I buoni spesa, conosciuti comunemente anche come fringe benefit (per saperne di più) sono uno strumento molto importante nel campo del welfare aziendale. Rappresentano infatti una modalità di erogare alcune prestazioni e servizi che le imprese mettono a disposizione dei propri dipendenti.
Questi buoni sono spesso utilizzati per fare acquisti nelle grandi catene di supermercati, su piattaforme online (come Amazon o Ebay) o per fare rifornimento nei più diffusi distributori di benzina. Raramente riescono invece a creare un circuito virtuoso con il territorio, coinvolgendo le attività e i piccoli esercenti locali.
Allo scopo di valorizzare il loro potenziale a livello locale TreCuori, società benefit che opera sul mercato del welfare aziendale ha deciso di creare dei buoni spendibili presso attività commerciali e servizi di prossimità che possono incassarli in maniera molto semplice e ricevendo il pagamento in tempi brevi.
I Buoni TreCuori per il territorio
In questa direzione, attraverso i suoi buoni, TreCuori ha scelto di formulare un’offerta che non punta solo sui grandi player internazionali ma valorizza le piccole realtà del territorio. Come ci ha spiegato Alberto Fraticelli, co-Fondatore e Direttore di TreCuori, “data la natura dello strumento, tra i fornitori di beni e servizi non ci sono solo distributori di carburante e supermercati, ma ce ne sono di tutti i tipi, come piccole attività commerciali, organizzazioni non profit, artigiani, professionisti, ecc”.
Anche se, come ha affermato Fraticelli, la maggior parte dei buoni utilizzati dai dipendenti finiscono in supermercati e per il pieno dell’auto – confermando una tendenza già riscontrata in altre occasioni – il sistema incentiva l’acquisto anche verso piccole realtà commerciali (mercerie, fiorai, panetterie, macellerie, edicole), artigianali (parrucchiere, estetista, idraulici) e professionali (commercialisti, avvocati). Come spiegato in questo video, i buoni sono infatti spendibili in tutte queste attività, senza che esse siano preventivamente registrate nella piattaforma TreCuori.
“Ma anche per quanto riguarda i distributori di benzina e i supermercati” spiega Fraticelli “con i Buoni TreCuori abbiamo voluto valorizzare i piccoli proprietari e non le grandi catene. Nel nostro circuito di buoni ci sono soprattutto realtà locali che hanno un rapporto privilegiato con il territorio. E quando c’è un brand nazionale è perché quel singolo punto vendita è di proprietà di un piccolo imprenditore locale, come succede nella distribuzione organizzata o nel franchising”.
In questo modo, dicono a TreCuori, l’investimento fatto dalle imprese nell’ambito del welfare aziendale resta all’interno del territorio e produce una ricaduta positiva per l’economia sociale. “Sempre più imprese”, spiega Fraticelli, “vedono in questo tipo di buoni un modo per mettere in pratica un’iniziativa concreta e misurabile di sostenibilità economica e sociale”.
La risposta delle aziende
La trovata di TreCuori è stata ben accolta dalle imprese. A fine febbraio 2022, dopo circa 4 anni dall’ideazione di questo strumento, è stato infatti superato il milione di euro di valore dei buoni spesa TreCuori. In totale oltre 400 aziende hanno offerto questo tipo di buoni a più di 3.000 collaboratori che, a loro volta, li hanno utilizzati più di 40.000 volte in oltre 500 attività locali.
Come evidenzia Katia Cais, Responsabile della Divisione Welfare di TreCuori, “le aziende nostre clienti hanno la possibilità di scegliere quali buoni destinare ai propri collaboratori avendo a disposizione sia 200 tipologie di buoni spesa ‘tradizionali’ – sia in formato fisico che elettronico – sia i Buoni TreCuori. È interessante notare come siano sempre di più quelle che decidono di utilizzare solo i buoni TreCuori per dare un valore diverso al loro investimento ma anche per offrire ai propri collaboratori maggiore libertà di scelta: ad esempio chi ha un’auto a metano difficilmente riuscirebbe a fare carburante con i buoni tradizionali”.
“Questo succede”, ha proseguito Cais, “in modo particolare quando nella loro zona le attività che incassano i buoni spesa TreCuori sono già presenti e conosciute. Il fatto di riconoscere solo questo tipo di buoni viene visto come un modo di fare welfare ‘su misura’ per i propri lavoratori, ma con attenzione anche al territorio. Fino ad ora abbiamo gestito buoni spesa per più di 12 milioni di euro e ci aspettiamo che il milione di euro di buoni TreCuori salga rapidamente”.
I buoni welfare e il welfare aziendale territoriale
Come spesso vi abbiamo raccontato, i buoni spesa legati al welfare aziendale possono generare dei ritorni positivi per lo Stato. Trattandosi di strumenti molto semplici, sostenuti attraverso risorse di soggetti privati, come le imprese, possono dare una spinta rilevante ai consumi e quindi un effetto positivo anche per l’Erario.
Allo stesso tempo, se adottati in una logica più territoriale, i buoni veicolati attraverso il welfare aziendale possono divenire uno strumento per incentivare lo sviluppo dell’economia locale. Nel caso dei Buoni TreCuori, questi cercano infatti di includere tutte quelle realtà di vicinato, con l’idea che – avendone la possibilità – saranno poi i lavoratori a preferirle alle grandi catene e alle piattaforme online.
Come detto in precedenza, e come spiegato anche nel capitolo “Il welfare aziendale e contrattuale, tra sostenibilità e filiera corta“ del Quinto Rapporto sul secondo welfare, ponendo attenzione al territorio i buoni possono coinvolgere la filiera dei servizi e delle attività locali, generando un circolo virtuoso.
Nel caso di TreCuori questo è accaduto in vari contesti. Ad esempio nel Distretto della Bassa Romagna in provincia di Ravenna, nelle province di Lecco e Sondrio attraverso il progetto Valoriamo, in Sardegna con i progetti di Oristano Welfare e di Fradi, nell’Alta Valle del Reno sull’appennino tra Emilia e Toscana, nella provincia di Vicenza e in generale in Veneto con un progetto promosso da Confcommercio e Confesercenti.
Gli investimenti nel welfare aziendale possono così divenire un’opportunità per incentivare pratiche di consumo più sostenibili e che, al tempo stesso, adottano una logica “a filiera corta”, cioè in grado di mettere a sistema risorse locali, per promuovere nuove opportunità di sviluppo.