Le indicazioni dell’Arbeiten 4.0 in Germania, le modifiche al telelavoro culminate nella Loi Travail in Francia, il Flexible Working nei Paesi Bassi o ancora il New World of Working in Belgio. Non si può dire che negli ultimi anni la flessibilità spazio-temporale del lavoro non sia stato un tema centrale nell’agenda dei Paesi europei e gli eventi che hanno segnato lo sviluppo dello smart working ne sono la prova.
Le vie tracciate non sono state però tutte uguali. Ed è proprio la diversità di approcci e contesti a meritare una riflessione aggiuntiva. Il primo Paese a muoversi per una migliore conciliazione vita-lavoro è stato il Regno Unito nel 2014 con la Flexible Working Regulation, che ha sancito per la prima volta il diritto a una maggiore flessibilità (seppur limitato ai dipendenti con anzianità di servizio di almeno a 26 settimane). Sono state previste nuove forme di organizzazione come il job sharing (più soggetti condividono un unico posto di lavoro), il lavoro da casa, la settimana di lavoro compressa e altre opzioni.
Ogni realtà ha insomma battuto una propria strada. Lo ha fatto anche l’Italia con la legge 81/2017, inquadrando un nuovo modello di organizzazione che pone l’enfasi sul superamento di rigidi vincoli a favore di una relazione basata sul lavoro per risultati.
In Europa ogni Paese ha una ricetta per conciliare tempi di vita e lavoro
La Repubblica, 6 febbraio 2018