Come vi abbiamo raccontato lo scorso ottobre, all’interno del disegno di Legge di Bilancio per il 2024 è previsto l’aumento della soglia esentasse dei fringe benefit di welfare aziendale, cioè quell’insieme di misure di sostegno al reddito di lavoratori e lavoratici che godono di specifici benefici fiscali per le imprese che li erogano1.
Come si può leggere nel testo del DDL arrivato in Senato, l’Articolo 6 – “Misure fiscali per il welfare aziendale” – prevede “limitatamente al periodo d’imposta 2024″ l’aumento della soglia dei fringe benefit da 258,23 a 2.000 euro per chi ha figli a carico e a 1.000 euro per chi non li ha.
Anche per il prossimo anno, dunque, il Legislatore ha scelto di realizzare un intervento temporaneo. Questo, per forza di cose, scoraggerà la programmazione da parte delle aziende e l’avvio di progettualità stabili e impostate sul lungo periodo. Come già sottolineato in passato, proprio per queste ragione sarebbe importante rendere stabile la normativa fiscale e non attuare modifiche temporanee di anno in anno. Ma le questioni su cui dibattere non finiscono qui.
Mutui e affitti entrano nei fringe benefit?
Secondo il Corriere della Sera è in discussione un emendamento all’Articolo 6 che che introdurrebbe una novità tutt’altro che secondaria. In base alle indiscrezioni, infatti, si starebbe valutando la la possibilità di far rientrare nei fringe benefit anche i costi sostenuti per il pagamento dell’affitto o del mutuo relativo alla prima casa. In questo modo si andrebbero ad affrontare, seppur parzialmente, alcuni problemi legati all’aumento dei tassi di interesse e alla crescita dell’inflazione.
Così facendo si applicherebbe tuttavia la stessa logica attuata lo scorso anno, poi replicata nel 2023, quando è stata introdotta la possibilità di utilizzo dei fringe per coprire la spesa delle utenze domestiche (elettricità, gas e acqua) per affrontare la crescita dei costi dell’energia.
Queste possibili modifiche, come già accaduto in passato, andrebbero a ricadere su imprese e datori di lavoro, che dovrebbero occuparsi della loro implementazione che non si preannuncia facile. Saranno infatti necessarie indicazioni operative specifiche che dovranno essere individuate dai Ministeri competenti e dall’Agenzia delle Entrate, con tempi presumibilmente non brevi, che costringeranno le organizzazioni a concentrarsi su questi elementi di novità e limiteranno ulteriormente la capacità di programmazione sopra accennata.
Il welfare aziendale non può essere emergenziale
Inoltre, e qui sta il problema più ampio e di senso, ancora una volta il welfare aziendale viene usato come uno strumento per rispondere a situazioni emergenziali. Come detto, questo è successo nel momento in cui, a seguito dell’aumento dei costi dell’energia, è stata introdotta la possibilità di utilizzare i fringe benefit per le utenze domestiche di acqua, luce e gas. Ora sta accadendo la stessa cosa con l’aumento dei tassi di interesse dei mutui e dei costi degli affitti. Di fronte a un’emergenza, dunque, il Legislatore ricorre al welfare aziendale per provare ad attenuarne le conseguenze.
Secondo chi scrive, invece, il welfare aziendale (e quindi anche i fringe benefit) dovrebbe essere interpretato dal regolatore come uno strumento strategico e di “lungo respiro”. Come del resto è insito nella normativa che lo regola. Si tratta infatti di uno strumento per progettare e proporre risposte a bisogni sociali complessi, che riguardano la persona e le famiglie. Proprio per questa ragione si dovrebbero superare queste decisioni temporanee e prive di lungimiranza.
Nuovi prodotti e nuove proposte per il mercato del welfare aziendale
Come vi abbiamo raccontato più volte nel corso degli ultimi mesi – ad esempio qui e qui – sono vari gli accorgimenti per andare andare in questa direzione e valorizzare realmente la componente sociale del welfare d’impresa. Tra questi c’è il facilitare l’utilizzo di servizi di natura sociale, sanitaria e assistenziale, anche incentivando l’utilizzo dei fringe per queste prestazioni. Ma anche l’introduzione di nuove voci alla normativa, come la flessibilità, la formazione continua, l’orientamento e l’ascolto dei lavoratori/trici per migliorare l’impatto delle misure. Infine, ci sarebbe bisogno di una valorizzare della dimensione territoriale, prevedendo sgravi e incentivi per le organizzazioni che fanno rete (tra loro e con il territorio) in modo da incentivare (anche) lo sviluppo territoriale grazie al welfare aziendale.
Per approfondire questi temi, qui solo brevemente accennati, vi rimandiamo a questo articolo.