzionati.
Perché è un’altra occasione persa
Come detto in altre occasioni, questo intervento avrebbe potuto incentivare la diffusione del welfare aziendale, sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori e, di conseguenza, generare nuovi consumi. Come abbiamo cercato di spiegare in questo articolo, ci sembra un’altra occasione persa per sostenere le imprese che vogliono investire nel welfare e i loro dipendenti, soprattutto in un momento così difficile dal punto di vista economico.