Nel 2012 le imprese femminili crescevano, nonostante la crisi. Quando le titolari sono donne – spiegava Maurizio Ferrera, commentando i risultati di una ricerca di Confartigianato – c’è più flessibilità, multitasking, capacità di delegare e di fare gioco di squadra. Certo il nostro Paese, ricordava Ferrera, ha ancora molto bisogno di efficaci politiche di conciliazione tra oneri di cura della famiglia e lavoro per tutte quelle donne – madri, mogli e figlie di genitori anziani – che sempre più spesso entrano nel mercato del lavoro.
Cosa è successo al mondo del lavoro femminile negli ultimi anni? I recenti dati diffusi dall’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere, aggiornati alla fine di giugno 2014, ci dicono che le donne – benchè siano più della metà della popolazione – rappresentano solo il 21,4% delle imprese che operano in Italia (circa 1,3 milioni su poco più di 6) e il 45,23% degli occupati dipendenti (7,6 milioni sul totale di 16,6 occupati alle dipendenze). Incoraggianti sono però il tasso con il quale si sviluppa l’imprenditoria femminile (+0,73% di nuove imprese femminili tra aprile e giugno di quest’anno, a fronte di una media delle imprese di +0,42%) e i settori maggiormente coinvolti da questa rivoluzione al femminile. Come mostra la tabella 1, le imprese con maggiore presenza femminile si concentrano nei servizi alle persone e alle imprese, nel turismo sostenibile, nel recupero delle tradizioni agroalimentari, e nella tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale. Ancora una volta, i numeri confermano l’importanza della presenza femminile nel settore dei servizi, e in particolare alla persona e alla comunità che costituiscono il cuore pulsante del motech o motherly technology, innovazione tecnologica e sociale per aiutare le famiglie a gestire i carichi di cura. Una “vocazione sociale” dell’imprenditoria che si riscontra anche nella scelta della forma organizzativa: il 20,6% delle imprese cooperative operanti nel nostro Paese è guidato da donne.
Tabella 1. Distribuzione settoriale delle imprese registrate al 30 giugno 2014 per incidenza del tasso di femminilizzazione – Valori assoluti e percentuali
Fonte: Dati Osservatorio dell’Imprenditoria Femminile, Unioncamere-InfoCamere
Seppur con importanti differenze a seconda del settore produttivo e del profilo professionale, è aumentata la quota di assunzioni per le quali l’azienda non ha preferenze rispetto al genere del candidato (dal 48,5% del 2010 al 52,8% del 2013), e a partire dal 2000 sono nate il 65,7% delle imprese femminili oggi esistenti (solo il 12,4% prima del 1990). C’è però il rovescio della medaglia: quante sono le donne che diventano imprenditrici perché non riescono a trovare un impiego? Nel 65,5% dei casi si tratta di impresa individuale, a fronte della media nazionale del 54%, e il 94,2% delle imprese femminili non supera i 5 dipendenti. La scelta della strada dell’autoimprenditorialità come risposta alla mancanza di opportunità di lavoro dipendente sembra confermata anche dalla concentrazione territoriale delle micro-imprese femminili nel Mezzogiorno. Al 30 giugno 2014, le imprese femminili erano in Basilicata più del 26% del totale delle imprese registrate, in Molise il 28%, e in Sicilia quasi il 24%, a fronte del 17% del Trentino Alto Adige e del 18% della Lombardia, una percentuale che scende fino al 16.3% nella provincia di Milano.
Riferimenti
La dolce sorpresa delle imprese al femminile